Il tecnico livornese ha ridato normalità al Milan, proprio mentre i bianconeri si interrogano sulla direzione che sta prendendo Tudor
di Stefano FioreDomenica sera lo Stadium riabbraccerà un vecchio compagno di mille battaglie, Massimiliano Allegri. Con tutto il rispetto per Adrien Rabiot, e pure Koni De Winter (che di fatto non ha mai giocato in prima squadra), il ritorno del tecnico livornese nello stadio che è stato suo per otto stagioni - con la pausa del 2019/20 e 2020/21 - e dove ha alzato ben 12 trofei, è sicuramente il più emozionante confrontando i tre ex, sponda rossonera visto che dall'altra parte c'è Locatelli (tre stagioni e 48 presenze al Milan), del big match della sesta giornata della Serie A 2025/26.
Un ritorno che arriva in un momento in cui Max festeggia il primato in classifica, in coabitazione col Napoli, e cinque vittorie di fila considerando anche la Coppa Italia. Un Milan solido, ritrovato, a tratti anche bello vedere e che, questo è il commento che va per la maggiore sentendo i tifosi rossoneri, ha ritrovato una sua normalità dopo l'annata confusionaria firmata Fonseca-Conceiçao e conclusa lontano dalle posizioni che portano la qualificazione europea.
Un momento in cui dall'altra parte della barricata Tudor sta avendo i suoi grattacapi a trovare l'equilibrio giusto per la Juve, che da un lato ha un problema attaccanti visto che David non ha ancora ingranato e Vlahovic si è spento dopo un inizio scintillanti e dall'altro prende troppi gol, pur sopperendo spesso alle mancanze delle punte (vedi la rovesciata di Gatti in Champions o la rete di Kelly contro l'Inter). È vero, alla fine tra le due squadre balla un solo punto, ma la condizione psico-fisica e tattica in queste ore racconta due realtà ben diverse.
E allora la domanda sorge spontanea: chissà se la società si è pentita per la separazione di maggio 2024? Anche perché quella era una Juve diversa, firmata Giuntoli, che voleva intraprendere un percorso che è stato successivamente smentito, se non in toto quasi interamente, scegliendo Tudor al posto di Thiago Motta, due concezioni di calcio diverso e un senso di juventinità diverso. La risposta, magari, la avremo dopo il triplice fischio finale...