Allegri-Adani parte seconda: "Il calcio non è fatto di soli numeri"

Il tecnico bianconero: "Fosse così facile tutti potrebbero allenare. E io dico che bisogna imparare dai vecchi maestri"

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Non serve l'applausometro per misurare la soglia di interesse del post partita di Max Allegri. Il risultato? Macché. La prestazione? Pochino. La lite con Adani? Impennata che nemmeno il miglior Valentino Rossi. E infatti due risposte brevi e scontate sui primi due argomenti e un chiacchieratone come non mai alla voce Lele Adani. Con lezione di autocontrollo incorporata. "Quello che è successo sabato scorso mi è dispiaciuto", esordisce Allegri e potrebbe finire lì. Invece, manco a dirlo, lì non finisce per niente. La risposta di Max è il bigino della sua storia da allenatore: "Ogni tanto parlo - dice - perché non è tutto da buttare quello che ci hanno insegnato i vecchi maestri. Il nostro è un mestiere difficile, bisogna avere sensibilità, percezione, capire i momenti della stagione. Altrimenti lo potrebbero fare tutti. Non può essere solo il risultato di quello che viene scritto o che si vede. E nemmeno può diventare una cosa troppo scientifica perché non è così".

E ancora: "Poi rispetto tutti e le critiche di tutti - continua -. Tanti sono fissati e si attaccano ai dati, ma poi allora dovrebbero spiegarmi com'è possibile che l'anno scorso a Madrid abbiamo vinto 3-1 con il 38% di possesso palla e con l'Ajax, invece, abbiamo perso con il 54%. Le partite non si vincono con i numeri, ma attraverso una costruzione dell'annata. Comunque per me il discorso è chiuso perché ritengo sempre che il rispetto sia fondamentale".

Finita adesso? Ma va... perché la palla passa ad Adani, che la sua la vuole dire e la dice: "Ti ripeto la stessa domanda di settimana scorsa: cosa può fare un allenatore come te per rendere più propositiva la Juve?".

Il che, vista l'occasione, è il modo migliore per ampliare il dibattito, che poi è il dibattito che infiamma i due. Allegri vuole vincere, e chissenefrega del modo, tanto che la chiude spiegando "che poi alla fine sono pochi gli allenatori che vincono e pochi i giocatori che vincono. E tra loro e gli altri si tratta di categorie ben diverse". Mentre per Adani il gioco conta. Perché sono pochi quelli che vincono, d'accordo, ma anche vincere dandosi un colpo di spazzola ai capelli non è mica male come forma. Risultatisti contro giochisti, che è la versione rinnovata e ufficiale dell'uovo e della gallina. Ma tant'è.

Allegri incassa, perché la serata è nata così, sotto il segno di una specie di pace, ma poi ribatte: "Noi quest'anno abbiamo fatto tre partite emblematiche - dice -: Valencia, Manchester United e Atletico Madrid. Per me la migliore è stata quella con lo United, che nessuno ricorda perché abbiamo perso. Eppure non abbiamo mai avuto tante occasioni come in quella partita. È inutile andare a scimmiottare quello che fa il Barcellona, abbiamo un Dna diverso come è diverso il Dna tra il Milan che ho allenato e la Juve". Il concetto è chiaro, ma la questione resta in sospeso per via dei tempi televisivi già mandati abbondantemente a quel paese e per l'avvento di Mazzarri che avrà pure il diritto di parlare del suo Toro...

Quindi meglio lasciarsi con un sorriso e un appuntamento che forse non ci sarà. Per inciso, ci sarebbe pure stata una partita. Dicevamo dell'applausometro? Ecco le prime due risposte. La partita? "Credo che sarebbe stata una sconfitta immeritata perché la squadra ha fatto una buona partita, abbiamo mancato un po' in precisione negli ultimi 20 metri ma nel secondo tempo il Torino non ha praticamente mai tirato. Gli abbiamo regalato il gol, adesso andiamo a Roma contro un'altra squadra in corsa per la Champions e speriamo di recuperare qualcuno".

Poi Superga, lo striscione dei tifosi della Juve che hanno onorato le vittime e le celebrazioni del Grande Torino: "Ha rappresentato gran parte della storia del calcio. Tra l'altro nel '42-'43 batterono il Livorno e vinsero per un punto. Domani bisogna commemorare questa tragedia e onorare questa squadra che è rimasta nel cuore di tutti". Ecco, meglio così. Perché qui non c'è spazio per divisioni e in questo Allegri ha sicuramente ragione: bisogna imparare dalla nostra storia. E rispettarla. Sempre.

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