I nerazzurri devono cercare di migliorare alcuni aspetti che sono costati cari nella scorsa stagione
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Cambiare senza stravolgere. Questa è stata la parola d'ordine in casa Inter per il post Inzaghi. Innanzitutto la tattica e poi altri aspetti per migliorare una stagione che ha comunque visto i nerazzurri arrivare in fondo a tutte le competizioni. Per questo è stato scelto un allenatore che non ha delle basi integraliste ma sa adattarsi al materiale a disposizione. Logico quindi, per Chivu, proseguire sul solco del predecessore pur mettendoci qualcosa di suo.
E quel qualcosa è molto più impattante sul piano fisico e mentale che su quello dell'organizzazione di gioco. Il tecnico rumeno con Stefano Rapetti, il nuovo preparatore che aveva lavorato all’Inter di Mourinho, hanno aumentato il livello di intensità degli allenamenti, puntando su sedute più lunghe e su sessioni costanti in palestra prima di lavorare sul campo, per incentivare la prevenzione e ridurre gli infortuni. C'è insomma la volontà di evitare i cali che hanno caratterizzato la scorsa stagione.
A livello mentale c'era da ricostruire una squadra distrutta dal fatto di essere arrivata vicinissima al triplete per poi restare con un pugno di mosche in mano, chiudendo l'anno calcistico con la "manita" subita dal Psg in finale di Champions. Chivu ha messo subito in chiaro che non esistono gerarchie prestabilite e sarà il campo a decidere la formazione. Si è dedicato a incontri individuali per cercare di capire le esigenze di tutti e tentando così di stimolare la voglia di reazione del gruppo.
Dal punto di vista dell'organizzazione di gioco il cambio c'è stato, anche se le caratteristiche dei giocatori e una conoscenza pluriennale di certe logiche invitavano a non rivoluzionare troppo le basi del gioco. Il sistema resta quello, il 3-5-2, con variazioni sul tema, come la possibilità di utilizzare due trequartisti dietro alla punta o tentare l'all-in con il 4-2-4, come nel finale della gara persa con l'Udinese, approfittando della maggiore qualità di un attacco che può contare su alternative di lusso come Bonny e Pio Esposito. Meno rotazioni, meno inserimenti, gioco più lineare, con un pressing più convinto e verticalizzazioni costanti. Forse si perde qualcosa sotto l'aspetto estetico ma si guadagna la possibilità di puntare con maggiore velocità la porta avversaria. Finora i risultati sono stati altalenanti ma ogni rivoluzione, anche soft, ha bisogno dei suoi tempi.