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Inter, Eriksen non ingrana: terza panchina nelle ultime quattro gare

Conte chiede più cattiveria e continuità al danese: la sua collocazione tattica è ancora un cantiere aperto

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L'Inter che ritrova la vittoria, aggancia il secondo posto e rasserena l'umore a Conte riesce a mettere in secondo piano la situazione relativa a Christian Eriksen, ancora non integratosi come i dirigenti nerazzurri speravano. Il richiamo alla società è doveroso perché le tre panchine nelle ultime quattro gare e le parole di Conte sul danese, più amare che dolci sin da gennaio, sembrano confermare la teoria di un'occasione colta al volo più che una richiesta precisa di mercato dell'allenatore.

Eriksen ha debuttato ufficialmente in maglia nerazzurra il 29 gennaio, 24' da subentrato nella vittoria in Coppa Italia contro la Fiorentina. Cinque mesi e mezzo dopo - lockdown compreso, ovviamente - il minutaggio totale è arrivato a 750 minuti in 16 presenze tra campionato e coppe: una media di poco superiore ai 46 minuti a partita. Come se Eriksen durasse un tempo, da titolare o da riserva.

Gli alti e bassi si leggono nei tre gol e tre assist messi a segno in relativamente poco tempo ma anche nelle panchine contro Lazio, Milan, Juventus e andata di Coppa Italia contro il Napoli. Come se Conte non si fidasse a lanciarlo nei match che contano, il discorso sull'arma da usare a gara in corso non può valere per il miglior assist-man dal 2013 al 2020 della Premier League.

E proprio il campionato inglese riecheggia nelle parole di Conte dopo il Toro: "In Premier la situazione è molto più tranquilla, più enjoy. L'Inter chiede molto perché le aspettative sono alte, specie se arrivi a suon di tromba. Lui lo sta capendo e sta lavorando, deve mantenere certi livelli perché abbiamo bisogno di equilibri e io devo fare scelte".

Le stesse scelte che hanno tenuto in panchina il danese contro Verona e Inter, quando è entrato nei finali mettendo insieme solo otto minuti. Non è in discussione il giocatore, ma l'inserimento nelle filosofie Contiane. Anche Pirlo sembrava non dover essere centrale nel progetto della sua prima Juve, ora il tecnico nerazzurro dovrà fare la stessa cosa con Eriksen che dal canto suo dovrà ancora più calarsi nella realtà italiana al grido di "Aiutati che Dio ti aiuta".

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