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Inter: Conte ed Eriksen due mondi a parte, il fallimento di tutti e di nessuno

Il danese non ha sfruttato le chance avute, il tecnico non ha cambiato la squadra per lui: il divorzio sembra l'unica soluzione

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Riavvolgendo il nastro di neanche un anno, basta tornare a gennaio, non passava giorno senza che i tifosi dell'Inter chiedessero novità sulla trattativa per Christian Eriksen. Un affare complesso, gestito passo dopo passo dalla coppia Marotta-Ausilio con un osso duro come Daniel Levy, presidente del Tottenham, che non voleva lasciar partire il suo gioiello ma che a fine mese aveva poi ceduto per circa 27 milioni di euro. Dieci mesi dopo, è cambiato tutto: il feeling tra Inter ed Eriksen (o forse è meglio dire tra Conte ed Eriksen) non è mai nato, vedi le dichiarazioni di ieri del giocatore, e si parla di cessione già nella sessione invernale di mercato.

In situazioni del genere, da una parte un giocatore tra i più stimati del calcio mondiale, con statistiche (soprattutto come assist) in Premier League e nel Tottenham da primo della classe ed accostato a diversi top club prima dell'Inter, dall'altra una squadra che aveva trovato il suo equilibrio, con un allenatore blindato dal club, con idee tattiche precise e desideri diversi per i rinforzi (Vidal), è difficile trovare una sola colpa. È un fallimento di tutti, come di nessuno.

Eriksen è entrato in punta di piedi nel mondo nerazzurro, sin da subito centellinato da Conte che nella scorsa stagione, dal 28 gennaio (giorno dell'ufficialità dell'acquisto), gli ha fatto giocare solo quattro partite per intero: le due contro il Ludogorets e quelle di Serie A contro Spal e Fiorentina. Tanti spezzoni di partita, molti ingressi dalla panchina, quattro gol e tre assist. Nessun infortunio particolare, la pandemia non ha aiutato certo il danese a inserirsi nell'impianto sul quale il tecnico lavorava dall'estate, e il ruolo di trequartista (una volta passati al 3-4-1-2) aggressivo più che di qualità dell'Inter di quest'anno comunque non gli si addice.

D'altro canto, non si può dire che Eriksen abbia sfruttato le chance - anche quelle a prima vista meno stimolanti, entrando negli ultimi minuti o contro avversari non di spessore - che gli sono state concesse. Un impatto con la Serie A più problematico del previsto, un calcio molto diverso da quello inglese ma soprattutto un calcio diverso da quello di Pochettino, che quasi gli aveva cucito la squadra addosso. Ci sono situazioni in cui Conte chiede di inseguire l'avversario anche se sembra non servire, alzare il pressing, fare una scivolata in più e un tocco in meno: cose che l'allenatore nerazzurro non ha quasi mai visto, per questo gli ha preferito a turno Brozovic, Barella e Vidal.

Come finirà questa storia? Ad oggi l'epilogo sembra portare solo alla separazione, con una variabile: Suning pensa solo alla cessione a titolo definitivo, non in prestito. Se non arrivassero offerte adeguate ed Eriksen dovesse restare fino a giugno, avrà nuove chance per convincere Conte così come l'allenatore dovrà tenerne conto nelle rotazioni in una stagione complessa come questa. A fine anno nuovo bilancio, con scenari tutti da studiare, soprattutto se Inter e Conte dovessero fare un nuovo punto sul progetto: in caso di cambio allenatore, il danese potrebbe essere rilanciato, in caso contrario la cessione sarebbe inevitabile.

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