I bocciati della Nazionale: Balotelli è l'ultimo a dividere l'Italia

Da Rivera a Pruzzo passando per Beccalossi e Baggio: Di Biagio non è l'unico a provocare proteste più o meno veementi

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Cambia il ct, ma non il momento della Nazionale italiana. Dopo Ventura tocca a Di Biagio far discutere con le proprie scelte, ancorché per semplici amichevoli internazionali. "Questa squadra fa schifo, è piena di gente scarsa" ha tuonato il vulcanico Mino Raiola commentando l'ennesima esclusione di Balotelli nonostante i numeri record col Nizza di SuperMario. Se il passare il Mondiale da spettatori è una novità negli ultimi sessant'anni, punto più basso della federazione dentro e fuori dal campo, quella delle esclusioni eccellenti è una pratica che divide il paese ormai da molti decenni. Da Rivera a Pruzzo, passando per Vialli e Baggio, ogni ct ha avuto la sua "croce" e Di Biagio, che sia ad interim o meno, non poteva esserne esente.

Un vantaggio ce l'ha il ct in vista di Argentina e Inghilterra, le due amichevoli in terra d'Oltremanica. Se in passato spesso le estromissioni eccellenti sono coincise con altrettante disfatte, eccezion fatta per il 1982, più in basso di così per gli Azzurri costretti davanti alla tv durante Russia 2018, c'è solo da scavare. Con o senza Balotelli.

DA RIVERA A DEL PIERO: IL CT DIVIDE L'ITALIA
Gianni Rivera è un'icona del calcio italiano nel mondo. Protagonista nella partita più bella di sempre, il 4-3 alla Germania all'Azteca, è ricordato sempre e comunque anche per l'eterna staffetta con Sandro Mazzola. Negli anni '70, prima e dopo il Mondiale in Messico, e anche per quello successivo in Germania, l'opinione pubblica italiana era completamente divisa in due fazioni: chi schierati per il milanista, chi per l'interista. Se ne parlava in continuazione anche sui giornali con la sensazione postuma di non aver saputo godere - e far godere - appieno dei due giocatori a tifosi e non solo.

Un altro giocatore in grado di dividere l'Italia fu Mario Corso, per tutti il "Sinistro di Dio" negli anni '60. Non per Giovanni Ferrari, il ct dell'epoca, mai amante del suo carattere irriverente. Uno scontro talmente aspro e alla luce del sole che l'interista dopo un gol alla Cecoslovacchia si rivolse al ct facendo il "gesto dell'ombrello" chiudendo ogni discorso su una sua eventuale chiamata.

Scelte difficili anche per Gianluca Vialli nel 1990 durante il Mondiale giocato in casa. Punta di diamante di Vicini, le prestazioni non convinsero mai a pieno con la retrocessione in panchina invocata dopo le prime partite e rinfacciata al ritorno tra i titolari, con eliminazione ai rigori, contro l'Argentina.

Discorso simile si può fare riparlando delle carriere in Azzurro di due fuoriclasse assoluti come Del Piero e Totti. Prima della loro trionfale rivincita nella notte mondiale di Berlino nel 2006, i due numeri 10 di Juventus e Roma in momenti diversi hanno vissuto sulla propria pelle il malcontento dell'opinione pubblica. Del Piero dopo l'infortunio a fine anno Novanta impiegò un po' di tempo per tornare a livelli da fuoriclasse e gli errori nella finale dell'Europeo contro la Francia nel 2000, accesero la rabbia dei tifosi che per un periodo se la presero contro i ct ancora disposti a dargli fiducia. Per Totti, invece, dopo l'esclusione voluta da Cesare Maldini per il Mondiale del 1998, furono proprio i mesi antecedenti il trionfo in terra tedesca i più complicati, rovinati da un brutto infortunio recuperato in extremis e passati a difendersi, con l'aiuto del ct Lippi, da tifosi più o meno disposti a rischiarlo in una competizione così importante.

DA MANCINI A ZOLA: CAMPIONI SENZA NAZIONALE
Tra i tanti grattacapi a cui i vari ct, tra cui Di Biagio e con ogni probabilità chi verrà dopo di lui, ci sono stati anche tantissimi giocatori illustri in un periodo come gli anni Novanta dove il calcio italiano era zeppo di campioni. Chi per un motivo chi per l'altro, l'amore e il feeling con la maglia azzurra non è mai sbocciato.

Il caso più immediato riguarda Roberto Mancini, uno dei candidati a diventare il ct della prossima gestione. Dopo aver esordito nella Nazionale maggiore ancora minorenne ed essere stato protagonista di due cicli dell'Under 21, prende parte a Euro 1988 mentre nel Mondiale 1990 fa parte del gruppo senza scendere in campo. Un rapporto d'amore mai sbocciato che a conti fatti recita 36 partite e soli 4 gol in maglia azzurra, uscendo dal giro dei convocati già dal 1994 (preferito Zola) senza più rientrarci nonostante i successi in maglia Lazio.

Lo stesso Zola pur essendo stato protagonista in Italia ed essere diventato un simbolo del Chelsea, non ha mai avuto la sua ribalta principale con la Nazionale. Tutti abbiamo nei ricordi l'immagine delle sue lacrime dopo l'espulsione con la Nigeria, fermando a 12 minuti il suo USA 1994, disputato proprio al posto di Mancini. Trentacinque presenze, poco più di un altro giocatore importante negli anni '90 ma senza l'Azzurro come Giuseppe Signori, anch'egli aggregato da Sacchi per la spedizione Oltreoceano ma senza lasciare il segno prima e dopo.

PREMIO DELLA CRITICA: DA BECCALOSSI A BALOTELLI
Un'altra tipologia di giocatore in grado di dividere l'opinione pubblica e mettere in grande imbarazzo i vari ct c'è quello spinto dalla critica. Tutti si ricordano Beccalossi, un talento osannato da tifosi e media, ma mai realmente considerato dall'allora ct Bearzot con il grande rimpianto della carriera col Mondiale vinto nel 1982. La sua indolenza e la sua tendenza a qualche boccone di troppo non fecero scoppiare l'amore con il tecnico nonostante la spinta dei giornalisti dell'epoca e dei tifosi.

Un discorso simile per Pruzzo, restando a quella spedizione vincente. Capocannoniere dei campionati precedenti al Mondiale, Bearzot si decise a convocarlo per un'amichevole persa contro la Francia in cui non brillò. Quella fu l'ultima di sole 6 presenze con la Nazionale con il ct che gli preferì Selvaggi (rimase una comparsa) anche dopo l'infortunio di Bettega. Proprio in Spagna fu l'unica volta che un'esclusione eccellente non portò a disastri sportivi.

Situazioni e personaggi diversi, ma dinamiche pressoché identiche a quelle che in questi anni hanno toccato più di una volta Cassano e Balotelli, oggi alla sua nuova ribalta dopo qualche anno nella penombra. Nel 2010 per il Mondiale in Sudafrica Lippi, detentore del titolo, non ebbe il coraggio di affidarsi ai due per riaprire il ciclo dopo il fallimento a Euro 2008. Entrambi a casa, ma gli Azzurri non superarono il girone. Da allora, e ancora oggi per quanto riguarda Balotelli, la convocazione o meno in Nazionale è uno dei temi ricorrenti per il ct di turno.

Nel 2002, invece, fu Trapattoni a non cedere alla volontà popolare di convocare Roberto Baggio per il Mondiale in Corea e Giappone dopo un campionato record con il Brescia. Il Trap fu irremovibile sulle sue convinzioni e l'Italia uscì proprio contro la Corea del Sud per il golden gol di Ahn.

LE SITUAZIONI PARTICOLARI
Nel 2010 in Sudafrica e nel 2014 in Brasile ci furono due nomi a sorpresa che più di altri occuparono spazio e discorsi prima del Mondiale in merito a una chiamata azzurra. La volontà popolare da una parte, le convinzioni tecniche e non solo di Lippi e Prandelli dall'altra. Il Sudafrica poteva essere il punto di arrivo di Amauri. Esploso nel Palermo a suon di gol e scelto dalla Juventus per il suo attacco, con Balotelli e Cassano fuori dai radar tecnici, la questione sulla naturalizzazione dell'italo-brasiliano tenne banco per diverse settimane. Non riuscì' in tempo per il Mondiale, ma esordì a Londra nell'agosto dello stesso anno nello 0-1 contro la Costa d'Avorio in quella che rimane la sua unica apparizione con la nazionale italiana.

Quattro anni più tardi, invece, toccò a Pepito Rossi l'amara delusione dell'esclusione dalla lista dei convocati dopo aver recuperato in tempi record dall'ennesimo infortunio.

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