Coni, Malagò attacca il governo

Duro attacco del presidente: "Mi hanno detto 'è la politica'"

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"Questa non è la riforma dello sport italiano, non c'entra nulla. Questo è un discorso in modo elegante di occupazione del comitato olimpico italiano". Lo ha detto il presidente del Coni, Malagò, parlando ai membri del consiglio nazionale in riferimento alla riforma contenuta nella bozza della manovra. "Ho cercato di capire come si è arrivati a questa decisione. La risposta mi è stata data con grande franchezza e sincerità: è la politica". 

"Il Coni si ridurrebbe ad una bellissima agenzia di viaggi che ogni due anni organizza le Olimpiadi - ha spiegato - Conosco perfettamente la materia e sento delle cose che mi fanno sorridere perché si capisce benissimo la non conoscenza della materia. C'è una precisa, fortissima volontà della politica di oggi di trasformare il Comitato, il più prestigioso al mondo. Con la riforma "diventa l'ultimo comitato olimpico del mondo, questo è sicuro, certificato, matematico. Conosco perfettamente la materia: nessun comitato al mondo si occupa solo della preparazione olimpica".

E' un fiume in piena il numero 1 del Coni. "Io devo rinunciare a questo scudetto, ai cinque cerchi ed alla scritta Coni, il secondo marchio più prestigioso forse dopo la Ferrari, per un marchio che si chiama 'Sport e Salute', che se vai su internet ne trovi a centinaia. Ma vi rendete conto?" il suo sfogo che ha riscosso una standing ovation dal Consiglio nazionale. Ma bisogna rimanere ragionevoli, realisti non si devono fare battaglie inutili. Non c'è nessuna guerra. Ma non possiamo, in modo corretto, educato ed elegante, non raccontare la storia".

"Se questa riforma fosse iniziata a fine 2019 mi sarei dimesso contestualmente. E se dico che mi dimetto mi dimetto, ma io non abbandono la mia barca a cinque mesi dalle Olimpiadi. Non lo faccio, ma c'è una profonda illogicità in questo documento". "Abbiamo fatto notare - ha poi precisato Malagò - che questa riforma non è applicabile nel 2019 e ci è stato risposto che è per il 2020: peggio mi sento, nell'anno delle Olimpiadi. Io sono stato eletto per essere presidente di un altro Coni: questo Coni non lo accetto. Il problema è mostruoso, clamoroso". "È un problema - ha concluso nel suo discorso durato quasi un'ora - che nessuno dei qui presenti e degli altri stakeholder meritava. Non so cosa succedera'. Ci aggiorneremo il piu' possibile e oggi oltre a dire viva lo sport e viva l'Italia, dico anche viva il Coni".

Nella bozza della legge di Bilancio, il governo gialloverde ha inserito un provvedimento che per lo sport italiano vale la rivoluzione: la cassa non più nelle mani del Coni ma in quelle della Sport e Salute spa — una nuova società pubblica guidata da un uomo del governo — che andrebbe a rottamare la controllata Coni Servizi. La neonata Sport e Salute spa sarebbe una sorta di ministero dello Sport con, in tasca, il portafoglio del Coni. In ballo ci sono centinaia di milioni. Con la rivoluzione firmata da Giorgetti, e spinta dal M5S, non si tocca il contributo del governo (416,9 milioni) che per legge non può scendere al di sotto di 410 milioni di euro, ma sono le proporzioni a ribaltarsi: sarebbe la Sport e Salute spa, cioè il governo stesso, a distribuire alle federazioni 370 milioni, ovvero il 90% del budget complessivo; mentre al Coni sarebbero garantiti 40 milioni per il suo funzionamento e la preparazione olimpica. Una riforma che depotenzia il Coni e mette in bilico l'indipendenza dello sport dalla politica, requisito base per il Comitato Olimpico Internazionale che le Olimpiadi le assegna. Con la candidatura di Milano-Cortina che perderebbe parecchi punti nella corsa all'assegnazione dei Giochi 2026.

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