Intervista esclusiva al triplista azzurro che ha stupito per la sua impresa frutto di un grande talento ma anche di tanta determinazione
di Ferdinando Savarese© Getty Images
Andrea Dallavalle è stato per molti la grande sorpresa dei campionati del mondo di Tokyo, grazie al suo argento nella finale del salto triplo che è stato oro sino all'ultimissimo balzo del fenomeno portoghese Pedro Pichardo, in una competizione dove la squadra azzurra puntava maggiormente alla vigilia sul campione iridato al coperto Andy Diaz, frenato peraltro da una fastidiosa pubalgia, ma il 25enne atleta piacentino si è presentato in Giappone nella miglior condizione della carriera, dimostrando di essere definitivamente entrato nell'elite dei più forti specialisti internazionali.
Una stagione in cui ha finalmente potuto far emergere tutto il suo talento spesso frenato da infortuni di vario genere che, dopo la sua precedente esperienza in un mondiale all'aperto nel 2022 a Eugene dove aveva chiuso in quarta posizione ai piedi del podio, anno in cui un mese dopo circa aveva conquistato l'argento negli europei a Monaco di Baviera, l'aveva praticamente fermato per tutto il 2023 con inevitabili ripercussioni nell'anno olimpico 2024, quando con grande sacrificio si era in ogni caso presentato a Parigi, e prima anche agli europei di Roma, senza riuscire però a esprimere il suo reale valore.
Il 2025 ha invece rappresentato per lui l'anno della svolta, nonostante qualche ulteriore problema fisico che l'ha colpito dopo la medaglia di bronzo agli europei al coperto di Apeldoorn, con prima un infortunio al piede e poi alla schiena prima di iniziare le gare all'aperto, ma la sua determinazione è stata più forte di tutto permettendogli di recuperare perfettamente in vista dell'appuntamento più importante che l'ha definitivamente consacrato.
Dopo le vacanze vissute sempre in Giappone, alla fine dei campionati, è ritornato nella sua Piacenza per godersi ancora qualche giorno di meritato riposo in vista delle nuove sfide da affrontare quale protagonista assoluto.
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Andrea, una stagione straordinaria in cui finalmente hai potuto dimostrare al mondo tutto il tuo talento. Come mai la scelta di non gareggiare prima dei mondiali, benché tu sapessi di essere in eccellente condizione?
"In effetti sono molto felice di tutto il mio percorso di questo 2025 dove ogni volta che ho gareggiato mi sono sempre sentito molto in bene e in grado di esprimermi al meglio, salvo forse agli europei indoor in marzo, dove nonostante il bronzo, credo di aver fatto qualche errore tecnico di troppo. Non ho gareggiato prima dei mondiali perché quando stava per iniziare la stagione all'aperto, a metà maggio, ho avuto un problema fisico da cui mi sono definitivamente ripreso poche settimane prima di Tokyo e, a quel punto, pur avendo degli eccellenti riscontri in allenamento, le competizioni più importanti erano finite ed abbiamo preferito puntare tutto sui mondiali".
Dopo il tuo fantastico ultimo salto a 17,64 tutti i tifosi italiani hanno trattenuto il fiato per te. Hai perso il titolo alla fine da parte di un mostro sacro del triplo, ma a quel punto è chiaro che non potevi non credere di poter vincere. Hai visto la prova di Pichardo o ti sei girato da un'altra parte?
"Chiaro che dopo la gioia per il mio salto con cui ho ampiamente superato il mio personale, peraltro anche un po' a sorpresa in quanto sapevo di stare bene ma non così tanto, ci ho creduto anche se solo per un attimo perché sapevo che Pichardo voleva vincere assolutamente, specie dopo essere stato sconfitto nella finale della Diamond League da Diaz, ed ero certo che se non avesse fatto nullo, mi avrebbe superato. Quindi mi sono girato, poi mentre stava per staccare ho guardato un attimo e quando ho capito che il salto sarebbe stato valido, mi sono per così dire rassegnato, anche se ovviamente la gioia per l'emozione provata con l'argento non mi è stata minimamente tolta".
Tu sei sempre molto esigente con te stesso al punto che nella scorsa stagione ti sei colpevolizzato per non essere stato all'altezza sia agli europei di Roma che alle Olimpiadi, senza trovare la minima giustificazione nei problemi fisici avuti. Quest'anno puoi essere soddisfatto?
"In effetti per mia indole sono una persona molto esigente per cui, nella passata stagione nonostante alcune ulteriori problematiche fisiche, dopo un 2023 terribile in cui ho saltato praticamente ogni appuntamento agonistico importante, ritengo avrei potuto fare di più e questo ha fatto si che mi sia tanto colpevolizzato. Credo sia stato un bene però, in quanto ho affrontato questa stagione con ancor maggiore determinazione e posso dire certamente di essere molto soddisfatto di quanto realizzato, anche se fortunatamente ci sono ancora degli aspetti tecnici da sistemare, e questo ritengo sia molto positivo perché significa che non ho ancora raggiunto il mio massimo".
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Piacenza è la tua città, la tua isola perfetta in tutti i sensi. Come ti hanno accolto al ritorno i tuoi concittadini?
"Piacenza è veramente la mia isola felice, la mia comfort zone e anche se qualcuno dice che questo sia un concetto anche negativo e magari si dovrebbe uscirne per avere maggiori stimoli, io ritengo che per me sia solo assolutamente positiva la permanenza nella mia città. In questo periodo, specie dopo il ritorno dai mondiali, mi capita in effetti che qualcuno mi fermi in strada per complimentarsi e commentare la mia gara, ma in particolare devo dire che mi ha fatto un grande piacere la festa che hanno organizzato per me i miei amici di sempre".
L'anno prossimo ci saranno nuove sfide a cominciare dai mondiali indoor di Torun, campionati che si svolgono per il terzo anno consecutivo ma dove, per infortuni, non hai mai potuto essere presente. Sarà il tuo primo obiettivo dell'anno?
"In realtà quest'anno avrei dovuto partecipare ai mondiali indoor di Nanchino dopo gli europei di Apeldoorn, ma abbiamo preferito rinunciare nell'ottica di una miglior preparazione verso i mondiali all'aperto, sempre per qualche piccolo problema fisico. L'anno prossimo Torun sarà certamente uno dei principali obiettivi su cui cercherò di prepararmi al meglio, anche se ritengo sempre di dare maggiore importanza alle competizioni all'aperto, tra cui su tutte gli europei di Birmingham".
La tua dimensione internazionale è definitivamente cambiata e ormai sei certamente uno degli atleti da battere a qualsiasi livello. Hai qualche timore per questa nuova responsabilità?
"Non sento responsabilità per questa mia nuova dimensione, ma solo grandissima soddisfazione e voglia di dimostrare a tutti che quell'ultimo salto di Tokyo non è stato casuale e circoscritto, ma che ce ne possono essere altri anche più lunghi. In questo momento sento solo una grandissima voglia di fare ancora meglio rispetto a prima e penso sia una sensazione molto positiva".
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Con il tuo tecnico Ennio Buttò c'è un sodalizio inossidabile da sempre e gli hai dedicato il tuo grande risultato, che però sarà certamente stato supportato anche da altre persone. C'è qualcun altro che vuoi ringraziare per questo?
"Ennio mi ha preso sotto le sue ali da quando ho iniziato da ragazzino e con lui c'è un'intesa perfetta, insieme abbiamo capito che per fare il definitivo salto di qualità era importante allargare lo staff. Voglio quindi ringraziare tutti coloro che ne fanno parte oltre naturalmente a Ennio, il preparatore Michele Palloni, il nutrizionista Alfonso Presutto, e il mental coach Max Damioli veramente fondamentale in alcuni miei momenti molto complicati".
L'Italia dell'atletica sta vivendo un ottimo momento di continua crescita, sia a livello assoluto che giovanile. Il tuo primo grande risultato a livello internazionale fu proprio negli europei under 20 di Grosseto nel 2017 con una medaglia d'argento. Ci può essere un collegamento tra questi due podi identici?
"Si certamente, quella medaglia d'argento un po' come quella di Tokyo fu per molti inaspettata, perché mi presentai con una misura non tra le migliori degli iscritti, migliorando nella circostanza il mio personale di 41 centimetri. Fu anche quella un'enorme emozione che mi proiettò dall'atletica dei giovani a quella dei grandi, e infatti mi diede il minimo per partecipare ai mondiali assoluti di Londra a cui peraltro poi fu deciso di farmi rinunciare. L'argento di Tokyo, allo stesso modo, è un passaggio all'atletica dei migliori al mondo, peccato solo che in entrambe le occasioni la medaglia sia sempre stata d'argento ma il tempo per salire ancora più in alto c'è tutto".
Il Giappone ti è piaciuto talmente tanto che dopo la fine dei campionati sei andato a fare un giro con alcuni tuoi compagni di nazionale. Anche questa si può definire una dimostrazione di grande coesione del gruppo?
"Sono sempre stato incuriosito dal Giappone, per i paesaggi, la cultura e anche la cucina, per cui mi ha fatto tantissimo piacere essere riuscito a organizzare questa vacanza dopo la fine dei campionati con alcuni miei compagni di nazionale, perché all'interno del gruppo c'è un reale spirito di squadra rarissimo da trovare in altri contesti, e si sono create negli anni delle amicizie vere che, se non fossero state tali, non avrebbero resistito senza litigi ai ritmi forsennati che abbiamo sostenuto durante la nostra vacanza".
Il 31 ottobre compirai 26 anni per cui sei nel pieno della tua maturità agonistica? Un obiettivo e un sogno per il tuo prossimo futuro?
"In effetti ormai entrerò in un'età in cui dovrò sempre ponderare al meglio ogni mia scelta per puntare sempre più in alto con l'obiettivo principale, in questo momento, rappresentato dalle Olimpiadi di Los Angeles 2028 che andranno programmate già da adesso. Il sogno ce l'ho, naturalmente, ma non lo dico e lo tengo per me così magari si avvera".
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