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Bonatti, l'epigono dell'era romantica dell'alpinismo

Quella del Re della Alpi è una lezione ancora e più che mai attuale

13 Set 2016 - 12:44

Il volto era quello di un attore, bello e affascinante. Lo spirito quello di un uomo che fin dall’adolescenza ha desiderato avere un muro di roccia davanti agli occhi. Materiale che Walter Bonatti sfida, mantenendo sempre un profondo senso di rispetto per quei giganti della natura. E’ stato l’epigono dell’era romantica dell’alpinismo, dopo di lui Messner diventerà l’anello di congiunzione tra quell’epoca – raccontate da foto quasi sgranate in bianco e nero – e il confronto al limite dell’umano dove a contare saranno le quote raggiunte in verticale. 8000 appunto. K2 il nome del “mostro”, 1954 l’anno. Lassù, poco più che ragazzo, Bonatti visse la più grande delusione della sua esistenza. Una ferita mai guarita davvero, nonostante il tardivo riconoscimento del CAI.

Bonatti, duro come la roccia che scalava, nel 2004 rifiutò addirittura l’onorificenza della Presidenza della Repubblica poiché non poteva accettare la presenza di Achille Compagnoni alla cerimonia. L’ultimo confronto con la montagna è del 1965. Poi Bonatti reinventa la sua vita. Inviato per la rivista Epoca nei luoghi più remoti del mondo. I suoi reportage sono suggestivi, piccoli capolavori realizzati con la stessa dedizione che “il re delle Alpi” aveva impiegato creando vie impossibili. Altri gioielli che questo bergamasco di nascita, adottato prima da Monza e dalle montagne poi, ci ha lasciato. Cinque anni fa se n’è andato in silenzio, morto in un letto d’ospedale. La nemesi per chi ha passato una vita a sfidare la natura e la sua immensità.

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