Quando Miha disse: "Mai al Milan"

Nel novembre 2010 il tecnico serbo si espose: "Mai con i rossoneri per rispetto verso i miei vecchi tifosi dell'Inter"

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Sinisa Mihajlovic è a un passo dal Milan, ma molto tempo fa aveva scartato l'ipotesi di un futuro sulla panchina rossonera. "Per come sono fatto io, non potrei mai allenare il Milan. Sono stato all'Inter, non potrei per rispetto verso i miei vecchi tifosi", le sue dichiarazioni nel novembre 2010. E nell'ottobre 2014: "Avevo due sogni: allenare la Serbia, il mio paese, e la Sampdoria. Adesso me ne restano altri due, allenare Lazio e Inter".

Nella vita si può sempre cambiare idea. Nei giorni scorsi Mihajlovic aveva tentennato davanti a un sondaggio di Aurelio De Laurentiis (ed è per questo che il vulcanico presidente dei partenopei ha virato poi su Unai Emery del Siviglia) proprio perché in attesa di segnali dal Milan. Ma in passato il serbo aveva chiuso a un'ipotesi sulla panchina milanista: "Per come sono fatto io non potrei mai allenare Milan, Roma, Palermo e Genoa", aveva dichiarato.

Per ripetersi nell'ottobre 2014: "Avevo due sogni e li ho già realizzati, il primo era allenare la Serbia, il mio paese. Il secondo era allenare la Sampdoria, perché qui mi sono riscattato come giocatore e mi piace sempre pagare i miei debiti. Adesso me ne restano due, allenare Lazio e Inter. Lo sanno tutti, ma non dico quando". Mihajlovic ha giocato nei nerazzurri dal 2004 al 2006 ed è stato il vice di Roberto Mancini nell'epoca d'oro morattiana. Ma il (garbato) rifiuto di Carletto Ancelotti ha spianato la strada a Sinisa che adesso attende una chiamata di Adriano Galliani. Il progetto del Milan fa gola al serbo, che sogna di riportare in Champions i rossoneri dopo due anni deludenti senza competizioni europee.

E infatti il 20 marzo 2015, in un'intervista rilasciata a La Gazzetta dello Sport, l'ex alenatore della Samp aveva fatto dietrofront: "Da allenatore devi scegliere i progetti perché non sei solo: alleni e guidi un gruppo di uomini che dipendono da te, ma anche tu dipendi da loro. Hai il dovere di farli rendere al massimo. Insegnando, fissando regole, caricandoli, facendogli sentire l'onore di appartenere al club, ma restando sempre lucido e razionale. Altrimenti non sei un buon tecnico. Se mi chiamasse il Milan? Il mio discorso, naturalmente, vale per qualsiasi club".

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