Il ko con il Fluminense, le parole di Lautaro, il lavoro della dirigenza: da qui al ritiro venti giorni fondamentali
di Pepe FerrarioUna lunga notte, calda e afosa. Nera. In North Carolina si è chiusa definitivamente la stagione 2024/25 dell'Inter: in molti, diranno, finalmente, in coda a 63 partite che hanno logorato, stressato, sconquassato un gruppo che ieri ha mostrato, durante e dopo il match con il Fluminense, pericolose crepe da sanare quanto prima. Oggi il ritorno in Italia, con un volo che si alzerà dagli Usa destinazione Malpensa quando da noi sarà l'ora della cena: una ventina di giorni di riposo, poi la ripresa, con una data che ancora non c'è. Giorno più giorno meno avverrà intorno al 20 luglio, a ritmi scaglionati: prima i nuovi, quelli che non hanno partecipato al Mondiale per Club (per lo meno coloro che tra questi resteranno in nerazzurro), poi il resto del gruppo.
Tanto lavoro da fare, per i dirigenti in primis, poi per Chivu che legittimamente si aspetta rinforzi e chiarezza. Marotta e Ausilio gliene hanno già messi a disposizioni alcuni, ma non bastano: la difesa va rivista (obiettivo Leoni?), il centrocampo è terra di dubbi e ventilati addii, da Calhanoglu a Frattesi, l'attacco è tutto sulle spalle larghe del capitano, con Thuram va ritrovato mentre su Pio Esposito prima o poi servirà dire una parola definitiva. Certo, è arrivato Bonny, eppure il reparto più delicato e decisivo necessita di ulteriori rinforzi se le ambizioni del club restano, non solo a parole, le stesse degli ultimi anni.
Il capitano, si diceva. Lautaro ha parlato a caldo, ha spiazzato probabilmente tutti per il suo intervento a gamba tesa. In primis Marotta, che si è accodato alle sue parole ma che avrebbe di certo preferito non ascoltare. Eppure l'affondo dell'argentino era preventivabile, bastavano i suoi occhi feroci a far percepire che qualcosa stava per succedere. Parole forti, impossibile pensare dirette al solo Calhanoglu. Ecco perché allora questi venti giorni di "riposo" diventano i più delicati in coda a un mese che non ha risparmiato delusioni atroci e colpi di scena da kolossal hollywoodiano. E non è forse un caso che si siano chiusi proprio nel giorno del trionfo di Inzaghi contro il City di Guardiola. Questo è il momento di guardarsi negli occhi, tutti, tirare una riga sul passato, senza scordare gli errori, e ripartire. Altrimenti questa lunga, afosa e nera notte non sarà servita a nulla.