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TRAILRUNNING

Dalla nebbia al solleone: le quattro stagioni in un giorno di Transgranscanaria 2022

Tra raffiche di vento e vampe di calore nello scenario suggestivo e primordiale delle Canarie, sulle tracce dei Brooks Trail Runners.

di Stefano Gatti
14 Mar 2022 - 13:52
 ©  Carlos Diaz Recio

© Carlos Diaz Recio

Se dietro la prossima curva del sentiero sbucasse - da sotto il cappello - lo sguardo di traverso ed inconfondibile di Clint Eastwood… non ci sarebbe nulla di cui stupirsi! D’altra parte gli spaghetti western sono stati girati in Spagna. Certo, le Isole Canarie sono diverse (e lontane) da Almeria e dal Desierto di Tabernas. Diverse ed anche meglio: soprattutto per corrervi una prova come la Transgrancanaria, nel mio caso la versione Maratón da quarantadue chilometri abbondanti. Il visionario incontro con il “Biondo” dei film di Sergio Leone avviene però intorno a metà gara. Volendo fare le cose per bene, è meglio andare per ordine, partire dall’inizio.

These mist covered mountains
Are a home now for me
But my home is the lowlands
And always will be
Someday you'll return to
Your valleys and your farms
And you'll no longer burn to be
Brothers in arms.

Non bisogna mai dimenticarsi - io credo - il contesto generale nel quale si vive, anche quando ci si allontana dalla realtà quotidiana (e globale) per inseguire un sogno e magari realizzarlo. I versi dei Dire Straits mi sembrano quindi la scorciatoia (o per meglio dire il compromesso) migliore per fare da premessa a questo racconto. Che inizia appunto dalle inaspettatamente “mist covered mountains” nelle quali culmina l’isola di Gran Canaria, sede dei sei itinerari (e delle sette gare) dell’evento Transgrancanaria. Raggiungo la partenza della “mia” gara sull’auto di Tobias Gramajo, Tech Rep Manager e Footwear Champion di Brooks, il brand di Seattle che ha scelto l’arcipelago canarino e la ventesima edizione di TGC (prima delle nove tappe dello Spartan Trail World Championship) per lanciare il proprio team sovranazionale di atleti, nato nel 2021 per definire - al massimo livello - la propria attività e le proprie ambizioni nella corsa sui sentieri. E che soprattutto ci ha offerto una irrinunciabile opportunità di esordire in una prova internazionale.

© Marco Gulberti

© Marco Gulberti

Le condizioni meteo sono “appalling”, tremende. Siamo partiti da Maspalomas con sole pieno e temperatura ideale, raggiungiamo l’ombelico dell’isola in un panorama (inesistente!) di nebbia fitta, vento forte, pioggia e basse temperature che i bollettini meteo (e gli avvisi degli organizzatori) avevano annunciato ma che noi - fino all’ultimo - abbiamo sperato non si addensassero (nel vero senso della parola) sul cielo del Campamento de Garanon dal quale prende il via la nostra prova. Rischiando di accumulare ritardo sul suo programma di assistenza agli atleti Brooks Trail Runners, Tobias decide di non abbandonarci ancora al nostro destino e ci permette di cambiarci in macchina, con il riscaldamento al massimo e fino ad una trentina di minuti prima dello start. Sì ma noi chi? Ah, certo: all’invito di Brooks di non limitare il viaggio all’impegno giornalistico ed ampliarlo invece a quello agonistico (e chi se la lascia scappare, un’occasione così) ha aderito anche Nazzareno Salvati, Guida Alpina di Vicenza ma residente a St. Christophe, comune della cintura di Aosta, al quale faccio (anche qui) i miei complimenti per l’ottimo 61esimo posto finale su quasi ottocento concorrenti. Salutiamo quindi il nostro accompagnatore e - dandogli appuntamento all’arrivo e comunque a metà pomeriggio (abbondante, nel mio caso) - ci avviamo ormai ognuno per sé in discesa nella pineta e dentro il fango già abbondante che prelude alla radura che ospita il via della prova. 

© Stefano Gatti

© Stefano Gatti

Fuori dalla vegetazione il vento è ancora più impetuoso, la sensazione di freddo ancora più intensa e penetrante. Con due antivento addosso (ne riporrò una nello zaino solo a pochi minuti dal via), affronto lo scrupolosissimo controllo del materiale obbligatorio, completo in qualche modo il riscaldamento (parola grossa…) e poi prendo posizione piuttosto avanti nella gabbia di partenza. Obiettivo: evitare di rimanere troppo imbottigliato al via. Allo sparo mi lancio in avanti, praticamente trascinato dal gruppone.

© Transgrancanaria

© Transgrancanaria

Scattando dal vertice dell’isola per una gara che si conclude a livello del mare, l’andamento generale della prova è ovviamente in discesa ma i saliscendi non mancano ed alla fine il gps restituirà un dislivello positivo prossimo ai millecinquecento metri. Cerco di dare vita ad una gestione regolare ed il più possibile progressiva, anche perché il terreno è particolarmente insidioso: zuppo d’acqua, i lastroni rocciosi che “affollano” il sentiero scivolosi come il sapone. Non posso e non voglio prendere rischi, quindi tolgo prudenzialmente una marcia e mi lascio sfilare senza opporre resistenza (ci mancherebbe altro).

© Carlos Diaz Recio

© Carlos Diaz Recio

Una prima “scavigliata” a sinistra (il mio lato debole) mi lascia per un attimo senza fiato. Cammino per un minuto: ok, sembra tutto a posto, si riprende a correre. Mi metto nella scia di Heather Ohly, ragazza inglese con la quale farò tira e molla - lei più veloce in salita, io nelle discese - da qui… all’eternità (no dai, per le prossime cinque ore), ma che poi prenderà il largo nel finale, rifilandomi una ventina di minuti sulla linea del traguardo al Parque Sur di Maspalomas. Prima del via ci hanno avvisati che il passaggio-simbolo della Transgrancanaria (lo scenografico anello alto sulla spianata del Roque del Nublo) è stato eliminato proprio a causa dell’esposizione al forte vento in una zona priva di vegetazione. Dispiace, ma comprendo la scelta degli organizzatori: le raffiche di vento a tratti fanno perdere l’equilibrio anche nei passaggi in cresta sì ma pur sempre all’interno della foresta! Qui sotto, quello che ci siamo persi... ed al tempo stesso un buon motivo per tornare!

© Runealo.es

© Runealo.es

Mentre percorro questi primi chilometri di gara bagnatissimi e scivolosissimi, da affrontare con la massima prudenza, accolgo come un ottimo auspicio i rari momenti nei quali la luce sembra aumentare, segno che lo spessore della nebbia sta diminuendo e che prima o poi il panorama primordiale di Gran Canaria si aprirà davanti ai nostri occhi. Ne faccio una validissima motivazione per continuare: basteranno pochi minuti sotto i raggi del sole per asciugarci e trovare nuove energie. Perché il sogno diventi realtà servono (a me!) un paio d’ore e mezza di gara ma finalmente ci siamo. Avviene tutto nel giro di una ventina di minuti: dalla nebbia fitta al cielo terso! Anche il terreno si asciuga rapidamente. Preso dal contesto internazionale della prova e dalle voci dei colleghi in gara e del pubblico nel quale iniziamo ad imbatterci, mi sorprendo a pensare tra me e me… in castigliano! Se non alzassi lo sguardo alle montagne che ci sovrastano (diversamente affascinanti rispetto alle a me più familiari Alpi), a tratti mi sembrerebbe di trovarmi sui sentieri della mia Valmalenco: sentierini single-track tra la rada vegetazione, mulattiere di selciato che serpeggiano (in discesa, per fortuna) al di sotto di alte pareti rocciose.

© Runealo.es

© Runealo.es

Affrontando un tratto piuttosto veloce e scorrevole, in discesa,  inciampo in una radice, un sasso, non so bene cosa, forse addirittura mi faccio da solo lo sgambetto e finisco rovinosamente a terra proprio… al cospetto di un gruppo di escursionisti. Una ragazza mi offre subito la mano e mi tira su… pretendendo che riparta subito come se niente fosse…! Eh, grazie ma… un attimo, fammi controllare che sia tutto a posto! Ma sì, solo qualche escoriazione su mani e ginocchia, oltre ad un pestone sul fianco sinistro del quale però mi accorgerò… solo a giorni di distanza, ormai tornato a casa. Riparto quindi e dopo pochi minuti incappo nella seconda storta alla caviglia sinistra, proprio nel punto in cui si… materializza il miraggio “eastwoodiano” di cui si diceva all’inizio… Questa fa più male della prima e mi costringe a camminare un po’ più a lungo ed a riguadagnare pian piano morale e fiducia. Ne arriverà una terza, di scavigliata, ma ormai ci avrò fatto il callo e non mi disturberà più di tanto. Cosiccome il secondo volo di giornata, ancora più “plastico” del primo.

© Dinadinasaur

© Dinadinasaur

Al check-point di Tunde, dove è scattata la prova “Starter” da 28K che vede la doppietta vincente dei Brooks Trail Runners (Alberto Vender primo tra gli uomini, Mélina Grosjean tra le donne), faccio un minimo di rifornimento ed opero il cambio d’assetto: posso decisamente alleggerirmi e sfoggiare la divisa “sky” della Sportiva Lanzada, per quanto mi riguarda mai in azione così lontana dalla “casa” alpina! Faccio anche un rapido tagliando alle Cascadia 16 che mi sono state fornite per l’occasione e che - calzate solo il giorno prima - si stanno comportando molto bene, rimediando egregiamente al mio precario equilibrio… Mentre ci corro sopra, mi viene a più riprese in mente che è stato proprio con scarpe Brooks (Ghost, in questo caso) che ho iniziato sette anni fa di questi tempi a correre su strada e che le Cascadia sono state anche le mie prime calzature da trail, nell’ormai quasi altrettanto lontano 2017…

© Carlos Diaz Recio

© Carlos Diaz Recio

Lasciate alle spalle le case di Tunde, alcuni tratti di mulattiera sterrata in salita (e polverosissima) mettono a dura prova me ed i miei compagnI d’avventura più vicini. Si cammina per lunghi tratti, sbuffando ma ormai “in the groove”. Mi imbatto nuovamente in Heather che di lì a poco però allungherà ancora il passo. Il paesaggio, man mano che ci si abbassa (pur tra le controsalite di cui sopra) si inoltra a mezzacosta lungo una vallata chiusa da pareti che trasmettono sempre di più - ad ogni chilometro che passa - la sensazione di trovarci tutti quanti dentro scenari da spaghetti western. Dalle mie parti della prova peraltro siamo tutti semplici comparse, ma va benissimo così! Cambiamo vallata risalendo un sentierone fatto di allunghi e tornanti, fino ad un valico che ci tuffa dentro una discesona nella quale (per chi ne ha) si può fare una discreta velocità. E allora, vamos! Calpestiamo a tratti anche l’asfalto ormai rovente ma non ci penso neanche lontanamente, a rimpiangere il freddo pungente e l’umidità delle prime ore di gara. Supero nella scia dell'ormai onnipresente Heather la diga che chiude l’Embalse de Gambuesa e mi avvio - lungo un… faticoso tratto pianeggiante - verso la “presa”gemella che, appena un paio di chilometri più a valle, sbarra l’invaso di Ayagaures, il villaggio presso il quale si trova il secondo ed ultimo check-point, da dove è partita la gara “Promo” da 14K (anzi, appena meno) dominata da Daniel Pattis, giovanissima promessa altoatesina dei “Brooks Boys”.

© Transgrancanaria

© Transgrancanaria

Prima del ristoro però mi imbatto in uno spettatore che - evidentemente vedendomi piuttosto provato dalla calura in rapido aumento - mi preannuncia quantità ingenti di “agua fresquita” di lì a poco. Altro che fresquita! L’acqua che mi viene fornita dai volontari è gelida... Per evitare la sincope e "devastazioni" varie, meglio bere a piccoli sorsi, anche se così la riserva finisce per essere calda (praticamente imbevibile) già dopo una ventina di minuti mentre - fianco a fianco con un collega di Barcellona - dopo avere attraversato la diga risalgo il tremendo stradone sterrato lungo il quale vengo superato da Jesus Gil (che chiuderà ai piedi del podio la prova Advanced da 62 chilometri). Tocca poi a Ragna Debats, la campionessa olandese - naturalizzata spagnola - che si avvia a vincere la Classic da 126K tra le donne. Sale correndo, la fase aerea appena percettibile: leggerissima, beata lei… L’ultimo incontro di questo tratto è quello con Marco Gulberti, il fotografo bresciano che Brooks ha ingaggiato per fissare quassù il passaggio di quelli “veri” e che si è gentilmente “sacrificato” sotto il sole cocente per aspettare me! Non mi resta che ricompormi alla bell’e meglio, tirare fuori un sorriso… "tirato" e passare oltre, ma con riconoscenza! 

© CD Horizonte Gijon

© CD Horizonte Gijon

Raggiunta la cresta, superiamo il valico e scendiamo dentro l’ultimo vallone che corre - lui pure purtroppo impercettibilmente - verso l’Oceano. Il mio compagno di viaggio catalano riprende a correre e mi invita a seguirlo ma declino l’offerta e lo mando avanti: preferisco avviarmi in discesa al passo. Cerco di tenere qualche energia in più per il finale: mancano una dozzina di chilometri alla meta. Sembra quasi di sentirmela ed infatti il Barranco de los Vicentes (de los Vicentillos nello… stillicidio del suo tratto finale) segnerà la sezione per certi versi più dura e straniante dell’intero itinerario: perché interminabile, pianeggiante, caldissimo ma soprattutto perché il tracciato segue (integralmente) il letto di un torrente in secca il cui fondo di pietre di mezza grandezza rappresenta una vera e propria sfida. Un collega spagnolo mi affianca, mi dice “animo”! e tira dritto, ma lo riprenderò un paio di chilometri dopo e lo precederò di un paio di minuti al traguardo. Poi tocca a Rossano, trailrunner di Parma che incespica rovinosamente tra le pietre: tra un’imprecazione colorita e l’altra in dialetto emiliano lo sento dire: “Queste pietre non mi vedono più!”. Scoprirò nei commenti di fine gara (ed anche in quelli dei giorni seguenti) che questo tratto è stato vissuto come un incubo da tutti quanti: top runners ed amatori come me, attori protagonisti e figuranti di questo “western canarino”.

© Stefano Gatti

© Stefano Gatti

Il fedele Garmin segna tre soli chilometri al traguardo ma le pareti che chiudono il canyon faticano ad abbassarsi ed a lasciare spazio allo sbocco della vallata. Poi all’improvviso la strada perde tutte le sue pietre, si allarga e si addolcisce, spiana finalmente ed un paio di passaggi sotto altrettanti viadotti autostradali anticipano inequivocabilmente la fine imminente dell’avventura. Senza capire come e quando sia successo, mi trovo sull’asfalto di Maspalomas e nel giro di poche decine di secondi mi ritrovo a galoppare tra le transenne dell’ultimo chilometro. Il passaggio sotto l’arco dell’arrivo è consolatorio ma non più di tanto. Sono svuotato tanto delle sensazioni più sottili quanto delle energie fisiche e mentali. Al controllo post-gara del materiale obbligatorio non riesco neppure a trovare il pacchettino che contiene la coperta d’emergenza, pur nello spazio esiguo dello zainetto. Impietosita dal mio stato allucinato, la signora addetta al controllo mi sta già dicendo che non importa e chi mi mette lo stesso in classifica ma ormai ho già compulsivamente vuotato per terra il contenuto. Il mio 259esimo posto assoluto (su 782 al traguardo) è salvo. Molto… comodamente nella prima metà della classifica e non me lo aspettavo neanche. Magari non c’è molto da vantarsi. Però ne vado lo stesso fiero e più ancora del 27esimo posto su 118 nella mia categoria “over 50”!

Tornando... all'inizio, mi vengono in mente le parole di un'altra bellissima canzone. Li trovate qui sotto. Rappresentano bene - tornando anche gli spaghetti western - la specialissima "Estasi dell'oro" vissuta alle Canarie

© Stefano Gatti

© Stefano Gatti

Tra coriandoli di cielo e manciate di spuma di mare
Adesso vola
Le piume di stelle sopra il monte più alto del mondo
A guardare i tuoi sogni arrivare leggeri

Tu che sei nei miei giorni
Certezza, emozione
Nell'incanto di tutti i silenzi che gridano vita
Sei il canto che libera gioia
Sei il rifugio, la passione 

Adesso vola
Oltre tutte le stelle
Alla fine del mondo vedrai, i nostri sogni diventano veri

("Mentre dormi" - Max Gazzè)

©  Francesco Zanon

© Francesco Zanon

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