FORMULA UNO

Monza, la grande incompiuta: il Mondiale lascia l'Europa con un GP da amaro in bocca 

L'epilogo del sedicesimo appuntamento del Mondiale è destinato ad interrogare la Formula Uno sulla rotta da seguire

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Il finale di Gran Premio che non ti aspetti va in scena a Monza. L'applicazione "esatta" del regolamento sportivo non è di per sè contestabile, ma rappresenta quantomeno una parziale inversione di tendenza rispetto al must" dello spettacolo a tutti i costi del quale la Formula Uno aveva fatto la propria bandiera fin dall'avvento in scena di Liberty Media e dell'"American Way Of Racing". Di fatto, oggi come oggi nemmeno le gare Indycar terminano più così facilmente "under yellow". Salviamo solo la priorità assegnata alla sicurezza dei piloti, anche se nemmeno da questo punto di vista abbiamo visto a Monza lo stato dell'arte.

Le avvisaglie di un weekend imperfetto (non proprio l'ideale per celebrare il Centenario dell'Autodromo Nazionale) si erano già viste nei due giorni di prove, con la pioggia di penalizzazioni che hanno stravolto lo schieramento di partenza, togliendo suspense e sostanza alle prove ufficiali. Non è concepibile, oltretutto, che la composizione dello schieramento di partenza resti un mistero ore dopo la conclusione delle qualifiche stesse. Non per il semplice appassionato: per gli addetti ai lavori! Falle di un regolamento sportivo che non sono del tutto estranee neppure a quello tecnico: se già a metà campionato le squadre sono costrette ad andare in penalità (ed in affanno) forse è il segnale che è stato fatto il passo più lungo della gamba. 

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Un Mondiale sospeso insomma (è la sua storia) tra la sua mission di frontiera più avanzata della tecnologia e la necessità di mettere in scena uno spettacolo di altissimo livello. In mezzo - e non è un fattore secondario - ci sono una ventina di piloti: i migliori al mondo. Da rispettare e tutelare non in quanto primattori dello show ma come esseri umani. Non è sempre stato così, nella storia delle corse, al netto di malintese nostalgie per un automobilismo eroico e, appunto, d'altri tempi.

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Tre settimane di pausa prima del prossimo appuntamento - il GP di Singapore che dà il via alla tournée overseas che chiuderà il Mondiale - serviranno anche a tradurre le riflessioni stimolate dagli eventi di Monza in uno sforzo (anzi, in un obbligo) di coerenza e di chiarezza che la Formula Uno deve ai suoi protagonisti ed al suo pubblico. Cinque tappe tra Estremo Oriente prima ed Americhe poi che - ad un certo punto lungo il cammino - consegneranno a Max Verstappen il suo secondo, meritatissimo titolo iridato. Con netto anticipo sul gran finale mediorientale di Abu Dhabi che, quest'anno almeno, sarà depauperato del clima infuocato da resa dei conti (vedi l'anno scorso), in tempi recenti quasi "inevitabilmente"  assegnato alla frontiera più ricca dell'intero movimento.

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Dal caso Abu Dhabi 2021 al caso Monza 2022, insomma: episodi diversamente controversi di una Formula Uno in cerca di identità: tra i curvoni da pelo e i rettilinei infiniti dell'Autodromo Nazionale, tra la sua luce magica e i profumi contrastanti. Cento anni e non sentirli? No, cento anni e non festeggiarli come l'Autodromo con la A maiuscola avrebbe meritato e l'occasione richiesto. Anche se i venti piloti di cui sopra ci hanno provato, anche se Charles e George ci hanno in qualche modo creduto, anche se Max ha comunque nobilitato la storica occasione. Nell'albo d'oro di Monza, alla voce GP d'Italia 2022 c'è comunque un pilota che sta scrivendo una pagina importante della storia delle corse.

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