La FIA non ha avuto il coraggio di rovinare la festa Red Bull. Ma la Ferrari dov'è?

Il circuito, i tifosi e soprattutto il peso politico della Rossa: cosa c'è dietro alla (non) decisione in Austria

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Tre ore. È il tempo che i commissari di gara hanno impiegato per confermare l'ordine d'arrivo del Gran Premio d'Austria. Un margine esagerato quello passato tra la bandiera a scacchi e la conferenza stampa che ha ufficializzato il non luogo a procedere per la manovra di Verstappen. Segno che il tema è stato dibattuto, soprattutto dopo le polemiche suscitate dalla penalizzazione di Vettel a Montreal. 

Quindi cosa ha spostato la bilancia a favore del pilota olandese? In primo luogo la proprietà del circuito, non a caso denominato Red Bull Ring. Insomma nel dubbio meglio non rovinare la prima vittoria di squadra e marchio che giocavano in casa, senza dimenticare che Red Bull, insieme a Ferrari e Mercedes, è il brand che tiene in piedi il circo.

La seconda considerazione riguarda il numero impressionante di tifosi olandesi presenti ieri in Austria per tifare Verstappen. Cosa sarebbe potuto accadere, dopo ettolitri di birra ingeriti, alla notizia della penalizzazione del loro idolo?

L'ultimo aspetto, probabilmente il più preoccupante, riguarda ancora una volta il peso politico della Ferrari in Formula 1. Senza scomodare il suo carismatico fondatore, difficilmente con Luca di Montezemolo e Sergio Marchionne, chi dirige questo sport si sarebbe permesso di dare due schiaffoni del genere alla squadra. Ora tocca subire decisioni discutibili a testa china, senza reazioni decise che facciano percepire a chi scrive le regole e a chi le applica il peso del marchio automobilistico più famoso del mondo.

Servirebbe spiegare che senza la Ferrari la Formula 1 sarebbe una scatola vuota. Ma chi è in grado di farlo con lo stesso piglio che in passato hanno avuto Enzo Ferrari, Luca di Montezemolo e Sergio Marchionne?

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