F1, Toro Rosso: un turnover esasperato

La scuderia satellite della Red Bull continua a cambiare piloti, strategia che lascia perplessi

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C'erano una volta in Formula Uno (e non solo) i “piloti con la valigia”. Ed in qualche caso esistono ancora... Giovani promesse o anche no che – potendoselo permettere – prendevano una scorciatoia rispetto alla trafila delle categorie minori per entrare direttamente nel Mondiale. Per un'intera stagione, magari solo un “pacchetto” di gran premi, oppure un GP “one-off”. Tutto dipendeva e dipende ancora – appunto - dalle disponibilità economiche (comunque la si voglia vedere: consistenti) dello sponsor portato in dote oppure addirittura dalla famiglia. Ed anche se, come detto, il fenomeno non si è del tutto estinto, visto che la fame di finanziamenti dei team di seconda o terza fascia è identica anzi superiore a dieci oppure vent'anni fa, il fenomeno stesso si è evoluto e potrebbe farlo ulteriormente in futuro, allargando la propria portata. Magari nella scia dell'esempio di Toro Rosso (quindi Red Bull) che non deve certo attendere che alla porta bussi il “pilota con la valigia” ed ha inaugurato quest'anno la consuetudine di ruotare i piloti al volante delle proprie monoposto. Per necessità ma anche per scelta. Il Mondiale è iniziato con Sainz e Kvyat al volante delle STR12, poi il russo è stato accantonato (dopo Singapore) per dare spazio a Pierre Gasly. Lo scorso weekend il francese è stato dirottato alla finale (poi cancellata) della Superformula, ed a sostituirlo in Texas è stato chiamato il neozelandese Brendon Hartley. Ad Austin la Toro Rosso ha completamente rinnovato la propria formazione iniziale, visto che per riempire il vuoto lasciato da Carlos Sainz Jr. (“girato” alla Renault) è stato ripescato … il suo compagno di squadra di inizio stagione Daniil Kvyat. Domenica però in Messico e poi ancora a metà novembre in Brasile ed a fine novembre ad Abu Dhabi nuovo schieramento inedito e … definitivo, visto che Gasly tornerà al volante della Toro Rosso ed il suo ex vice Hartley verrà stato “spostato” sulla monoposto guidata da Kvyat negli USA. Questa la decisione del boss dei “tori” Helmut Marko, che per Kvyat suona come una bocciatura definitiva dopo due stagioni a tempo pieno con Toro Rosso (2013 e 2014), la promozione in Red Bull nel 2015, una prima bocciatura dopo il suo GP di casa a Sochi nel 2016, per fare spazio nientemeno che a Max Verstappen (vincente al suo debutto a Barcellona), saltando però immediatamente sulla Toro Rosso per il resto della stagione. Prima del nuovo “balletto” di quest'autunno...

In fondo si è sempre saputo che alla Toro Rosso, squadra nata sulle ceneri della Minardi, era stato assegnato dalla Red Bull il compito di mettere alla prova nel Mondiale i talenti del proprio vivaio, in vista di una futura promozione al team principale. Ma, ad una riflessione appena più approfondita, sembra di poter dire che il “turnover” sia in questi ultimi tempi un po' esasperato. Che la corsa ad un posto da titolare sia aperta e “competitiva”, che Red Bull faccia di una durissima selezione un cavallo di battaglia della propria politica, tutto questo è perfettamente lecito ma Vettel, Ricciardo e Verstappen in un passato recente e recentissimo hanno ricevuto la chance di mostrare le proprie qualità nell'arco di un'intera stagione e così (con esito purtroppo per loro opposto) anche i vari Alguersuari, Buemi, Vergne, Speed, Bourdais: all'insegna, per tutti i “candidati”, di un impegno continuativo, con gli occhi puntati addosso certo ma senza patemi d'animo veri e propri. Il caso di quest'anno pare un po' anomalo. Per Kvyat la Red Bull è ormai un capitolo chiuso. Hartley dal canto suo si trova a metà strada tra un'ipotetica nuova carriera in monoposto nella quale non sperava nemmeno più (entrato nel vivaio Red Bull nell'ormai lontano 2008 ne era uscito due soli anni più tardi) e quella ben più collaudata di ottimo professionista nei prototipi: campione del mondo Endurance nel 2015, il 28enne neozelandese quest'anno ha vinto la 24 Ore di Le Mans.

Una volta le squadre sceglievano i propri piloti mettendoli a confronto in condizioni più o meno identiche in una o più sessioni di test precampionato. Oggi si arriva a farlo (anche) a stagione in corso, direttamente in gara, mettendo in palio negli ultimi appuntamenti di un campionato il posto da titolare per quello successivo. O almeno per il suo inizio... Ci può stare, è la Formula Uno con il suo fascino a volte un po' perverso. Ma qualche perplessità, appunto, rimane. E a darle un volto (dall'espressione ben poco rilassata e serena) è stato proprio Daniil Kvyat in un paio di interviste televisive lo scorso weekend da Austin.

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