Juventus-Milan ha visto il debutto italiano delle cinque sostituzioni. Sarri e Pioli hanno scelto due strade differenti
"Ho fatto una cazzata. Quando metti tre giocatori nuovi tutti insieme ci vuole del tempo per ritrovare l'equilibrio. Abbiamo rischiato, dovevo fare diversamente". Con la schiettezza che lo contraddistingue Maurizio Sarri ha spiegato, nel post Juve-Milan, la scelta di cambiare tre giocatori al 17' del secondo tempo, quando Khedira ha preso il posto di Pjanic, Rabiot di Matuidi e Bernardeschi di Douglas Costa, La Juve ridisegnata, in effetti, ha vissuto il momento peggiore della sua partita,
Bentancur si è spostato nel ruolo di regista, con Rabiot e Khedira a fare le mezzeali. Bernardeschi, poi, ha dovuto trovare la sua posizione assecondando i movimenti della più atipica coppia d'attacco del calcio mondiale: Dybala-Ronaldo. C'è voluto almeno un quarto d'ora di assestamento, poi le cose hanno iniziato a girare di nuovo al meglio. L'atro cambio sarriano è arrivato a pochi minuti dalla fine (Cuadrado per Danilo) e ha inciso poco sul resto della gara,
Sarri, insomma, si è fatto ingolosire da una panchina super e dalla possibilità di poter sfruttare i cinque cambi ma ha scoperto che facendone tre in una volta sola c'è il rischio di togliere certezze alla squadra. Pioli, invece, avendo una rosa più limitata dal punto di vista tecnico, non ha nemmeno cambiato dopo l'espulsione di Rebic, mantenendo la squadra iniziale ma adattandola alla nuova situazione tattica.
Il suo primo cambio (Leao per Bonaventura), al 7' del secondo tempo, era legato alla necessità di avere una punta vera che potesse iniziare a dare fastidio alla difesa della Juve. Gli altri sono arrivati nel finale: due al 37' (Krunic per Kessie e Colombo per Paquetà) e due al 43' (Saelemaekers per Conti e Laxalt per Calabria).
La prima volta dei cinque cambi, insomma, è stata interpretata in modo diverso ma una cosa è certa: la possibilità di incidere su un match con la novità regolamentare è un lusso per pochi.