Il Bologna ha fallito l'aggancio al secondo posto, a un punto dalla coppia capolista, ma è comunque a un passo dalla cima della classifica come il Como
di Andrea Cocchi© Getty Images
Tredici giornate, 7 squadre in 5 punti, campionato senza un padrone assoluto in vetta, due teoriche "intruse" come Bologna e Como e pochissime certezze da qui a maggio. Ce ne sarebbe abbastanza per esaltarsi per una Serie A combattuta come poche altre volte in passato. In effetti, dal punto di vista della suspense, non si può negare che sia così. Da quello del divertimento e dello spettacolo nel corso dei 90 minuti delle singole partite, però, ci sarebbe molto da dire. Se capita, per esempio, di passare dalla visione di Chelsea-Arsenal a quella di Roma-Napoli, due match che avevano molto a che fare con la vetta delle rispettive classifiche, il confronto è abbastanza impietoso. Lo stesso vale per l'attesissimo derby di Milano della settimana prima.
Il nostro calcio non ha mai brillato per intensità e ricerca costante di soluzioni offensive. La posta in palio, tra processi mediatici o sommari (vedi le squadre a capo chino davanti alle lezioni di virilità degli ultrà), è effettivamente alta. A tutto questo va aggiunto lo spezzettamento continuo del gioco da parte degli arbitri e il rotolamento di chi, a ogni contrasto, sembra sia reduce dalla campagna di Russia. Difficile potersi divertire a meno di essere tifosi di una squadra che, anche con un solo tiro in porta, vince la partita e dà il via a esultanze degne di maggior causa. Ma si sa che da noi contano i punti, per lo spettacolo c'è il Circo. Va bene, ok. Negli ultimi tempi, però, il livello del gioco si è clamorosamente abbassato e ci sono delle cause ben precise.
Ormai si gioca in due soli modi: o aggredendo uomo su uomo a tutto campo (vedi Roma-Napoli) o aspettando con un blocco medio-basso o basso, basculando da una parte all'altra della zona difensiva (tipo squadra di pallamano) e coprendo in maniera massiccia il centro, consentendo agli avversari solo il cross (vedi Milan). Le difese sono quasi tutte a tre, in fase difensiva a cinque, e quindi ci si ritrova a specchiarsi negli avversari. Se si trovano di fronte due 3-4-3 (o 3-4-2-1) le accoppiate sono automatiche, se sono due 3-5-2 il massimo dell'adattamento è l'uscita di una mezzala su uno dei tre difensori e la schermata del play. Punto. Tutto qui. La fase offensiva si riduce ad attirare verso la propria porta gli avversari che marcano individualmente, per poi sfruttare i lanci alle spalle dei difensori, oppure, se si affronta un blocco basso, a continui giri palla per trovare varchi spesso inesistenti.
Lo scorso anno c'era l'eccezione Inzaghi. Simone, con la ricerca costante di rotazioni e sovraccarichi di zona, rompeva certe logiche costringendo chi marcava individualmente a fare spostamenti molto lunghi sul campo, e chi difendeva a zona a temere i costanti e velocissimi cambi di gioco. Ora l'Inter è meno sofisticata e si inserisce nella logica dell'aggressività e della verticalizzazione. Per assurdo, la fase offensiva che non ti aspetti arriva dal Milan. Lo staff allegriano ha approntato uscite mobili particolarmente interessanti. Modric scende sulla linea dei difensori con Pavlovic e Tomori che vanno a fare i laterali bassi che si inseriscono, Gabbia può alzarsi e far abbassare un altro centrocampista. Il tutto per spiazzare chi li va a prendere a uomo. Così capita di vedere Tomori chiudere un'azione collettiva da applausi con il cross vincente per Leao.
Chi esce però del tutto da certe logiche è il Como di Fabregas, distante solo 4 punti dalla vetta, e capace di mettere in mostra qualcosa di quasi totalmente inedito nella nostra Serie A. Un calcio molto tecnico, con interpreti molto dotati da questo punto di vista, difensori compresi, ali vere, un centrocampo rotante in cui il genio di Nico Paz può spesso ricevere già orientato verso la porta, e moltissime soluzioni offensive. Si possono vedere combinazioni ravvicinate in mezzo al campo, alternate allo svuotamento del reparto centrale per la ricerca diretta degli esterni e della punta centrale, l'occupazione dinamica degli spazi e l'utilizzo degli esterni con sovrapposizioni interne dei laterali bassi. Il Como, insomma, è un piccolo seme di calcio internazionale piantato nel campo della Serie A. Speriamo germogli.