COMPIE 50 ANNI

Roberto Di Matteo: lo svizzero d'Abruzzo che portò il Chelsea sul trono d'Europa

Nato a Sciaffusa e figlio di emigranti, la sua conquista della Champions League 2012 fece la storia: oggi fa 50 anni

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Oggi, 29 maggio, Roberto Di Matteo compie 50 anni. Buona parte dei quali trascorsi in Inghilterra, nonostante la nascita in Svizzera e l'esplosione professionale in quell'Italia da cui erano emigrati i suoi genitori. Ex difensore arrivato fino alla numero 10 della Nazionale azzurra, fu al Chelsea che si tolse le principali soddisfazioni. Da calciatore e soprattutto da tecnico, con la splendida, incredibile vittoria della Champions League 2012.

Paglieta, nel 1970, contava qualche decina più di 4.000 abitanti. Erano un migliaio in meno rispetto a vent'anni prima, e addirittura 800 se il conteggio viene fatto in riferimento al vicino 1960. La verità è che questo paesino nel cuore dell'Abruzzo sembrava essere stato dimenticato dal boom economico del dopoguerra, tanto che diversi tra i suoi abitanti lo lasciarono per tentare la fortuna all'estero. Tra loro c'erano i Di Matteo, che scelsero la Svizzera tedesca per cercare lavoro. Qui, a Schaffhausen (da noi più nota come Sciaffusa), il 29 maggio 1970 nacque il piccolo Roberto. E a Paglieta forse in pochi sapevano che quel bambino sarebbe tornato in Italia, avrebbe vestito la maglia della Nazionale per poi trovare una nuova vita professionale a Londra. Salendo sul trono d'Europa in una magica, irripetibile notte di Monaco di Baviera e venendo poi sostanzialmente dimenticato da quello stesso mondo di cui era diventato brevemente eroe.

Roberto trascorse i primi anni della sua vita nella natìa Svizzera, e qui si impose nel calcio: Sciaffusa, Zurigo, poi Aarau dove contribuì alla vittoria di un campionato dopo un'attesa di 79 anni. Difensore, anzi libero, venne notato dalla Lazio che lo chiamò nel 1993. Piacque subito a Dino Zoff, che lo fece debuttare già nella prima di campionato gettandolo nella mischia al posto di un certo Paul Gascoigne. L'esplosione definitiva giunse con Zeman, che lo rese il mediano tuttopolmoni che appena due anni dopo attirò le attenzioni del Chelsea. In un'epoca in cui i trasferimenti all'estero dei giocatori della Nazionale erano una rarità, e in più i londinesi erano tutt'altro che la big a cui siamo abituati a pensare adesso. E Di Matteo degli Azzurri era ormai un punto fermo, come dimostra il doppio spareggio con la Russia per partecipare ai Mondiali di Francia '98: in entrambi i casi Roberto fu titolare e giocò addirittura con la numero 10.

Divenuto perno di un Chelsea in grande crescita, fu costretto al prematuro ritiro da una lunga serie di infortuni, l'ultimo dei quali particolarmente grave e con frattura di tibia e perone. Rimase però in Inghilterra, iniziando una folgorante carriera da allenatore: promozione in Championship sfiorata con i Milton Keynes Dons, promozione centrata in Premier League con il West Bromwich. La grande occasione arrivò però nel 2011, quando fu affiancato al tecnico del Chelsea André Villas-Boas come vice. L'erede di Mourinho non riuscì a ripercorrere i fasti dello Special One e fu appiedato il seguente 4 marzo, con i Blues attardati in campionato ma ancora in piena corsa in Champions League. Roberto era il classico traghettatore, l'impressione sembrava quella di una squadra da far arrivare a fine anno con meno danni possibili nell'attesa di mettere sotto contratto un allenatore di grido. Ma qualcosa stava per cambiare.

Il Chelsea di Roberto Di Matteo esordì strapazzando il Napoli per 4-1 nel ritorno degli ottavi, ribaltando il 3-1 di Fuorigrotta. Poi lungo il cammino ebbe la meglio anche del Benfica e soprattutto del Barcellona di Pep Guardiola, la squadra più temibile di quegli anni. Intanto cresceva la stima dell'ambiente e la fiducia della squadra, che lo adorava. Non la dirigenza, però, nel cui immaginario restava un signore di passaggio. Che però si presentò alla finale del 19 maggio forte di un titolo già conquistato: la Fa Cup, la stessa che aveva riportato a Stamford Bridge da calciatore nel 1997, segnando il gol più rapido di sempre nella competizione contro il Middlesbrough in finale. E per il Chelsea quello era stato il primo titolo da 27 anni. La Champions League però è un'altra storia, soprattutto se la finale si gioca a Monaco di Baviera, contro il Bayern Monaco. Quella notte Di Matteo vantava però un alleato d'eccellenza: si chiamava Didier Drogba e decise di vivere 120 minuti tra i migliori della sua sensazionale carriera: il pareggio in extremis dopo la marcatura di Muller (e, letteralmente, decine di salvataggi di Cech). Quindi l'ultimo rigore, dopo i due errori bavaresi. E a sorpresa fu proprio Roberto da Sciaffusa, figlio mancato di Paglieta, a sollevare al cielo quella coppa.

Che rimase però il traguardo più alto della sua vita da allenatore. Già il successivo 21 novembre il vorace Abramovich optò per un ingenerosissimo esonero dopo una pesante sconfitta, sempre in Champions League, contro la Juventus. Quindi le avventure allo Schalke 04 e all'Aston Villa: due flop. E tre anni e mezzo senza nuove occasioni, su nessun'altra panchina europea e mondiale. Uno schiaffo immeritato per lo svizzero d'Abruzzo, che arrivò fino a Londra per sorprendere il mondo.

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