l'opinione

La famiglia Agnelli e la Juventus, una storia vincente "a testa alta"

Il 24 luglio del 1923 la 'real casa' diventava proprietaria del club, da allora decine di scudetti e la nota dolente della Champions

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Partiamo dall’attualità che più stretta non si può. Non ci sarà l’amichevole di Villar Perosa. Prima volta dal 1959. Fa strano anche perché si interrompe una tradizione la dove di tradizione si è sempre vissuto. Per carità, anche lo scienziato dice “come ti ho creato ti distruggo” e comunque non esageriamo. Magari l’anno prossimo si fa. I motivi li lasciamo a loro, alla famiglia Agnelli che però proprio oggi festeggia i 100 anni di proprietà della Juventus. Un secolo e allora lì si che ti richiami alla tradizione unica e stridente in un calcio ormai orientato a spersonalizzarsi, a togliersi un cognome italiano per identificarsi in uno straniero o addirittura in un fondo di investimento. Quando tutto era cominciato nel 1923 con la presidenza di Edoardo Agnelli la Juve aveva vinto uno scudetto solo nel 1905. Adesso ce ne sono tantissimi in più a prescindere da chi ne conta 38 di campo o 36 di Federazione.

Insomma famiglia vincente e si tralasci il settore industriale, quello che ha dato e continua a dare all’Italia e al mondo la possibilità di muoversi su quattro ruote. Famiglia reale o real casa come spesso è stata definita quasi che fosse sempre stata irraggiungibile dal comune mortale. Poi bastava un microfono, la voglia dell’Avvocato di fermarsi a parlare e ci si rendeva conto che il contatto si poteva ottenere, che anche loro, gli Agnelli, erano e sono comuni mortali.

Certo lui affascinava e non a caso chi ne ha vissuto anche pochi anni di contemporaneità non ha problemi a definirlo in tutta pienezza immagine e sostanza di quel connubio tra una persona e quei colori e quella J che, come amava ricordare, lo faceva emozionare anche se dava inizio ad una parola diversa da Juventus.

E come non ricordare il passaggio di consegne al fratello Umberto, ultimo esponente della generazione passata, ultimi capelli bianchi di una famiglia che dopo di lui metterà sulla ribalta John Elkann, primo obbligato abbandono di un cognome di storia ma solo per regole anagrafiche.

Con lui, nipote di Gianni, la gestione di Calciopoli e del suo post, la ricostruzione e la riconciliazione con il cugino Andrea. Mossa sorprendente ma soprattutto sportivamente devastante per una società capace di mettere dietro e in fila per nove anni consecutivi tutte le altre in Italia. Già, in Italia perché l’Europa si è fermata nel 1996 a Roma e da lì in avanti si è fatta sadicamente sfiorare sul più bello per altre cinque volte.

E’ la nota che duole, è il rammarico di famiglia e non solo che si tramanda di anno in anno e le ultime vicende della stagione appena conclusa non permetteranno di coltivare il sogno in quella che comincerà tra meno di un mese. “Come diceva mio nonno Juventus vuol dire gioventù e gioventù vuol dire essere proiettati verso il futuro. Abbiamo passato momenti critici e anche stavolta ne usciremo a testa alta”. Parole di John Elkann, c’è dentro l’ orgoglio di una tradizione, peccato si sia interrotta quella dell’amichevole di Villar Perosa. Magari il prossimo anno si farà.

Vedi anche John Elkann: "La Juventus uno dei motori del calcio italiano" juventus John Elkann: "La Juventus uno dei motori del calcio italiano"

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