Martedì il vertice tra club e tecnico: la risposta del mister sarà solo la banale conseguenza della proposta formulata
di Pepe Ferrario© Getty Images
C'è una sorta di cortocircuito logico nell'attesa che pervade il mondo interista nelle ore post-Monaco. Si dice: la "palla" ora è tra i piedi di Inzaghi, deciderà lui se continuare oppure scegliere un'altra strada. Va da sè, però, che la società già sa quale sia il pensiero del tecnico, quali siano le sue richieste. Ne consegue, quindi, che il club già conosce quale possa essere la risposta del tecnico di fronte all'offerta (in senso ampio) che gli verrà formulata. Tradotto: la risposta di Inzaghi sarà semplicemente e banalmente consequenziale alla proposta che verrà messa sul tavolo dal management e dalla proprietà.
La debacle in Champions, con la pesante delusione umana e professionale, incide solo relativamente. Una sconfitta, per quanto pesantissima, si elabora, come ogni "lutto" sportivo. Serve tempo per suturare la ferita, ma servono anche nuove prospettive per ricaricarsi. Di certo, in questo caso, non è questione di soldi. L'ingaggio non è chiaramente il tema centrale, ma neppure collaterale. E' un tema assolutamente marginale: se l'offerta dell'Al Hilal è fuori mercato, anche qualsiasi altra proposta da parte di club di Premier League è impareggiabile.
Cosa chiede dunque Inzaghi? Chiede investimenti, chiede protezione, chiede chiarezza programmatica e verbale. Primo punto. La rosa va rinnovata e rivista: servono tre nuovi attaccanti (due se Taremi rimanesse come "quinta" punta), servono almeno due nuovi centrocampisti (oltre a Sucic), servono altrettanti innesti in difesa. Secondo punto. La stagione è stata pesantissima dal punto di vista emotivo e psicologico. Svuotante. Inzaghi ha consumato ogni stilla di energia all'insegna di un progetto ambizioso, sproporzionato rispetto alla forza della rosa a sua disposizione: in diversi momenti si è sentito poco protetto, lasciato solo, abbandonato nelle tante polemiche arbitrali che hanno visto la società silente se non passiva. Terzo punto. La società ha pubblicamente dichiarato senza soluzione di continuità la volontà di arrivare in fondo a tutte le competizioni, di vincerle, compresa una Champions in cui la disparità delle forze in campo era gigantesca: giusta ambizione ma sbandierata con eccessiva spavalderia. Più parole, insomma, che fatti: quello dopo lo scudetto della seconda stella è stato infatti un mercato sostanzialmente inesistente. Proprio nel momento in cui occorreva spingere, il club ha invece nei fatti frenato, accelerando solo verbalmente.
La posizione di Inzaghi, che con il lavoro svolto ha risollevato e aggiustato la situazione finanziaria della società, è ben nota a Marotta e Oaktree. Tutto, dunque, dipende da questi ultimi: la risposta che otterranno domani sarà semplicemente conseguente alla proposta formulata. Se il club vuole ripartire "rilanciando", Inzaghi resterà. Se invece il club vorrà impostare un nuovo ciclo che, per lo meno nella sua fase iniziale, sarà all'insegna del mantenimento o addirittura del ridimensionamento, Inzaghi non ne sarà alla guida. Al suo posto allora chi, da Fabregas a Chivu, passando per Vieira o (più sfumato) De Zerbi, avrà le qualità professionali e tecniche per sposare questo nuovo corso. Partendo dal Mondiale per Club che inizia tra due settimane soltanto.