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Panchine bollenti

Quando il mister dice no: da Conte a Fabregas, da Gasp a Ranieri, è l'estate dei grandi rifiuti

L'allenatore del Napoli sembrava a un passo dalla Juve, quello del Como vicinissimo all'Inter e l'ex romanista era l'erede designato di Spalletti. Ma hanno prevalso altre scelte e altri progetti

di Giulia Bassi
10 Giu 2025 - 15:41
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C'è chi dice no e nel calciomercato ci sta, perché ogni rifiuto è al tempo stesso una scelta. In un'annata caratterizzata da tanti cambi in panchina, stanno sorprendendo le decisioni di alcuni allenatori, che sembravano avviati verso certe piazze e certe panchine per poi... cambiare lecitamente idea. L'ultimo in ordine di tempo è stato Claudio Ranieri: la Figc lo aveva individuato come ct della Nazionale per portare avanti la difficile eredità di Spalletti, che ha visto complicarsi il cammino verso il Mondiale. No grazie, ha detto l'ex allenatore della Roma, che ai campi di Coverciano ha preferito il ruolo di consulente di Friedkin nel club giallorosso.

Ranieri nell'emergenza

 Claudio Ranieri, in realtà, aveva già detto lo scorso anno, dopo aver salvato il Cagliari, di voler smettere per godersi il meritato riposo. A fargli cambiare idea era stata la situazione disperata della sua amata Roma, che dopo aver esonerato prima De Rossi e poi Juric si era ritrovata a pochi punti dalla zona retrocessione. Nella totale emergenza, e nel caos di una piazza disorientata e sul piede di guerra, sir Claudio aveva rappresentato una scelta di saggezza, per condurre in porto un veliero danneggiato e prossimo ad affondare. Missione più che compiuta: Ranieri ha portato la Roma a sfiorare la qualificazione in Champions, ha ridato organizzazione ed entusiasmo ma soprattutto ha portato punti e risultati. Si è meritato il ruolo, per il futuro, di consulente di Friedkin: un modo per rimanere "in zona", vicino alla sua Roma e ai suoi tifosi ma avendo, nello stesso tempo, più tempo per se stesso e la sua famiglia. 

Ranieri e il no alla Nazionale

 A tirarlo di nuovo per la giacca e a rovinargli i piani di girare il mondo e godersi più tempo libero, ci ha provato la Figc: dopo la decisione di esonerare Spalletti in seguito al disastro norvegese, l'emergenza Nazionale, di nuovo vicina, per la terza volta, a rimanere fuori da un Mondiale, aveva portato i vertici federali a pensare a lui, all'uomo saggio che conduce in porto le imbarcazioni più pericolanti. Ma Ranieri stavolta ha detto no: "Ringrazio Gravina ma la decisione è mia", ha detto. Il tecnico campione d'Inghilterra col Leicester dei miracoli ha preferito rimanere fedele alla parola data ai Friedkin, anche se i due ruoli non sarebbero stati incompatibili. Possibile che stavolta, semplicemente, Ranieri abbia deciso di evitare le agitatissime acque di Coverciano e dintorni. 

Conte, ciao Juve

 Ma, si diceva, non è l'unico caso di allenatore che sembrava già seduto su una panchina salvo poi scombinare le carte. In principio fu Antonio Conte: considerato a un passo dal ritorno alla sua Juve, per rilanciarne ambizioni e trionfi, l'allenatore fresco campione d'Italia ha deciso di rimanere a Napoli, convinto dall'affetto dei tifosi ma soprattutto dal rilancio di De Laurentiis, che gli ha garantito un mercato all'altezza e una squadra competitiva per continuare a far sognare il popolo partenopeo. Molti tifosi bianconeri hanno però vissuto come un tradimento la decisione di Conte di non tornare a Torino. In realtà ha semplicemente deciso di rispettare il contratto con la sua squadra.

Gasp, niente ritorno a Torino

 La Juve, prima di confermare Igor Tudor, ha poi incassato un altro no: quello di Gian Piero Gasperini, che dopo l'addio all'Atalanta pareva potesse tornare a vestirsi di bianconero, lui che della Juve era stato prima calciatore e poi tecnico delle giovanili e della Primavera. Ma i colloqui erano già ben avviati con la Roma, in cui a fare da garante c'era proprio Claudio Ranieri. E così Gasp si è diretto verso la Capitale: difficile dire se perché poco convinto dai contatti con la dirigenza bianconera o se perché particolarmente deciso sul progetto giallorosso. 

Fabregas e la corte dell'Inter

 E poi c'è l'Inter. Traumatizzata dall'addio di Inzaghi (che a Marotta e Ausilio ha detto no ben prima di sedersi al tavolo il giorno dopo la disfatta di Monaco per volare verso i ricchissimi lidi arabi), la squadra vice campione d'Europa pareva orientata ad affidarsi al giovane e prodigioso Fabregas: tempi stretti, promesse sul mercato difficili da fare e soprattutto la concorrenza di un club ricco e potente, il Como. Nonostante i tentativi della dirigenza nerazzurra, lo spagnolo ha deciso di rimanere in riva al lago, certamente incuriosito dalla possibilità di essere l'erede di Inzaghi, ma soprattutto intenzionato a non andare allo scontro con un club a cui deve molto, di cui detiene anche delle quote e che gli garantisce un determinato mercato senza l'ossessione del risultato. A pesare devono essere state anche le incertezze nerazzurre nel potergli mettere a disposizione una determinata rosa. Anche in questo caso, in realtà, ha prevalso la fedeltà alla società di appartenenza, nonostante la tentazione. Il Como ha fatto muro, Fabregas non ha fatto nulla per liberarsi. Discorso simile anche per Walter Samuel, contattato da Cristian Chivu per andare a fare il vice all'Inter e che ha deciso di restare in Argentina a fare il consulente di Scaloni. 

Situazioni diverse, valutazioni che ognuno fa per la propria carriera. Sono diversi i motivi che hanno portato Ranieri, Conte, Gasperini e Fabregas a dire dei no a panchine prestigiose (e in questo momento storico particolarmente difficili). Un po' forse per rimanere fedeli alla parola data e a contatti precedenti, di sicuro dopo attente valutazioni dei pro e dei contro, in un mondo del calcio dove i contratti non sono garanzia per nessuno e dove la pressione del risultato fa effetti diversi. Ma dove anche la chiarezza di altri progetti, magari meno blasonati (non è detto) ma meglio definiti (e comuqnue vincenti), finisce per avere il suo peso. 

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