CHE FINE HANNO FATTO

Quattro anni fa la favola del Leicester di Ranieri: cosa fanno adesso Vardy e compagni?

Il 2 maggio 2016 le Foxes stupivano il mondo vincendo la Premier League: solo nove calciatori di quella rosa giocano ancora nel club

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Ci sono storie così incredibili che viene voglia di chiedersi se possano ripetersi e con quali uomini. In attesa di conoscere il volto dei nuovi eroi, vale la pena voltare indietro lo sguardo e ammirare chi la storia l'ha già fatta: quattro anni fa il Leicester, sotto la guida di Claudio Ranieri, vinceva la Premier League. Un miracolo calcistico, se si pensa che le Foxes erano quart'ultime per monte-ingaggi, l'anno prima avevano raggiunto una salvezza insperata e il fatturato della società era di 135,1 milioni. Tanto per gli standard italiani (ai livelli del Napoli), poco per quelli della Premier: 1/4 rispetto a quello del Manchester United, 1/3 se paragonato a quello delle altre big. Chi sono dunque i protagonisti di questa favola e cosa fanno ora?

Getty Images

IL PORTIERE: SCHMEICHEL
Con il numero uno c'era lui, Kasper Schmeichel, il danese figlio d'arte. Sembrava non dovesse ripetere le gesta del padre ma, seppur non disponesse del suo talento, ha difeso la porta delle Foxes nell'anno in cui queste hanno stupito il mondo. Trentotto partite, tutte da titolare, giocando sempre 90 minuti, subendo 31 gol. Un Mondiale da protagonista nel 2018 (chiuso agli ottavi pur parando tre rigori alla Croazia) e una carriera ancora ricca di soddisfazioni al King Power Stadium: Schmeichel, tra i titolari, è uno dei “superstiti” del miracolo. Gli altri sono capitan Morgan, Fuchs, Albrighton e Vardy.

I TERZINI: FUCHS E SIMPSON
Nel 4-4-2 di Ranieri i terzini del Leicester non avevano molte licenze offensive. Dovevano però essere giocatori di corsa, senza troppi fronzoli, affidabili difensivamente. Compito raggiunto alla grande da Christian Fuchs (a sinistra) e Danny Simpson (a destra): parabola simile per l'austriaco e l'inglese, che dopo il titolo hanno imboccato il declino per perdere definitivamente il posto nella stagione 2018-19. Se Fuchs ancora resiste al Leicester, Simpson non ha rinnovato il contratto in scadenza nel 2019 ed è finito in Championship, all'Huddersfield.

I CENTRALI DI DIFESA: MORGAN E HUTH
Strana coppia, quella tra il giamaicano e il tedesco. Sicuramente statuaria: 1,85 m per 93 kg Wes Morgan e 1,91 m per 88 kg Robert Huth. A livello fisico non c'era modo di abbatterla, e con il gioco di Ranieri, molto improntato al contropiede, assicurava il dominio dell'area di rigore. Oltre al lavoro sporco di contenimento, le due montagne difensive erano un pericolo pubblico sui calci piazzati, sommando cinque gol in campionato: tre importantissimi, come quello di Morgan al Manchester United o la doppietta del tedesco al City. Il giamaicano è ancora al Leicester, Huth - invece - si è ritirato nel 2018 e dopo un periodo di allontanamento (era talmente stanco del mondo del calcio da non volersi più allenare nell'ultimo anno di carriera) sta studiando da direttore sportivo.

I CENTRALI DI CENTROCAMPO: KANTÉ E DRINKWATER
Ai colossi di difesa ci si arrivava solo se si riusciva a oltrepassare la diga centrale di centrocampo composta da N'Golo Kanté e Danny Drinkwater. A Leicester il francese si impose come uno dei migliori rubapalloni del mondo, collezionando 150 tackle vinti e oltre 140 anticipi solo nella Premier 2015-16. Motorino di centrocampo, inesauribile la sua energia, al punto da far dire a Ranieri: “Un giorno lo vedrò crossare la palla e andarla a colpire di testa”. Kanté avrebbe fatto le fortune del Chelsea e della nazionale francese, vincendo un'altra Premier, una FA Cup, un'Europa League e addirittura un Mondiale, mentre Drinkwater, anche per una serie di problemi extra-campo, sarebbe stato sostanzialmente un flop al Chelsea e non sarebbe tornato ai tempi d'oro nemmeno con Burnley e Aston Villa, dove gioca da gennaio.

I LATERALI: MAHREZ E ALBRIGHTON
Riyad Mahrez era la stella insieme a Jamie Vardy: freccia imprendibile sulla fascia destra, il numero 7 abbinava fisicità e tecnica, trovandosi nettamente a suo agio nelle situazioni di contropiede, dove poteva sfruttare la cavalcata in campo aperto per poi, magari, chiudere con il sinistro sul secondo palo, la specialità della casa. L'algerino andò in doppia cifra sia nei gol (17) che negli assist (11) e con una doppietta stese all'Etihad il Manchester City, sua squadra dal 2018. Molto più disciplinato tatticamente Marc Albrighton, destro naturale ma piazzato da Ranieri a sinistra: nel 2015-16 accumulò due reti e ben sette assist ed è ancora utilizzato, seppur da riserva, dall'attuale allenatore Brendan Rodgers.

LE PUNTE: OKAZAKI E VARDY
Il ruolo di seconda punta era quello con più concorrenza: a contenderselo erano Shinji Okazaki e Leonardo Ulloa, con quest'ultimo che ricoprì la figura del dodicesimo uomo con gol molto pesanti. Ma anche il giapponese (ora in seconda divisione spagnola, all'Huesca) mise la firma, eccome, sul titolo del 2016: sua, infatti, la rovesciata che piegò il Newcastle di Rafa Benitez in una gara non spettacolare ma vinta, ed era quello che contava per Ranieri, che andò a +5 sul Tottenham a otto giornate dalla fine. Che dire, poi, di Vardy: 36 partite e 24 reti per il bomber e trascinatore delle Foxes, che fino a quattro anni prima giocava tra i dilettanti. Destro, sinistro, colpo di testa: c'è tutto nel repertorio dell'inglese e quello che secondo molti doveva essere un “anno magico” è stato in realtà l'inizio di una notevole carriera tra i grandi. Con 19 centri, Vardy era il capocannoniere della stagione di Premier fermata dalla pandemia e stava guidando il Leicester verso un altro storico piazzamento in Champions League.

L'ALLENATORE: CLAUDIO RANIERI
La mente dietro l'impresa del Leicester è made in Italy: Claudio Ranieri. L'allenatore romano fu straordinario nell'assemblare una squadra tutto sommato buona ma non abituata a stare in cima: lo fece con semplicità, puntando sul gruppo e su un'idea tattica basilare, quella del 4-4-2. Accolto con scetticismo dagli scommettitori dopo la fallimentare esperienza da allenatore della Grecia, al punto che la quota del Leicester campione era di 5000:1 (puntando una sterlina se ne vincevano 5000), “Sir Claudio” divenne il terzo allenatore italiano a vincere la Premier League, dopo Carlo Ancelotti e Roberto Mancini (ci sarebbe poi riuscito anche Antonio Conte). Non bastò a evitare l'esonero nel 2017. Un buon campionato al Nantes e un'esperienza infelice al Fulham, poi il ritorno in Italia: prima la Roma, portata a tre punti dalla qualificazione alla Champions, poi la Sampdoria, trascinata dall'ultimo posto a una (virtuale) salvezza prima dello stop per l'emergenza sanitaria.

GLI ALTRI
Difficile che l'impresa potesse compiersi senza il presidente thailandese Vichai Srivaddhanaprabha, tragicamente morto in un incidente a bordo del suo elicottero il 27 ottobre 2018. Al comando del club c'è ora il figlio Aiyawatt. Più marginali, ma comunque importanti - nel gruppo o in campo - le figure di riserve come il già citato Ulloa (ora al Rayo Vallecano, seconda divisione spagnola), il ritirato portiere Schwarzer oppure i centrocampisti Inler, King e Dyer (rispettivamente a Istanbul Basaksehir, Huddersfield e Swansea) e i difensori Benalouane, De Laet e Wasilewski (ora a Nottingham Forest, Anversa e Wisla Cracovia). Sono rimasti nel club Chilwell, James, Gray e Amartey, mentre Schlupp e Kramaric sono gli unici di questo gruppetto ad aver fatto meglio altrove che al Leicester: il laterale ha realizzato sette reti nell'ultima stagione e mezza con il Crystal Palace, l'attaccante (una meteora in Inghilterra) va regolarmente in doppia cifra in Bundesliga, con la maglia dell'Hoffenheim.

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