l'analisi

La Dea non corre più. Gasperini e le altre incognite in casa Atalanta

Il campionato non esaltante dei bergamaschi pone l'interrogativo sulla necessità di rinnovamento di un gruppo che ha vissuto un miracolo sportivo ma ora pare essersi inceppato

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© Getty Images

Scrivere il finale di una grande storia è il compito più difficile per uno sceneggiatore. A questo assioma non si sottrae la love story calcistica tra Bergamo, Gasperini e l’Atalanta. Il tecnico torinese è riuscito a trasformare il club, infrangendo ogni record dal 1907 a oggi. Mancano i trofei in bacheca, è vero, ma andare a due minuti da una semifinale di Champions o espugnare Anfield, tra gli altri, sono risultati, che, seppur non rappresentati da una coppa metallica, valgono come una vittoria di un campionato, soprattutto per una società come quella neroblù. Ora la Dea veleggia nelle posizioni alte e si è presto abituata al calcio che conta. Nuovo stadio, nuova proprietà americana miliardaria: il retaggio da provinciale è ormai un lontano ricordo, l'impresa è di quelle uniche. La rigidità delle gerarchie della Serie A è stata rivoluzionata e l'Atalanta si è seduta al tavolo di quelli che contano, senza chiedere permesso. Ora però la parabola, come da definizione, ha imboccato la sua parte discendente. Niente di strano, è lo sport, è la vita. Ma, arrivati a questo punto, è lecito porsi qualche domanda. Quali sarà il futuro di questo gruppo, e del suo condottiero, Giampiero Gasperini, il deus ex machina che ha reso il tutto possibile?

Partiamo dal momento esatto della rivoluzione. Primo anno sulla panchina orobica, correva l'anno 2016. La sconfitta interna contro il Palermo fa traballare la panchina di Gasperini, appena arrivato dal Genoa, che decide per il match successivo di dare una possibilità ai più inesperti, un po' per necessità, un po' per punizione, un po' per scommessa. Questi giovani sono Petagna, Conti, Caldara, Gagliardini, Spinazzola e poi anche Bastoni. I risultati sono subito eclatanti, la squadra cresce e si costruisce attorno al suo nucleo freschissimo. Il risultato della stagione è lo storico quarto posto, che significa Europa. Non sarà un risultato isolato, ma l’inizio di un ciclo che ha portato a tre terzi posti consecutivi in campionato e tre avvenuture in Champions (superando due volte su tre i gironi), due Europa League e due finali Coppa Italia. 

"Aggrediamo gli avversari nei primi venti minuti, spesso andiamo in vantaggio e poi con ritmo alto e aggressività cerchiamo di gestire la partita". Questa era la spiegazione di Mister Gasperini, in sintesi, sulla prima Atalanta. Un mix di talento e spregiudicatezza, fondato sull'impeto e sull’atletismo, ottimamente coordinato e organizzato, rendevano la Dea un avversario dannatamente ostico per tutti. "Sfidare l'Atalanta di Gasperini è come andare dal dentista", in questa frase di Guardiola è racchiusa l'essenza del concetto precedentemente espresso.

Ora che il meccanismo perfetto del Mago Gasp sembra aver esaurito, se non le energie, quantomeno l'entusiasmo, ci si interroga se i fasti del passato possano essere solo un ricordo o, come probabilmente nelle intenzioni della nuova società, si debba trovare nuova linfa per riprendere i ritmi delle scorse stagioni. Il dubbio numero uno allora è solo uno: è ancora Gasperini il tecnico di cui l'Atalanta ha bisogno per ripartire?

La situazione non è chiara, soprattutto all'indomani dell'arrivo del fondo Bain Capital del miliardario statunitense Pagliuca, già proprietario dei Boston Celtics. Un indizio sul fatto che la nuova dirigenza, nella quale comunque la famiglia Percassi ha un grande peso, voglia cercare una discontinuità col passato è stato il fatto di aver chiamato Lee Congerton, direttore sportivo del Leicester, ora al comando delle operazioni di mercato dei bergamaschi. Lo stesso benservito che è stato dato al ds Sartori, parte integrante del successo nerazzurro grazie ad acquisti geniali, può essere dato a Gasperini. Questo vorrebbe dire ufficialmente che il ciclo si conclude, e si riapre un nuovo progetto, di più ampio respiro europeo. Le risposte vaghe di società e dello stesso tecnico stanno sempre più aprendo lo spiraglio a questa ipotesi. 

A questo si aggiunge il fatto che tra allenatore e giocatori ci siano dei rapporti non più idilliaci da oramai due anni. Dalla cacciata di capitan Gomez sembra che siano molti i calciatori ai ferri corti con l'allenatore desiderano trasferirsi. Le cessioni di Castagne e dello stesso Gosens hanno sottolineato come gli screzi interni allo spogliatoio fossero una realtà ben consolidata.

Allora viene da chiedersi in questo rinnovamento chi possa continuare l'impero di Giampiero Gasperini, senza mutare troppo l'ossatura e le idee su cui si poggia. Le piste, in Italia portano a due allenatori: Juric e Tudor. Il tecnico granata ha un gioco affine a quello della Dea e ha sempre dichiarato di ispirarsi alla tattica gasperiniana. Le due parti sono state molto vicine in passato, ma i buoni risultati di quest'anno e l'intenzione di Cairo di tenerlo rendono questa pista difficilmente percorribile. Discorso differente per l'allenatore degli scaligeri: giovane e in rampa di lancio, reduce da un stagione entusiasmante a Verona, è di diritto nel club dei migliori tecnici emergenti non solo in Italia, ma in tutta Europa. Anche le sue idee di gioco si sposano alla perfezione e i buoni rapporti societari coi neroblù rendono l'opzione molto più di un'ipotesi. Attenzione poi anche a De Zerbi, di ritorno dallo Shakhtar Donetsk. Giampiero Gasperini avrebbe davanti a lui molte opzioni. In Italia si è parlato di un interesse del Napoli in caso di partenza di Spalletti. La frase pronunciata da Guardiola di qualche riga più su mette in luce come anche in Premier il tecnico torinese abbia molti estimatori.

I giocatori in cerca di nuovi stimoli o in fase calante della carriera, poi, renderebbero il primo mercato della nuova dirigenza molto impegnativo, soprattutto in caso di cambio in panchina. In partenza ci potrebbero essere anche dei senatori: uno su tutti Ilicic. Lo sloveno, complici i problemi personali, è fuori dal gruppo da un parecchio tempo. La magia dei suoi tocchi imprevedibili e illuminanti è quanto di più manca alla squadra. Il suo ritorno al calcio giocato, però, sembra ogni giorno più difficile. Con lui davanti potrebbero salutare anche Pessina, in nettissima flessione in questa stagione, e Miranchuk, che a tutti gli effetti non ha reso all'altezza delle aspettative. Traballano anche Zapata, che ha vissuto una stagione martoriata dagli infortuni, e Muriel. I sostituti alla porta ci sono già: Barak, a maggior ragione se arrivasse Tudor, e Belotti, in uscita a zero dal Toro a cui si potrebbe aggiungere il compagno Brekalo, che tornerà al Wolfsburg dal prestito. Per il centrocampo la situazione è più stabile, anche se un rinforzo è necessario e, dopo a buona partita di ieri, spunta il nome di Ederson della Salernitana. Per la retroguardia sembrano agli sgoccioli le avventure bergamasche di Toloi e Hateboer, sicuri di restare invece Demiral e Palomino. Riornerà Lovato, molto cresciuto, ma sarà necessario un altro rinforzo al centro. Fondamentale inoltre almeno un acquisto di alto profilo sugli esterni. Fiore all'occhiello del fu Gasperini e ora motivo principale della sterilità offensiva bergamasca. 

 

di Niccolò Pescali

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