Al via il settimo tentativo invernale - in stile alpino - del cinquantottenne alpinista bergamasco sull'ottava vetta del pianeta
di Stefano GattiUnfinished business, un lavoro da portare a termine: è una locuzione di rara efficacia della lingua inglese a disegnare la missione alla base dell'ennesimo tentativo di Simone Moro al Manaslu nella stagione invernale. La cifra tecnica del settimo ritorno all'ottava montagna più alta del pianeta dell'alpinista bergamasco- cinquantotto anni da poco compiuti) è significativamente elevata. Simone infatti punta alla prima assoluta invernale del Manaslu - con gli 8163 metri della sua vetta ottava montagna più alta della Terra - in stile alpino (e quindi leggero), vale a dire in un solo slancio dal campo base alla vetta, senza i... ripensamenti (le rotazioni) dell'alpinismo himalayano "classico", funzionali al progressivo acclimatamento, che prevedono l'allestimento progressivo dei campi alti, fissandone uno dopo l'alto con pernottamenti ad alta quota, seguiti da regolari ritorni al campo base della montagna o a quelli più bassi sulla montagna.
Oltre centoventi spedizioni ad altissima quota al suo attivo dal 1992 a questa parte, Simone lascia l'Italia giovedì 27 novembre, così da perfezionare il suddetto acclimatamento nella corso della prima metà di dicembre (formalmente prima dell'avvio della spedizione propriamente detta) con una serie di salite preparatorie su montagne da seimila metri e oltre e potersi preparare già pronto e appunto acclimatato al campo base del Manaslu domenica 21 dicembre, timing che coincide con l'inizio dell'inverno astronomico (solstizio d'inverno) che da sempre il "nostro" ritiene quello corretto e da preferire all'inverno meteorologico che scatta invece il primo giorno di dicembre e tradizionalmente favorisce salite invernali... anticipate grazie a condizioni meteo molto più agevoli. Insieme a Simone, a formare una cordata solitaria verso... l'ottava meraviglia alpinistica del pianeta, ci sarà il giovanissimo e promettente alpinista nepalese Nima Rinji Sherpa, che a soli diciannove anni ha già salito tutti i quattordici Ottomila della Terra e punta ora - con Simone nel ruolo di mentore d'altissima quota - a fare il decisivo salto di qualità rivoluzionando le modalità d'azione in termini di periodo dell'anno e di aiuti esterni, facendo a meno di ossigeno supplementare, supporto degli sherpa e corde fisse già predisposte sulla montagna. Prima di prendere il volo per Kathmandu, Simone (che ha già al suo attivo quattro invernali sugli ottomila-nessuno come lui) ha incontrato la stampa specializzata nella sede milanese di Garmin Italia (suo sostenitore da ormai più di un quarto di secolo), rilasciandoci questa intervista.
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SPORTMEDIASET: Simone, ad inizio conferenza stampa ha detto che il Manaslu per te non è un'ossessione. Come lo definiresti invece?
SIMONE: Direi una forma di perseveranza, anzi di consapevole perseveranza nel rifiutarmi di pensare che sia impossibile salire un ottomila in stile alpino nella stagione più fredda dell'anno. E torno ancora una volta al Manaslu perché è la montagna... giusta per realizzare qualcosa di significativo in Nepal. Prima di tutto perché non ne ho mai raggiunto la vetta e mi solletica molto l'idea di salire per la prima volta una montagna in una modalità nuova. Avrei potuto scegliere di tentare la prima ascensione invernale in stile alpino su una montagna che conosco meglio, però ritengo che il Manaslu abbia qualcosa di particolare. Tecnicamente non è poi così difficile ma lo rendono tale le diverse variabili ambientali che la sua salita comporta e che mi hanno costretto per ben sei volte a tornare indietro, senza mai esser riuscito ad andare oltre i 6500 metri. Farcela questa volta rappresenterebbe un unicum: si tratta forse dell'ultima grande avventura nella storia dell'alpinismo sugli ottomila.
SPORTMEDIASET: Pensi che le tue possibilità di riuscita siano più legate ad un tuo approccio diverso rispetto ai tuoi sei tentativi precedenti o a fattori esterni?
SIMONE: Senza ombra di dubbio all'ambiente esterno! Prima di tutto il famigerato crepaccio che si trova nella parte iniziale della via di salita e che spero non sia troppo largo nella sua apertura (a volte diverse decine di metri) e mi permetta quindi di trovare la via di attraversarlo. Poi tutta la prima parete dell'itinerario, che è parecchio "slopy" (inclinata) e favorisce il distacco delle valanghe. D'altra parte lo stile alpino ti rimette di colpo a nudo perché tornano a essere passaggi invalicabili tutti quelli che nell'alpinismo moderno degli ottomila di fatto non lo sono più. Un crepaccio non rappresenta più un problema se metto giù una, sue, tre, dieci scale. Un passaggio verticale si addolcisce se ci posiziono le corde fisse. Nello stile alpino devi mettere in campo l'arte di sopravvivere e di trovare il cammino. Per finire ci sono le nevicate, che statisticamente risparmiano l'Himalaya ad inizio dicembre ma cadono abbondanti proprio all'inizio dell'inverno astronomico. Se ho la fortuna di trovare un meteo favorevole e il famigerato crepaccio iniziale non fa così paura... beh allora non dico che è fatta ma quasi!
SPORTMEDIASET: Hai detto che ti piacerebbe "infiocchettare" la salita della vetta principale con quella del vicino Manaslu Pinnacle, la cima est del massiccio, che per soli otto metri "manca" la fatidica quota ottomila.
SIMONE: Lo vedo sempre lì vicino, il Pinnacle... Non posso pensare che da quarant'anni nessuno ne abbia più toccato la vetta. Se arrivo in vetta al Manaslu (rispetto al quale il Pinnacle è tecnicamente più difficile) e le condizioni sono buone, beh allora voglio lasciarmi una porta aperta per tentare di traversare fino alla sua cima. Anche perché poi mi ricongiungerei rapidamente con la via normale, quindi non dovrei stravolgere più di tanto il mio itinerario.
SPORTMEDIASET: Al Manaslu non sarai solo. Chi farà cordata con te questa volta?
SIMONE: Nima Rinji, un ragazzo nepalese di diciannove anni che ha già salito tutti gli ottomila con ossigeno, sherpa e corde fisse ma ha accettato la mia proposta di provare a diventare un alpinista professionista a livello di difficoltà e di etica. Abbandonando quindi ossigeno, sherpa e corde fisse. Ne ha la possibilità anche economica, essendo figlio del titolare di una delle maggiori agenzie di trekking del suo Paese. Suo padre ci ha dato il benestare, Nima stesso ha acconsentito. Io metto a disposizione la mia esperienza: mi piacerebbe che con lui nascesse una generazione di alpinisti nepalesi... duri e puri.
SPORTMEDIASET: A proposito di nuove generazioni e - più ad ampio raggio - di colleghi insieme ai quali ti piacerebbe scalare, puoi farci qualche nome?
SIMONE: Dico subito - e non da oggi - Simon Gietl e Simon Messner (il figlio di Reinhold, ndr) che curiosamente si chiamano come me. Poi François Cazzanelli e Matteo Della Bordella, anche se quest'ultimo è attualmente dedito ad una forma di alpinismo un po' diversa dalla mia.
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SPORTMEDIASET: È corretto dire che i dispositivi che porti con te al polso e in tasca rappresentano il... terzo compagno di cordata?
SIMONE: Assolutamente sì! Io so che se dovessi rimanere bloccato dal whiteout o dall'oscurità, questi dispositivi mi permettono di ritrovare il percorso o casomai inviare ai soccorsi la mia posizione nel caso fossi in condizioni estreme, come una frattura o uno stato di esaurimento delle forze fisiche e mentali. Da questo punto di vista mi impegno al massimo per non aggiungere difficoltà a difficoltà oppure fattori di rischio a quelli che queste spedizioni di base già comportano.
SPORTMEDIASET: Qual è il tuo piano di azione, almeno per le sue fasi iniziali?
SIMONE: Parto giovedì 27 novembre dallo scalo milanese di Malpensa. Mi fermerò un giorno, due al massimo a Kathmandu. Voglio dare subito inizio all'acclimatamento. Penso di farlo su qualche cima di seimila-seimilacinquecento metri. Con Nima avevamo inizialmente previsto di salire anche un settemila. Sarebbe stato l'ideale ma le forti nevicate recenti hanno complicato la logistica specifica, anche a livello economico. Quindi abbiamo cambiato i nostri piani. Voglio arrivare al campo base del Manaslu domenica 21 dicembre, al via dell'inverno astronomico. Se il meteo ci assiste partiremo subito: il giorno stesso o al più tardi martedì 22.
SPORTMEDIASET: Per finire, parlando del tuo settimo tentativo al Manaslu hai dato un'interessante definizione di fallimento.
SIMONE: Sì, secondo me è il fallimento è la posticipazione del successo: come quando dopo un mese confinato dal maltempo dentro una tendina la lasci e - invece di girare gli scarponi e tornare a casa - ti metti in marcia verso la vetta.
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