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ALPINISMO

Confortola: "K2, Everest e Cho Oyu le perle della mia collana degli ottomila"

Himalaismo, cambiamento climatico e coscienza ambientale nella nostra intervista all'alpinista valtellinese appena rientrato in Italia  

di Stefano Gatti
04 Ago 2025 - 15:02
 © Archivio fotografico Marco Confortola

© Archivio fotografico Marco Confortola

Missione compiuta e ritorno al... campo base! Marco Confortola ha completato la collezione dei quattordici ottomila della Terra ed è tornato nella sua comfort zone alpina. Il cinquantaquattrenne alpinista, elisoccorritore e formatore di Valfurva (Alta Valtellina, provincia di Sondrio) domenica 20 luglio scorso ha raggiunto gli 8080 metri della vetta del Gasherbrum I (al confine tra Pakistan e Cina), mettendo un punto alla raccolta delle quattordici montagne del pianeta che svettano oltre gli ottomila metri di quota: tutte in Asia, nella catena dell'Himalaya e in quella del Karakorum. Un traguardo al quale Marco, sopravvissuto diciassette anni fa (con amputazioni alle dita dei piedi) al cosiddetto "disastro del K2", poche ore dopo aver raggiunto la vetta della seconda montagna più alta del pianeta, ha dedicato oltre due decenni della sua vita. Lo abbiamo incontrato al suo rientro in Italia dal Pakistan, per una conversazione che ha spaziato ben al di là di una collezione ancora parecchio esclusiva, completata per primo da Reinhold Messner trentanove anni fa e oggi accreditata ad una cinquantina di essere umani. 

© Archivio fotografico Marco Confortola

© Archivio fotografico Marco Confortola

SPORTMEDIASET: Marco, come ci si sente al rientro a casa dopo tante settimane ad alta, anzi altissima quota?

MARCO: Sto bene, ancora meglio adesso che sono tornato, viva l'Italia! Quando torni da un ottomila... è tutto in discesa, anche se ti facessero volare sull'ala appeso fuori è tutto discesa, tutto bello.

SPORTMEDIASET: Per entrare nel vivo della nostra conversazione, il completamento della collezione dei quattordici ottomila è un voltapagina della tua carriera o magari anche della tua vita?

MARCO: Fondamentalmente è il raggiungimento di un grande obiettivo, mi sono impegnato per ventuno anni in questa grande avventura. Un obiettivo però che abbiamo raggiunto tutti insieme. Tutti noi, tutte le persone che mi hanno permesso di riuscirci: gli amici sponsor che ci sono sempre stati, e non è semplice, poi i clienti, chi ha fatto il tifo per me, tutti coloro che hanno collaborato alla mia riuscita. Prima di tutto però la persona che mi è più vicina: mia moglie, che è anche il mio manager e mi segue in tutto, nel bene e nel male, mi sostiene e mi sopporta. Quindi Silvia, di sicuro.

© Archivio fotografico Marco Confortola

© Archivio fotografico Marco Confortola

SPORTMEDIASET: Dei "tuoi" quattordici ottomila, visto che stiamo parlando di... numeri, me ne puoi nominare uno più bello degli altri o che risalta in modo particolare? Anzi, già che ci siamo, mi puoi fare il tuo "podio"?

MARCO: Ogni ottomila ha la sua storia. Di sicuro metto il K2, la montagna degli italiani, di conseguenza la nostra montagna. Poi perché è la montagna che mi ha lasciato la vita, perché quella notte del 2008 sono morte undici persone. Mi ha ridato la vita, mi ha lasciato tornare a casa vivo e poi ha cambiato la mia vita. Dopo il K2 ho iniziato a scrivere, ho scritto cinque libri, a fare formazione aziendale e ho rivalutato completamente le mie priorità. Se prima del K2 2008 consideravo la vita un grande dono, "dopo" è diventata ancora più importante. Poi il Cho Oyu perché a livello atletico e sportivo è un ottomila che ho salito in giornata: dal campo base alla vetta e ritorno nello stesso giorno. Dal punto di vista atletico una performance molto importante. Infine l'Everest perché nel 2004 è stato il mio primo ottomila.

© Archivio fotografico Marco Confortola

© Archivio fotografico Marco Confortola

SPORTMEDIASET: C'è stato un momento particolarmente critico in tutti questi ultimi ventuno anni sugli ottomila, al di là del K2?

MARCO: Beh, direi il Gasherbrum I, l'ultimo, perché le condizioni meteo non sono state favorevoli e ci hanno obbligato a stringere i denti per riuscire a portare a casa il risultato. In cima ho pianto come un bambino, di un pianto liberatorio proprio. Ventuno anni di sacrifici: a questa avventura ho sacrificato famiglia, lavoro, amicizie. Non è stato facile. Purtroppo lungo questo arco di tempo ho dovuto prendere atto di come il mondo stia cambiando. A livello di società stiamo andando verso un mondo nel quale la cattiveria delle persone sta degenerando. Stiamo andando nella direzione sbagliata. Prendi le guerre: Russia e Ucraina, Israele e Hamas. Stiamo veramente esagerando. Anche sugli ottomila, Pakistan e India. Sta cambiando tutto, a livello mondiale, e in peggio. Ci stiamo dimenticando che il dono più grande è la vita e non sorridiamo più. Pochi lo fanno e questo non va bene.

© Archivio fotografico Marco Confortola

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SPORTMEDIASET: Tornando all'alpinismo, a proposito di evoluzione o piuttosto di involuzione, qual è la qualità del rapporto tra alpinismo una volta si sarebbe detto di punta e "turismo d'alta quota", spedizioni commerciali? Sono due mondi che comunicano?

MARCO: Sicuramente sì. Come nella società di tutti i giorni serve rispetto e questo tra le spedizioni commerciali e quelle diciamo "senza ossigeno" oggi esiste. Una cosa positiva che ho notato negli ultimi due decenni abbondanti è l'aumento dell'attenzione per l'ambiente. Ventuno anni fa nei campi base c'era molta più sporcizia, oggi siamo molto più attenti. Ti assicuro che vedere un campo base lasciato in ordine come quando lo si era trovato al proprio arrivo è molto, molto piacevole.

© Archivio fotografico Marco Confortola

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SPORTMEDIASET: Cosa hai osservato invece in questi ultimi ventuno anno in tema di cambiamento climatico?

MARCO: Proprio quest'anno salendo verso i campi alti ho notato che il riscaldamento sta rendendo i ghiacciai molto più difficoltosi da attraversare. Il ghiaccio si trasforma e fonde e questo è un fenomeno globalizzato. Il Ghiacciaio del Baltoro, quello che porta al campo base del K2 e dei Gasherbrum, ha uno sviluppo credo di più di settanta chilometri. Beh, se ne sta andando. Questo è un campanello d'allarme che non si può sottostimare perché - anche se io non sono uno scienziato - si tratta di un fenomeno che riguarda l'intero pianeta, anche le nostre Alpi. Io prendo sempre come riferimento il Gran Zebrù perché io vi ho aperto ventitré anni fa una via che evitasse i punti più a rischio di incidenti. Logicamente questo cambiamento è dovuto al riscaldamento globale ma anche all'inquinamento. Penso sia necessario trovare delle soluzioni per poter continuare a frequentare la montagna. I ghiacciai se ne vanno ma gli alpinisti e le Guide Alpine Internazionali come me hanno il compito di trovare delle soluzioni per poter continuare a vivere la montagna nella sua bellezza e soprattutto per poterlo fare in sicurezza.

© Archivio fotografico Marco Confortola

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SPORTMEDIASET: Lo scioglimento dei ghiacciai rende le montagne - semplificando al massimo - più "facili" da salire o più instabili?

MARCO: Le montagne diventano diciamo così più instabili perché sei secoli fa il ghiaccio bloccava i sassi in parete, ora invece il suo scioglimento permette ai sassi di muoversi e di rotolare verso il basso, creando problemi di sicurezza. La deglaciazione complica le cose: la montagna diventa molto più pericolosa, bisogna essere molto più attenti. Non solo: a cambiare è anche il clima in generale. Il 20 luglio scorso in cima al Gasherbrum I avevo alle mani dei guanti leggeri. Significa che quel giorno a 8080 metri di quota non faceva particolarmente freddo e questo è un altro campanello d'allarme. Al tempo stesso, sono convinto che il fenomeno non sia dovuto esclusivamente all'inquinamento. Il pianeta è mutato nel tempo. Certo, le attività umane stanno accelerando il cambiamento ma non ne sono le sole responsabili. Un milione di anni fa la Valfurva, la mia valle, era interamente colmata dal ghiaccio: adesso ci sono i prati. E un milione di anni fa non c'era l'inquinamento! È questione di ragionamento e di logica: basta osservare e leggere, informarsi. Nel mio ultimo libro racconto che - sempre in Valfurva - sono state trovate incisioni rupestri a tremilatrecento metri di quota. Significa che quei luoghi erano liberi dal ghiaccio. Poi le glaciazioni hanno a più riprese ricoperto la roccia, per poi scoprirla di nuovo, ritirandosi. Questo fa capire come il pianeta sia cambiato più volte. Dobbiamo limitare l'impatto delle attività umane sul clima, e questo è un dato di fatto ma - secondo me - attenzione a non esagerare nell'attribuire tutto questo all'inquinamento: è la storia del nostra pianeta che tende a ripetersi.

© Archivio fotografico Marco Confortola

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SPORTMEDIASET: Quindi oltre a cercare di ridurre l'inquinamento la responsabilità dell'uomo è quella di adattarsi?

MARCO: Di sapersi adattare e di avere rispetto dell'ambiente. A casa nostra lo facciamo già. In Italia siamo... più o meno molto attenti, in altre parti del mondo molto meno. Pensiamo al Pakistan: il bambino che scarta una caramella e getta la carta per terra laggiù è normale. Ti faccio un esempio: tornando dal trekking avevo nello zaino una ventina di caramelle che producono qui a Bormio. Raggiungo un gruppo di bambini e ne offro ad ognuno di loro dicendo di spezzarle in due perché non ne avevo abbastanza per tutti. Loro lo fanno ma poi buttano la carta per terra. Io li ho rimproverati. Tocca a noi, dall'alto della nostra consapevolezza, insegnare la cultura del rispetto dell'ambiente a chi ancora non le attribuisce la giusta importanza. In fondo neanche da noi solo qualche decina di anni fa esisteva la raccolta differenziata. È un normale processo evolutivo.

© Archivio fotografico Marco Confortola

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SPORTMEDIASET: Per chiudere la nostra conversazione, come riparte ora la tua vita quotidiana e quali sono i tuoi prossimi progetti sulle montagne?

MARCO: Fondamentalmente riprendo subito la mia professione di Guida Alpina. Ho già dei gli appuntamenti con i miei clienti e amici per accompagnarli sulle montagne di casa: Gran Zebrù, Ortles e Cevedale. Continuerò a fare l'elisoccorritore perché è un mestiere che mi piace parecchio e che è molto importante: quando lo fai come si deve puoi salvare delle vite umane e questo dà una soddisfazione enorme. Io faccio parte della base di soccorso di Sondrio: siamo un gruppo che lavora per trarre in salvo le persone. Non facciamo solo interventi in montagna, ci occupiamo anche di incidenti stradali e di trasferimenti. Continuerò anche a fare formazione aziendale, è un'attività che amo: comunicazione, il team e il problem solving nel mio mondo sono concetti fondamentali. Trasmettere la mia esperienza - vuoi di guida alpina, vuoi di soccorritore, vuoi di himalaista - alle aziende è molto appagante. Inoltre sono alle fasi finali della realizzazione di un libro fotografico - io amo la fotografia - che dovrebbe uscire per le prossime festività natalizie. Ho iniziato a lavorarci prima di partire per l'ultima spedizione. A parte tutto questo, voglio continuare la mia vita normale: quella di sempre, tranquillamente. Non cambia nulla

© Archivio fotografico Marco Confortola

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