Caso Russia, Schwazer: "Lo sapevo"

Il marciatore azzurro ribadisce le accuse fatte tempo fa

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Dopo le rivelazioni shock sugli atleti russi, anche Alex Schwazer è tornato a raccontare quello che da tempo andava dicendo, e non solo per giustificarsi. "Dal 2011 ebbi la certezza che i marciatori russi erano dopati. Ma lo sospettavo già dal 2008. Il mio errore non si giustifica, ma ho detto agli investigatori antidoping russi quel che sapevo sui loro atleti", ha detto il marciatore azzurro squalificato per Epo.

"Ho fatto precisi riferimenti nelle dichiarazioni rese alla Procura della Repubblica di Bolzano fin dall'agosto 2012 e poi confermate davanti alla Procura antidoping del Coni. Circa due mesi fa, l'Agenzia antidoping russa sulla base degli atti trasmessi alla stessa dalla Procura antidoping del Coni, ha inviato all'avvocato Gerhard Brandstatter (che mi assiste legalmente) una richiesta di collaborazione nell'indagine da loro aperta, invitandomi a rispondere ad una serie di domande che riguardavano i contenuti di un colloquio che avevo avuto con i marciatori della squadra nazionale russa. Ho fornito la mia collaborazione rispondendo con tutta la completezza possibile ai loro interrogativi ed indicando, quindi, i nomi degli atleti che avevano parlato con me e le ammissioni di doping che mi avevano dettagliatamente esternato", ho aggiunto.

"Già nel 2008 - ha proseguito Schwazer -, dopo la mia vittoria olimpica, in alcune interviste avevo fatto riferimento ai sospetti di doping che avevo maturato nei confronti di alcuni miei avversari russi. Poi nel 2011, dopo continui casi di doping che avevano coinvolto i marciatori di questo Paese, ho avuto ai Campionati Mondiali di Daeku la certezza del doping del gruppo guidato dall'allenatore Victor Chegin, per loro stessa ammissione. Questo non giustifica il grave errore che ho commesso ricorrendo anch'io al doping, per cui questa dichiarazione va solo intesa come una precisazione di ciò che è realmente avvenuto e che i fatti di oggi stanno, completamente e tristemente, confermando".

Intanto, il procuratore di Bolzano, Guido Rispoli, ha confermato che il materiale che ha permesso alla Wada di realizzare l'indagine sul "doping di Stato" in Russia è partito proprio dalla Procura che si è occupata del caso Schwazer. "Non posso dire che la lista è quella. Tendo a ritenere di sì perché ci rendemmo conto subito che erano documenti importanti per i quali noi non avevamo competenza territoriale. Il materiale è stato trasmesso alla Wada, se poi il materiale sia esattamente quello bisogna chiederlo alla Wada, ma credo di sì. Nell'ambito della nostra indagine su Schwazer furono svolte diverse perquisizioni e nell'ambito delle attività di indagine fu sequestrato anche un database che conteneva tutta una serie di informazioni che abbiamo acquisito agli atti e che è stato acquisito dalla Wada. Nel nostro procedimento la Wada è persona offesa, costituita regolarmente e ha svolto anche attività di consulenza e ha potuto prendere conoscenza e vedere questo materiale che poi è stato valorizzato nel modo che anche io apprendo dalla stampa", ha detto.

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