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Volley, Velasco: "Mi arrabbio se mi dipingono come un guru: sono un allenatore"

Il tecnico dell'Italvolley femminile reduce dal successo mondiale: "All'Inter non ho capito cosa volesse Moratti da me: mi pagò per non lavorare"

11 Set 2025 - 09:51

Julio Velasco, reduce dal grande successo mondiale con l'Italvolley femminile, mette i puntini sulle i riguardo la propria figura: "Quando mi dipingono come una specie di guru mi rompo i c... di quel me stesso. Tante frasi che mi hanno attribuito non le ho mai pronunciate, c'è addirittura chi è convinto che io sia l'auto del libro Il codice Velasco, invece non ne so nulla. Io sono semplicemente un allenatore di pallavolo, questo è ciò che so fare". E spiega anche in che modo: "Sono pragmatico, non ideologico: insistere su un’idea anche quando non funziona è sbagliato. Andando oltre idee, metodo e tattica penso che la parte più importante sia l’adattamento ai gruppi e al momento"

Il tecnico argentino parla così al Corriere dello Sport: "Se la persona diventa personaggio e finisce per crederci allora arriva il declino. Se ci si sofferma sul personaggio si perde di vista il senso dell'impresa e dello sport. Bisogna giudicare la squadra, l'atteggiamento e le mie ragazze non hanno mai mollato". E quindi si torna ai concetti spiegati all'Italia durante il Mondiale: "Ho spiegato alle ragazze che l'oro di Parigi (alle Olimpiadi, ndr) era stato un'eccezione, non la regola. Basta un attimo per trasformare un punteggio da positivo a negativo e viceversa. Io dico sempre di guardare a Vasco Rossi: tecnicamente non è il miglior cantante ma trasmette qualcosa di forte e comprensibile, per questo arriva a tutte le generazioni".

Ora Velasco vorrebbe "sparire per un po', mi chiamano in tv ma voglio evitare la sovraesposizione di rompere i c... alla gente. Oggi qualsiasi cosa tu faccia finisce sui social e sei ovunque". Infine il ricordo dell'esperienza, breve, nel calcio: "Prima, alla Lazio, Cragnotti scelse me e Zoff forse perché eravamo figure pulite e spendibili ma poi mi resi conto dei problemi e rinunciai a quattro anni di contratto. All'Inter c'era confusione e poco dopo l'esonero di Lippi salutai, non ho mai capito cosa volesse Moratti da me e continuò a pagarmi per non lavorare".

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