TENNIS

Sinner commenta il caso scommesse: "Non conosco l'ambiente del calcio, ma non ho tempo per annoiarmi"

Il 22enne di Sesto Pusteria si è confessato alla vigilia delle Atp Finals raccontando abitudini e passioni 

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"Gli ambienti del tennis e del calcio sono diversi. Il secondo non lo conosco, così come non so nemmeno cosa sia la noia. E se proprio mi annoio, mi costringo a prendere in mano un libro: non voglio stare troppo sul cellulare". È questo il passatempo di Jannik Sinner che si prepara alle Atp Finals sfruttando al meglio il proprio tempo libero. Imbeccato sullo scandalo scommesse che ha coinvolto Nicolò Fagioli e Sandro Tonali, il tennista altoatesino ha risposto con un consiglio di lettura. 

"Questa è la vita che sognavo da bambino, la proteggo - ha spiegato l'azzurro in una lunga intervista rilasciata al settimanale Sette -. Ho in valigia La cena , un thriller: due coppie si ritrovano il 31 dicembre, e succede un casino. Vediamo se arrivo in fondo...".  Dopotutto il tennis è una questione di vita per Sinner che ha lasciato la propria famiglia quando era soltanto un ragazzino per intraprendere una carriera che gli ha regalato molto, ma che gli ha impedito di affrontare uno dei più grandi campioni come lo svizzero Roger Federer.

"Ho avuto fortuna nella vita, però Federer mi manca. Lo accetto, fa parte del gioco. Le partite ufficiali non sono più possibili, magari nel futuro ci affronteremo in esibizione. Però non farei cambio: sono contento di essere un tennista di questo tempo, la nuova generazione offre stili, caratteri, personalità diverse - ha raccontato il 22enne di Sesto Pusteria -. Per il tennis sono andato via di casa a 13 anni. Mi dà emozioni positive e negative, gioie e dolori. Mi dà tutto. Respingo il concetto di essere un’azienda: il mio pensiero non è il fatturato, non sono mai i soldi. Se lo fossero giocherei sempre, accetterei le esibizioni, non prenderei pause. A me al contrario interessa alimentarmi bene, dormire le ore giuste, mangiare a casa ogni volta che posso, farmi trovare in campo pronto la mattina dopo. Pronto a migliorare. Se non gioco il Master 1000 di Madrid o il girone di Davis, e capisco che i tifosi magari ci rimangono male, è perché sono a Montecarlo che mi spacco di lavoro. Il mio obiettivo non è fare soldi: è diventare la migliore versione di me possibile. Numero uno del mondo? Boh, vedremo. Magari n.4 è il mio limite. Desidero scoprirlo. E per farlo devo dire di no a qualcosa, sennò la stagione diventa interminabile. Quest’anno chiuderò con 22 tornei giocati: meno gare, più blocchi di lavoro. Dicono: Jannik è diventato più muscoloso. Eh, certo... Anziché andare in giro mi sono chiuso in palestra. Solo così si cresce, secondo me". 

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Come molti fuoriclasse del mondo dello sport, Sinner è un atleta che chiede molto a sè stesso e punta sempre a offrire il massimo, anche se qualche volta c'è l'occasione di vederlo passare oltre dopo un'eventuale sconfitta o un errore evitabile: "Dopo l’allenamento mi chiedo: ho fatto abbastanza? Potevo sforzarmi di più? È il mio lavoro, ci tengo. C’è chi pensa di lavorare troppo, io penso sempre di non aver lavorato a sufficienza. La mia mentalità è questa. Anche quando arrivo a sera schiantato dalla stanchezza, mi interrogo - ha confessato il campione tricolore -. Ho i miei tempi. Con Alcaraz a New York, quando ho sprecato il match point, sono andato avanti a pensarci un po’. Ma non sono uno che si porta dietro le cose per giorni. Con Shelton a Shangai ho perso alle dieci di sera, c’era un volo per l’Europa all’una e mezza, ho detto: prendiamolo. In aereo già scherzavo con il team: pensa te, ho sbagliato il rovescio sul 4-3, era palla break... E ci siamo messi a ridere. Voglio capire, non voglio vivere di rimpianti".

Nonostante la notorietà raggiunta e la decisione di trasferirsi a Montecarlo per potersi allenare all'aperto nel corso di tutto l'anno, Sinner è sempre rimasto legato alle proprie origini e alla propria famiglia che all'inizio l'avrebbe visto più come sciatore come accade per molti ragazzi dell'Alto Adige, ma che non l'ha sempre sostenuto nella passione per il tennis. Un rapporto particolarmente forte, in particolare con il nonno che è scomparso all'inizio del 2023.

"Quando è mancato il nonno, a gennaio, ero in volo di ritorno dall’Australia. Sono atterrato a Milano alle 6, il nonno era morto alle 4. Ho trovato il mio babbo in aeroporto: è stato zitto ma ho visto subito che c’era qualcosa che non andava. Me l’ha detto per strada, e mi sono trattenuto. Questo non lo sanno nemmeno i miei genitori: poi, da solo, in cameretta, qualche lacrima è scesa. È normale - ha raccontato il bolzanino -. Ho una famiglia normale, nel senso che ognuno fa il suo lavoro. Il babbo si svegliava alle 7 di mattina, non si sapeva mai a che ora sarebbe tornato, faceva lo chef nel rifugio: il ristorante non ha orari. La mamma aiutava i nonni a pulire gli appartamenti, poi faceva la cameriera. Quando io tornavo da scuola, il miei non c’erano. Andavo dai nonni, Josef e Maria, a pranzo e a fare i compiti. Mark, mio fratello, è la persona più onesta e vera che io conosca. Quando sono in difficoltà, mi rivolgo a lui. E non ha importanza se non lo sento da giorni, magari parlo più con gli amici che con Mark, però lui mi conosce, e ha sempre la parola giusta. Abbiamo diviso la cameretta, siamo cresciuti insieme. Gli amici più cari sono quelli della scuola, non quelli che si avvicinano ora che sono un top player. A loro se vinco o perdo non gliene frega niente. Mi telefonano e la prima domanda è: come stai? È una cosa che mi tiene ancorato, che mi dà forza. Quando chiamo i miei, nemmeno rispondono se sono presi. Sto parlando di vita vera: la mia pressione è niente in confronto a quella di un chirurgo, di un capofamiglia che deve mettere in tavola la cena. Questa è pressione: non sapere si ti entra un razzo in casa tra cinque ore o cinque giorni. Giocare a tennis è una cosa di cui sentirsi onorati. Mi rende felice ma è giusto avere dubbi".

In conclusione Sinner si preparerà ora ad affrontare la sfida di Torino con avversari come Nole Djokovic e Stefanos Tsitsipas che non è mai riuscito a superare nel corso della propria carriera, ma che dovrà vincere per poter sperare di conquistare il titolo davanti al suo pubblico: "A livello di risultati, il migliore che questo sport abbia mai avuto. Io spero di incontrarlo prima possibile, già nel girone, sono le partite importanti per la crescita, quelle per cui dico: vinco o imparo. Djokovic mi dirà dove sono. Io mi ci sono sentito più vicino quest’anno in semifinale a Wimbledon, pur perdendo in tre set, che l’anno scorso nei quarti, quando avevamo lottato per cinque. Non vedo l’ora. Sono le partite per cui mi alleno tutti i giorni, quelle che mi caricano di pressione". 

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