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L'ex discesista azzurro dopo la morte di Matteo Franzoso: "L'allenamento in Cile è il più importante della preparazione estiva"
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"La discesa libera è un mestiere pericoloso e non si può pensare che vada sempre tutto bene. Ma bisogna fare qualcosa come in F1 sul fronte della sicurezza": Kristian Ghedina, ex discesista azzurro, parla così dopo la morte di Matteo Franzoso, vittima di un incidente in allenamento in Cile.
"È un lavoro duro e impegnativo preparare una pista con reti di protezione. L'allenamento in Cile è il più importante della preparazione estiva, qui da noi i ghiacciai non ci sono più. I discesisti per abituarsi alla velocità e ai salti devono andare nell'emisfero sud. Cosa si può fare? Aumentare gli spazi di fuga e migliorare le reti di protezione, questo è necessario. E poi si potrebbe tornare indietro, fare ad esempio dei materiali che non ti permettano più di creare velocità in curva. Oggi quando fai forza sterzante e sei in grado di sopportare la forza centrifuga prendi velocità e diventi una fionda. Ci sono stati lo scorso anno tante cadute e infortuni anche nelle discipline tecniche. Mi dicono che la Fis sta discutendo con alcune aziende per trovare situazioni per le quali gli atleti non abbiano più queste accelerazioni in curva. Io però ad esempio come atleta non tornerei indietro, anche se l'infortunio è dietro le porte" ha aggiunto intervistato da Lapresse.
"Se facessi ancora discesa libera oggi, confesso che non vorrei mai che i nuovi sci venissero cambiati, danno l'adrenalina della velocità: ma la verità è che sono troppo veloci, specie in curva. Ed è ora di cambiarli. Impattare un muro o un albero può essere mortale a 40-50 all'ora. In allenamento andiamo anche a 120: eliminare del tutto il rischio non è possibile, ma bisogna fare qualcosa" ha aggiunto all'Ansa.