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Rossi, Schumacher e Loeb: i ritorni più o meno vincenti dei "cannibali" del Motorsport

Mettiamo a confronto incidente e tempi di recupero di Marc Marquez con quelli di altri "invincibili" delle due e delle quattro ruote di oggi e di ieri

di Stefano Gatti
23 Ago 2020 - 10:41

Ancora due o tre mesi lontano dalle gare per Marc Marquez ed a questo punto campo libero Dovizioso, Quartararo, Vinales e per gli altri pretendenti ad un titolo che – in un certo senso –  l'otto volte campione del mondo della Honda lascia… vacante. A meno che Marc non sorprenda tutti, come è già successo in passato con altri assi del manubrio e del volante:  Michael Schumacher, Sebastien Loeb e... Valentino Rossi.

Nel suo recupero dall’infortunio all’omero del braccio destro fratturato lo scorso 19 luglio al GP di Spagna, Marc Marquez può ispirarsi ad alcuni precedenti illustri. Perché anche gli “invincibili” sono a volte costretti a fermarsi, ma la voglia di tornare a vincere prevale sempre su dolore, contrarietà ed a volte sul destino. Dipende anche dal momento della carriera in cui il meccanismo vincente si inceppa.

Marquez resta… fermo ai box (per due o tre mesi, al momento) dopo aver conquistato appunto otto titoli iridati: uno in 125 nel 2010, uno in Moto2 nel 2012 e poi sei negli ultimi setti anni in MotoGP. Otto, uno in meno di Valentino Rossi che i suoi nove li aveva già conquistati tutti quando, nelle prove del Gp d’Italia del 2010 al Mugello, fu vittima di una caduta che gli costò la frattura esposta di tibia e perone della gamba destra. Era il 5 giugno. Valentino recuperò a tempo record, tornando in pista venerdì 16 luglio, nella prima giornata di prove del GP di Germania al Sachsenring che chiuse poi quarto, ai piedi del podio. Saltò tre soli GP ma, nonostante un finale di stagione in crescendo, non riuscì a contrastare la corsa di Jorge Lorenzo verso il titolo.

Se l’incidente del Mugello ha di fatto chiuso la stagione vincente di Valentino (almeno a livello di titoli iridati), diversamente sono andate le cose per altri due “cannibali” (sulle quattro ruote però) come Sebastien Loeb e Michael Schumacher. L’alsaziano ed il ferrarista sono stati colpiti dalla malasorte in una fase della loro carriera già molto brillante ma ben prima di raggiungere lo status di campioni assoluti dei rispettivi campi d’azione.

Loeb si fratturò l’omero del braccio destro alla fine di settembre del 2006 facendo “downhill” in allenamento con la mountain bike e chiuse lì la sua stagione con la Citroen Xsara semiufficiale del team belga Kronos. Saltò le ultime quattro prove iridate ma il vantaggio accumulato nei primi dodici appuntamenti (otto dei quali vinti) era tale che nessuno riuscì a spodestarlo dal vertice della classifica generale. Loeb si aggiudicò così il terzo dei suoi nove titoli consecutivi.

Ne aveva vinti “solo” due, di titoli di campione del mondo, Michael Schumacher, quando la sua Ferrari tirò dritta (per un problemi ai freni) contro le barriere di Stowe al primo giro del Gp d’Inghilterra a Silverstone. Frattura della gamba destra e stop per sei gare. Michael tornò ai GP in Malesia, tre mesi dopo l’incidente di Silverstone, anche per dare una mano a Eddie Irvine nella sfida iridata con Mika Hakkinen. Si piazzò secondo sia a Sepang (alle spalle dello stesso Irvine), sia a Suzuka, dietro ad Hakkinen che vinse il titolo, con la Ferrari campione del mondo Costruttori dopo un digiuno di sedici anni. Come detto, all’epoca Michael era stato due volte campione del mondo con la Benetton ed era già alla sua quarta stagione in Ferrari. L’anno dopo, nel 2000, avrebbe avuto inizio la sua straordinaria epopea rossa: cinque titoli iridati consecutivi!

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