Un Mondiale praticamente già vinto, un futuro che si tinge di... giallo. Lewis Hamilton padrone della scena a Imola anche nel dopogara.
di Stefano Gatti
Quando si dice: "la tocco piano". Lewis Hamilton viaggia sicuro verso il settimo titolo ma la "minaccia" di ritiro lanciata al mondo (soprattutto alla Mercedes) nel corso dei festeggiamenti per il settimo titolo Costruttori della Casa di Stoccarda conferisce una prospettiva più profonda all'ennesima stagione trionfale del Re Nero. Ben oltre i numeri, al di là dei record: la dimensione di un campione.
Più che con la consistenza degli avversari, l'ipotesi di un'uscita di scena di Hamilton si sposa (si sposerebbe) con quella della sfida negli anni a venire o magari con circostanze e priorità di altro tipo. Da quelle più pratiche (la trattativa per il rinnovo del contratto in scadenza con la Mercedes) a quelle esistenziali o per meglio dire etiche: la "passione" di Lewis per cause (quella dei diritti civili, quella ambientale, quella animalista) che richiedono tempo, dedizione - passione appunto - e che per questo ben poco si conciliano con l'impegno richiesto dal mestiere di pilota di Formula Uno. Anzi, di "faro" dell'intero movimento. Più semplicemente, Lewis ai primi del prossimo mese di gennaio compirà trentasei anni e, con... sette titoli iridati in tasca ed un ciclo Mercedes che non potrà durare in eterno (lo dice la storia stessa della Formula Uno), è ben difficile che il "nostro" possa trovare motivazioni diverse dalla conquista di un ottavo titolo iridato. E forse è proprio sull'estensione del prossimo accordo con la Mercedes che la trattativa si è ingarbugliata, fino ad arrivare alla necessità di "minacciare" un abbandono della scena iridata.
Non è la prima volta (anche se non con il clamore del dopoGP imolese) che Hamilton lascia intendere di essere entrato nella fase finale della sua carriera al volante. Difficile però che il campione di Stevenage lasci all'improvviso come due campioni legati alla sua carriera: Niki Lauda (una prima volta) al GP del Canada del 1979, Nico Rosberg alla cerimonia di premiazione per la conquista del titolo iridato 2016 . La clamorosa decisione del tre volte iridato austriaco fu sicuramente molto più studiata che estemporanea. Quella del tedesco (unico capace di battere Lewis - a parità di mezzo a disposizione - dal 2014 in avanti), si spiega con lo straordinario sforzo richiesto a Nico per battere appunto Lewis. La cui "fame" di successo sportivo è inevitabilmente prossima ad essere completamente appagata, per lasciare spazio ad altre passioni, ad altri progetti appunto. Non c'è Lauda e non c'è Rosberg che tenga, tantomeno Bottas, Verstappen o Leclerc. Eguagliato e battuto Schumacher, per combattere la "fatica" di vincere (e la condanna a farlo) ad Hamilton non resta che scovare nel profondo del proprio animo la disponibilità ad alzare ancora il tono della sfida. Volendo dare un volto ed un nome a tutto questo: Senna. Anche nel "quotidiano" del pilota, del campione. Nelle grandi passioni (anche quelle extrasportive), nella continua necessità di riaffermare la propria predestinazione, persino nella conduzione della complicata trattativa per un nuovo contratto. Con la stessa determinazione mesa in mostra in pista. Fino in fondo e anche oltre. Come nel 1993, quando Ayrton corse a "gettone" (GP per GP ) con la McLaren fin quasi a metà canpionato, decidendosi a firmare per il resto della stagione solo all'inizio dell'estate, dopo tre vittorie nei primi sei appuntamenti di un Mondiale poi dominato da Alain Prost. Hamilton non arriverà a tanto ma la "corsa" che Lewis sembra pronto a correre contro gli ostacoli del (proprio) cuore sembra sempre più simile a quella di Senna, ed è significativo e forse non casuale che sia scattata proprio ad Imola. Certo, adattata ai nostri tempi ma ugualmente tesa all'inseguimento di un "titolo" molto difficile da mettere a segno, molto più difficile rispetto agli attuali sei di Hamilton. Quasi sette.