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RIMEDI CONTRO L'EMERGENZA

Formula 1 a porte chiuse? L'ultima delle follie del Circus

L'ipotesi di correre senza pubblico è inedita. Ma in 70 anni di gare se ne sono viste di tutti i colori, in pista e non solo

19 Apr 2020 - 14:04

La Formula 1 del 2020 potrebbe prendere vita con un nuovo format: i Gran Premi a porte chiuse. Una soluzione inedita per uno sport giunto a 70 anni di vita e che di stranezze ne ha viste davvero tante: dal ritiro in contemporanea di 14 macchine prima ancora di iniziare una gara (Indianapolis 2005) all'invasione di un prete che un'incolpevole Jaguar per poco non travolse (Silverstone 2003). Senza dimenticare corse a eliminazione come Spa 1998.

Una Formula 1 a porte chiuse. Questa è la nuova ipotesi di cui si sta discutendo in questi giorni, e che potrebbe salvare una stagione 2020 che è nata sotto i peggiori auspici. Dopo i test invernali di Barcellona, infatti, nessuna monoposto è più rientrata in pista e l'emergenza legata al Coronavirus ha portato le varie prove iridate presenti in calendario a essere annullate o rimandate a data da destinarsi. Con un solo, piccolo appunto: se i Gran Premi diventassero meno di otto, per regolamento non si potrebbe disputare un Mondiale vero e proprio. Da qui l'idea di ripartire dal Gran Premio d'Austria del 5 luglio, ma con l'obbligatorietà di chiudere gli spalti del tracciato di Spielberg al pubblico (il governo locale ha esteso le restrizioni sugli eventi pubblici di massa fino al 31 agosto). Per avere la possibilità di disputare in maniera anomala ma regolare il campionato, quindi, potrebbe esserci una concentrazione di gare in Europa: si parla addirittura di tre gare a Silverstone, mentre Montmelò si è già proposta di ospitare a sua volta un appuntamento iridato se la soluzione di correre senza pubblico sarà effettivamente adottata dal Circus.

Una nuova, strana Formula 1 sta quindi per prendere vita proprio in concomitanza con il settantesimo compleanno e l'edizione numero 71 della storia del campionato: per la prima volta ci sarebbero Gran Premi con gli spalti completamente vuoti. Una primizia all'interno della lunga storia di uno sport che di stranezze ne offre uno sterminato campionario. Che comprende anche un ruolo da parte del pubblico. Se quest'anno non ci saranno spettatori (almeno a inizio stagione), ci sono infatti stati alcuni casi in cui proprio gli spettatori hanno in qualche modo indirizzato l'esito di una gara. Celebre è il caso del Gran Premio di Germania del 2000: si correva a Hockenheim, nella storica bellissima configurazione del circuito (velocissima e con lunghi rettilinei adagiati nel bosco) e Rubens Barrichello fu costretto a partire con la sua Ferrari dal 18° posto dopo un sabato di qualifiche complicatissimo.

Il weekend del Cavallino sembrò diventare definitivamente nero al via, con Michael Schumacher contro le barriere dopo 300 metri in seguito a un contatto con Fisichella. Barrichello iniziò una difficile rimonta, ma a dargli la mano arrivò anche una Safety Car: la direzione gara la mandò in pista per permettere agli steward di allontanare un silenzioso invasore, presentatosi pericolosamente a bordo pista per protestare contro la Mercedes rea di averlo licenziato dopo vent'anni di lavoro. Il caos generato dalla situazione stravolse ulteriormente le carte in tavola, e la pioggia degli ultimi giri fu l'ultimo tassello di un domino concluso con l'incredibile prima vittoria in carriera di Barrichello. E Barrichello vinse anche il Gran Premio di Gran Bretagna del 2003, disputato a Silverstone e a sua volta caratterizzato dalla presenza in pista di un invasore: opposte le premesse, dato che in questo caso il brasiliano fu autore della pole position e in gara di una partenza poco felice, che gli fece perdere diverse posizioni. Ma fu l'irruzione in pieno rettilineo del sacerdote irlandese Neil Horan a stravolgere quella domenica: l'uomo, vestito con un kilt e ricoperto da messaggi che invitavano alla lettura della Bibbia, prima corse in direzione delle macchine ma con qualche metro di distanza, poi addirittura si mise in piena traiettoria.

Una Jaguar lo evitò per miracolo, quindi un inserviente gli si gettò addosso e lo trascinò via. La baraonda venne ulteriormente aumentata dall'ingresso della Safety Car in un momento in cui tutti i piloti erano vicini al momento del rifornimento: Schumacher fu costretto ad aspettare ai box alle spalle di Barrichello, come in una normale coda dal benzinaio. Ma alla fine il brasiliano riuscì a completare un'improbabile rimonta aggiudicandosi anche quella gara. Esistono poi casi di Gran Premi in cui non furono i tifosi ad avere l'accesso all'autodromo vietato, bensì... le macchine a non poter scendere in pista. Celebre il caso di Indianapolis 2005, quando la Michelin impose ai team forniti dai suoi pneumatici di non prendere parte alla gara per questioni di sicurezza. Febbrili ore di trattative con i team gommati Bridgestone (capitanati da una Ferrari in crisi) non ebbero esito, e così dopo il regolare svolgimento del giro di ricognizione ben 14 vetture su 20 fecero ritorno ai box ritirandosi. Rimasero in griglia Schumacher e Barrichello, con le due Ferrari quinta e settima in griglia, e la doppia coppia delle Jordan e delle Minardi, in penultima e ultima fila.

Quella gara divenne quindi una poco edificante passerella, con il pubblico americano furioso e autore di pesanti contestazioni: una figuraccia che avrebbe allontanato la Formula 1 dagli Stati Uniti per diversi anni, prima del ritorno nel 2012 a Austin. Complicatissima anche l'organizzazione del Gran Premio di San Marino nel 1982: a Long Beach era stata squalificata la Ferrari di Gilles Villeneuve e il Cavallino diede vita a una protesta vibrante che riguardava anche un caso di rabbocchi di acqua effettuati da diversi team inglese per aggirare la regola sul peso minimo delle vetture. Ne scaturì uno scontro tra la Fisa (Federazione dell'Automobile) e la Foca (Associazione dei Costruttori), con quest'ultima che ritirò buona parte dei team dalla corsa. Presero il via quindi solamente Ferrari, Renault, Osella, Alfa Romeo e Toleman: fu la gara del lungo duello tra le Rosse di Villeneuve e Pironi, con quest'ultimo che beffò il compagno ponendo fine alla loro amicizia. Poche settimane dopo, a Zolder in Belgio, il compianto Gilles avrebbe perso la vita. Ci sono stati poi casi di gare rese talmente complicate dalle condizioni meteo da stravolgere il calendario a partire dagli anni successivi.

Due i casi più eclatanti, verificatisi entrambi in nazioni caratterizzati da stagioni di torrenziali piogge. Il primo è il Gran Premio d'Australia 1991, disputato ad Adelaide e ultima prova di quel mondiale (come da tradizione di quegli anni): il diluvio abbattutosi nel locale autodromo cittadino del Parco della Vittoria rese impossibile la visibilità oltre qualche metro, tanto che a partire dal 10° giro divenne quasi impossibile anche solo controllare le vetture senza fare incidenti o escursioni nelle vie di fuga. La direzione decise quindi di interrompere la gara al 17° passaggio, rendendo valida la classifica del 14° giro (prima di una nuova lunga serie di incidenti). Non fu più possibile riprendere a correre, rendendo questo Gran Premio il più breve mai disputato in Formula 1. E al termine dell'accordo con Adelaide, il Circus decise di spostare l'appuntamento australiano a Melbourne e da novembre a marzo, data in cui viene disputato ancora oggi. Ancora più pericoloso ciò che avvenne a Interlagos 2003, ultima edizione del Gran Premio del Brasile tenutasi a inizio stagione (dove era sempre stata fino a quell'anno). Gara tradizionalmente caratterizzata da frequenti nubifragi, quell'anno si andò ben oltre il livello di guardia: la Curva do Sol divenne infatti particolarmente viscida e ben cinque piloti (Montoya, Pizzonia, Michael Schumacher, Verstappen e Button) si resero protagonisti di incidenti sempre nello stesso punto.

Nonostante gli incessanti ingressi in pista della Safety Car, la gara fu fatta proseguire ma dovette subire la definitiva interruzione dopo un rovinoso botto di Webber all'Arquibancadas, con il sopraggiungente Alonso che rischiò la pelle centrando i suoi detriti in piena velocità. La vittoria fu assegnata a Kimi Raikkonen per un errore di cronometraggio nonostante primo fosse Giancarlo Fisichella (cui sarà restituito il trofeo a Imola): terzo Alonso che, acciaccato, nemmeno riuscì a presentarsi sul podio. Dall'anno successivo il Gran Premio del Brasile divenne un appuntamento fisso di fine campionato. Non ci furono conseguenze, invece, dopo due singole edizioni del Gran Premio del Nürburgring messe seriamente a repentaglio da piogge torrenziali: quella del 1999 e quella del 2007. Nel primo caso una lunghissima serie di incidenti e problemi tecnici portò a ben 13 ritiri (ben cinque volte fu il leader della gara ad avere problemi) e alla prima e unica vittoria della storia della Stewart grazie a Johnny Herbert, nel secondo successe letteralmente di tutto nelle fasi iniziali della gara. Dopo appena un giro tutti i piloti si resero conto della necessità di montare gomme da bagnato pesante, ma già al terzo giro scoppiò il caos: Button, Speed, Rosberg, Hamilton, Sutil e Liuzzi andarono tutti dritti alla prima curva, divenuta per la conformazione della pista una vera e propria vasca d'acqua. Fu quindi necessario mandare in pista la Safety Car, con tutti i piloti accodati dietro la Spyker di Markus Winkelhock, partito ultimo in griglia ed esordiente assoluto in Formula 1 (non solo: questa fu infatti l'unica gara della carriera del tedesco). Tutto questo non impedì al Nürburgring di ospitare altre tre gare di Formula 1 negli anni successivi (non più il Gran Premio d'Europa, ma quello di Germania nel 2009, 2011 e 2013), mentre ovviamente non ebbero conseguenze le tre gare più pazze mai disputate in altrettanti circuiti iconici come Monza, Monaco e Spa.

Il Gran Premio d'Italia del 1995 non ebbe problemi meteorologici, ma un andamento non così diverso da Nürburgring 1999: chi si trovava in testa inevitabilmente era destinato al ritiro causa incidenti anche incredibili (Coulthard si insabbiò e andò in testacoda durante il giro di ricognizione, Schumacher e Hill si buttarono fuori tra di loro, le Ferrari di Berger e Alesi si autoeliminarono quando il primo perse una telecamerina rompendo la sospensione del compagno che lo seguiva, e poi pagandone le conseguenze per la rottura di un cuscinetto dei freni). E curiosamente anche in questo caso, come quattro anni dopo, a vincere fu Herbert. Meriterebbero un capitolo a parte il Gran Premio di Montecarlo del 1996, concluso da solo quattro vetture dopo una serie quasi infinita di incidenti (prima e unica vittoria della carriera per Olivier Panis), e quello del Belgio nel 1998: l'incidente al via, provocato da Coulthard, vede coinvolte ben 13 vetture e divenne il più esteso della storia. Poi si ripartì con un'ora di ritardo, dando a tutti la possibilità di tornare in pista. Anche Coulthard, che da doppiato provocò il ritiro di Schumacher generando una rissa sfiorata ai box. Un'ennesima stranezza. Avvenuta però, come tutte, sempre sotto gli occhi del pubblico sugli spalti.

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