LA TATTICA

Un calcio senza troppe alchimie. Ma non era un catenacciaro

Ha sempre scelto l'organizzazione di gioco a seconda dei giocatori a disposizione: attesa e contropiede con Ronaldo, tridente con il Genoa

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Nel calcio, come nella vita, i luoghi comuni sono all'ordine del giorno. Gigi Simoni ha realizzato il suo capolavoro con l'Inter '97/'98. Avendo a disposizione il miglior Ronaldo, dei difensori implacabili e un centrocampo muscolare, ha scelto un calcio d'attesa con un libero alle spalle di due o tre marcature individuali, tre centrocampisti di rottura (abilissimi nel recupero palla e nel rilancio immediato), un tornante sulla destra (uno straordinario Moriero), un trequartista (Djorkaeff) e il Fenomeno a puntare le porta avversaria. 

Poi c'erano gli adattamenti. Se serviva si poteva puntare sulla coppia di attaccanti, inserendo Zamorano, oppure puntare su un fluidificante sulla sinistra e un marcatore in meno. L'integralismo, insomma, non è mai stata una sua prerogativa. Ha apprezzato l'utilizzo del tridente già a metà anni '70, nel Genoa di Damiani-Pruzzo-Basilico. L'unica certezza è stata il libero e la marcatura a uomo, soprattutto in difesa.

La zona l'ha provata per tre partite all'inizio della sua esperienza napoletana nel '96, avendo a disposizione due centrali come Cruz e Ayala. Esperienza breve e mai più ripetuta. Un calcio soltanto speculativo non era però nelle sue corde. Chi ha avuto l'occasione di vedere la Cremonese nella cavalcata verso la A del '92/'93, ha potuto apprezzare una squadra aggressiva, caratterizzata da un calcio veloce, verticale e impreziosito dagli scambi ravvicinati tra Maspero, Florjancic e Tentoni. Ancora una volta, insomma, i luoghi comuni si devono scontrare con la storia. E in quella del calcio ci sarà sempre un posto per Gigi Simoni

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