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L'ANNIVERSARIO

Sono già tre anni senza Mihajlovic. La moglie sui social: "Parlategli ancora, vi amerà dal cielo"

Sinisa se n'è andato il 16 dicembre del 2022 a soli 53 anni

di Andrea Cocchi
16 Dic 2025 - 11:38
 © instagram

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Sinisa Mihajlovic ha lasciato questo mondo tre anni fa. Il calcio e la vita triturano tutto in pochi secondi e figuriamoci se ci si può fermare anche per poco tempo a ricordare. Giammai. Continuiamo a fare scorrere il nostro bel pollicione su balletti, profeti di sventura, gente che ti spiega la vita e ragazzine che nascondono il nulla dietro a forme plastificate. Poi d'improvviso esce un post che ti riporta alla realtà. Arianna Mihajlovic ricorda il marito scrivendo poche parole che non possono non restarti dentro: "Non piangete la sua assenza, sentitevi vicino e parlategli ancora. Vi amerà dal cielo come vi ha amati sulla terra. Oggi 3 anni senza te amore mio".

 

Per qualcuno evocare il cielo è una forma di consolazione per non ammettere che una persona non esista più. Chiunque abbia subito un lutto sa benissimo che credere in un'altra vita non consola per niente. E' solo la consapevolezza che non finisce tutto qui, ma nessuno ti potrà ridare il tempo, su questa terra, che non hai potuto passare con la persona che hai amato. Soprattutto se ti ha lasciato troppo presto. Anche la versione che ora va per la maggiore, secondo la quale non c'è nulla dopo ma si continua a vivere nel ricordo delle persone che ti hanno amato, non basta a colmare il vuoto. La verità è che la morte terrena, comunque la si voglia vedere, fa male. Sempre. Sinisa aveva solo 53 anni, una famiglia meravigliosa e tante persone che gli volevano bene.

Oltre ai propri cari e agli amici, ovviamente, non lo possono scordare tutti quelli che hanno avuto a che fare con lui, dal vivo o vedendolo in uno stadio o in televisione. Giocatore di livello altissimo, dotato di un sinistro straordinario, ha saputo trasformarsi da ala sinistra a centrale di difesa con una disinvoltura impressionante. E' diventato un buon allenatore. Il Bologna vincente degli ultimi anni nasce con lui, i giocatori che lo hanno avuto hanno distrutto il luogo comune che fosse solo un gran motivatore, raccontando quanto fosse bravo a leggere le partite in corsa. Ha vinto tanto e ne ha viste ancora di più. Questo suo racconto vale più di mille parole: "Con la guerra non esistevano più i legami familiari. Un mio cugino voleva buttare una bomba in casa, mentre mio padre stava guardando in tv la Stella Rossa di Belgrado". Poco da aggiungere. Dopo aver vissuto esperienze così, tutto il resto non può fare paura. Ha affrontato una malattia che gli è arrivata addosso senza preavviso, che lo ha debilitato ma non abbastanza da fargli guidare la sua squadra e non solo da remoto. Si è presentato in panchina quando tutti i medici gli dicevano di non farlo, seguiva le partite dall'ospedale dando indicazioni ai collaboratori per telefono. Quando se n'è andato se ne sono accorti tutti, anche i meno sensibili e chi non lo poteva sopportare. Era una persona così viva che la sua morte ha fatto un rumore assordante dentro a qualunque cuore. Perché, a volte, un guerriero può insegnare cosa sia l'amore più di chiunque altro.