IL RICORDO

Rossi, il ricordo della moglie: "Nella mia mente il giorno in cui ho portato le nostre bimbe in ospedale a salutare il papà"

"Scrivere questo libro per me è stata una terapia"

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Un anno senza Paolo Rossi. La moglie Federica Cappelletti ha scritto il libro “Per sempre noi due - Le nostre parole d’amore” per tenere vivo il ricordo: "Scrivere questo libro per me è stata una terapia, un voler lasciare Paolo sulla carta rendendolo indelebile in qualche modo. Negli ultimi giorni in ospedale parlavamo molto di noi: abbiamo rivisto tante foto di momenti vissuti insieme e lui a un certo punto mi ha chiesto di non dimenticare il nostro amore e di non disperderlo. Da quel momento mi sono chiesta quale fosse il modo migliore per non disperderlo, anche se nel mio cuore sarebbe rimasto per sempre, ma volevo qualcosa di più anche per le mie figlie perché loro continuassero a viverlo anche nel tempo affinché si rendessero conto dell’amore che le ha generate. Ho iniziato a scrivere da subito questi ricordi. Quando l’editore mi ha chiesto di scrivere questo libro ci ho pensato un po’, perché sapevo che sarebbe stato molto doloroso, così come è stato: mattinate intere a piangere quando le bimbe non mi vedevano, però è stato anche terapeutico perché ho buttato fuori tanto dolore", ha detto a Rtl 102.5.

In radio il racconto degli ultimi attimi di vita dell'ex bomber: "Ho voluto portare le bambine in ospedale dal padre, nonostante i medici me lo avessero sconsigliato, perché conoscendoli tutti e tre sapevo che lui non sarebbe andato via sereno e che loro non avrebbero mai accettato di non averlo visto per l’ultima volta. Andando contro il parere dei medici, lo prendo, lo porto fuori dall’ospedale con una carrozzina e gli faccio salutare lì le figlie e lo riporto dentro. In realtà sono stati carini: hanno assecondato questa mia richiesta. Devo dire che la luce negli occhi di Paolo quando ha visto le bambine è un’immagine che non dimenticherò mai. Ha fatto bene a tutti e tre, poco dopo Paolo si è addormentato e le bambine hanno capito che era veramente l’ultima volta che salutavano il loro papà".

Il primo incontro grazie a un libro: "E' stato a Perugia. Presentavo il mio libro e di questo faceva parte anche lui, era un protagonista, l’avevo scritto insieme a due colleghi. Non avevo intervistato io Paolo, ma uno di questi colleghi mi suggerì di invitarlo, perciò lo chiamai al telefono e lui neanche in maniera troppo gentile a differenza di com’era mi rispose che non poteva. Questo amico poi mi disse di insistere perché era garbato e gentile, lo richiamai e in effetti accettò. Arrivò in un giorno in cui facevano sciopero gli aerei e riuscì a prendere l’unico volo previsto per quel giorno dalla Bulgaria, arrivò a Verona, da Verona a Milano con il taxi e poi arrivò a Perugia con mezz’ora di ritardo. A me quella cosa colpì molto: ancora lo rivedo arrivare con il suo bellissimo sorriso e da quel momento in poi gli dissi che da quel momento in poi avrebbe potuto chiedermi quello che voleva, perché mi colpì subito e davvero tanto".

 

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