L'allenatore del Napoli protagonista di "Buffa Talks": "Le morti di Ventrone, Vialli e Mihajlovic mi hanno fatto riflettere sulle priorità"
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Antonio Conte è stato il protagonista del nuovo episodio di "Buffa Talks" su "Sky Sport. L'allenatore del Napoli si è messo a nudo, ripercorrendo la sua carriera e ricordando anche i momenti dolorosi della sua vita. "La cosa che mi è dispiaciuta è che su un eventuale divorzio tra me e il Napoli a un mese dalla fine del campionato si sia parlato di me alla Juventus. Io non avevo alcun accordo con la Juve. A chiunque ha provato ad avvicinarsi ho sempre detto: non parlerò con nessuno fino a quando non avrò parlato con il presidente De Laurentiis - ha confessato - Per me la Juve, era e sarà sempre la Juve così come il Lecce. Nessuno potrà mai inficiare il mio sentimento nei confronti della mia storia, dove sono cresciuto. Mi dà fastidio perché a volte dietro il mio personaggio in tanti ci marciano, perché mi rendo conto che il mio nome è diverso. Anche quest'anno alla presentazione a Napoli in piazzetta iniziano a chiedermi di saltare al 'chi non salta juventino è'. Io li stoppo e dico che non potete chiedermi di fare qualcosa che non farò mai. Ma così come sarà quando andrò via da Napoli. Ci vuole rispetto". Sulla scelta di rimanere al Napoli. "È il segreto di Pulcinella quello che è successo: durante l'anno alcune cose non mi hanno fatto felice. L'arrivo solo all'ultima settimana di McTominay, Neres, Lukaku e Gilmour già non mi era piaciuto. A gennaio poi tutti sapete benissimo cosa è successo. Io penso di essere stato molto bravo a incassare, a non dare alibi ai calciatori e a me stesso. Quando tu firmi ci sono oneri e onori - ha spiegato - Quando abbiamo parlato, nel momento in cui mi hanno confermato gli errori commessi durante il percorso di questo primo anno di matrimonio. Quando ho avuto rassicurazioni abbiamo deciso di continuare, perché c'è uno Scudetto da difendere e un lavoro da tutelare. Si fa tanto per arrivare al traguardo e vincere, a Napoli me la sono goduta. Perché altrimenti non ha senso fare tutti questi sacrifici".
CONTE E L'AVVENTURA ALLA JUVENTUS
Antonio Conte ha raccontato come è sbarcato alla Juventus e la sua carriera ha preso il volo. "La Juventus? Fu una scelta di Agnelli? Dietro c'è una storia particolare perché allenavo il Siena, avevo fatto Bari, Atalanta e ritornato al Siena, chiamato da Perinetti. Raggiungiamo l'obiettivo ma quell'anno c'era Delneri e la Juve non stava andando tanto bene. lo stavo rientrando a casa dal centro sportivo, la racconto perché particolare, mi arriva una telefonata di Silvio Baldini che adesso allena il Pescara. Con Adani erano venuti due settimane prima a vedere un allenamento mio a Siena. Non avevamo grande confidenza ma si era creata con lui e Adani una certa empatia. Mi saluta e senza dirmi nient'altro, mi dice: vuoi andare ad allenare la Juventus? lo rispondo: 'Si ma cosa c'entra?, lui mi disse: 'Fai come Guardiola, vai a parlare con Andrea Agnelli e diventi allenatore della Juventus: Il primo pensiero, chiusa la telefonata, pensai è matto in senso buono! Cosa mi ha suggerito? Pensai. Mi aveva però lasciato un tarlo in testa, che pensai: come faccio a raggiungere Agnelli? Andrea e anche Elkann erano due appassionati di calcio, venivano nello spogliatoio quando io giocavo a calcio alla Juve, stavano con noi nello spogliatoio e vivevano il pre-partita. Penso a Giraudo, lo chiamo e gli dico: 'Dottore, avrei piacere di parlare con Andrea Agnelli, mi piacerebbe salutarlo: Eravamo a fine campionato. Lui mi disse: 'Guarda Antonio, hanno deciso di confermare l'allenatore. Non ti assicuro niente! Quindi mi metto l'anima in pace: andiamo in Serie A col Siena, un giorno ero a cena con mia moglie, trovo una telefonata di Giraudo: 'Ciao Antonio, come stai?, era Andrea Agnelli dal telefono di Giraudo! E mi dice che vorrebbe conoscermi perché è da tanto che non ci vediamo. Ci vediamo a Torino, giocavo col Novara e dopo la gara torno a Torino e vado a casa sua. E lui mi chiede del Siena, mi fa i complimenti per la Serie A. Poi mi dice: 'Volete comprare qualche giocatore da noi?! E dissi che non eravamo ai livelli, sorridendo. Ma mi fece pensare che non ero nelle idee della Juventus. Stiamo li a parlare 5 ore, poi viene anche sua moglie, ci salutiamo e son venuto a sapere che la moglie gli avevo chiesto chi fossi, lui aveva risposto: 'Sarà il futuro allenatore della Juventus'. Quindi finisce che noi parliamo 5 ore, entro che non sono l'allenatore della Juve, esco che mi dice: 'il prossimo step è che ti faccio parlare con Marotta! Avevo toccato le corde giuste. Sapevo di cosa aveva bisogno la Juve in quel momento. Se io sono arrivato alla Juventus è per Silvio Baldini! Senza la sua telefonata, non mi sarei mai proposto. A volte succedono cose nella vita che ti cambiano il destino, a me la telefonata di Baldini ha cambiato il destino. Altrimenti sarei rimasto a Siena. Invece vado alla Juventus e vinciamo subito e nasce una bellissima storia, per 9 anni consecutivi la Juve domina in Serie A coi primi 3 miei scudetti. Quei tre anni son stati incredibili: abbiamo vinto lo scudetto al primo anno da imbattuti, una cosa difficilissima. II Milan era la favorita con Ibrahimovic e Thiago Silva, Cassano, Robinho, Nesta, Gattuso e Ambrosini. Vinciamo da imbattuti, perdemmo solo la finale di Coppa Italia contro il Napoli e fu una annata in cui mettemmo le basi. lo ho fatto 3 anni e i 102 punti che sono qualcosa di incredibile. Da lì è partito tutto".
L'ESPERIENZA AL TOTTENHAM E I LUTTI CHE LO HANNO SEGNATO
L'ultima stagione in Premier League alla guida del Tottenham è stata una delle sfide più difficili in carriera, soprattutto dal punto di vista umano. "Al Tottenham è stato un anno difficile. Arrivo a novembre con loro noni in classifica e finiamo in Champions superando l'Arsenal e conoscete la rivalità tra i due club. Per loro andare in Champions era come vincere la Premier. All'ultima giornata si festeggia l'entrata in Champions nello spogliatoio. Io chiamo il mio staff e gli dico: non ci abituiamo a questi festeggiamenti. Non si festeggiano queste cose. Noi siamo abituati a festeggiare altre cose. Ok, bella impresa, ma al tempo stesso capiamo che tipo di festeggiamento è - ha spiegato - L'anno dopo parlo con alcuni calciatori e loro ci tenevano continuassimo il nostro percorso al Tottenham, ma io avevo firmato un anno e mezzo per capire che situazione avrei trovato. L'anno dopo capitano un po' di cose, muore Gian Piero Ventrone per una leucemia in quindici giorni ed è una mazzata tremenda a livello affettivo e psicologico e non è stato facile. Poi va via anche Gianluca Vialli con cui mi ero visto il mese prima a ristorante con mia moglie. L'avevo visto molto sereno, stava anche bene, ma in quella cena avevo capito che c'era qualcosa che non andava. Te ne accorgi quando qualcuno si gode qualcosa, lui aveva bevuto, mangiato...e dopo un mese è mancato. Anche la vicenda di Sinisa ha inciso. Una serie di dolori che mi hanno portato a ripensare ad alcune priorità. Io avevo la famiglia lontana, in Italia, mentre io ero in hotel. Mia moglie aveva sempre fatto sforzi per me. Allora mi sono chiesto: quanto vale la pena sacrificare famiglia e amici per questo sapendo che da un giorno all'altro ti ritrovi ad affrontare tragedie del genere e a non esserci più? Questo mi ha fatto cambiare alcune priorità. Poi ho avuto anche un problema e mi sono dovuto operare urgentemente di cistifellea e rischiavo di andare in pancreatite. Insomma, quel periodo mi ha portato a fare grandi riflessioni sulle priorità da dare".
GLI INIZI ALL'AREZZO E L'ESONERO
Tornando ai suo inizi come allenatore, Conte ricorda l'esperienza all'Arezzo e benedice l'esonero: "Quando arrivo ad Arezzo, pronti-via non sono un allenatore. Sono uno che pensa di esserlo, solo perché ho avuto grandi maestri: Lippi, Sacchi, Ancelotti, Fascetti, Mazzone. Tutti, tranne Capello. Ma la verità è che non basta essere stati allenati dai migliori per saper allenare. Ad Arezzo ho preso una bella mazzata e ho capito che dovevo studiare davvero. Lì, in quei mesi durissimi, ho fatto cinque anni in uno". L’esperienza lo segna profondamente, ma lo trasforma: “Ringrazio anche il Signore di essere stato mandato via. Se non succede, forse non capisco certe cose e non cambio. Magari resto l’Antonio Conte che si illude di essere un allenatore, ma ha ancora la testa da calciatore".
IL RAPPORTO CON DEL PIERO
Antonio Conte ha anche parlato del suo rapporto con Alex Del Piero, a fine carriera quando lui sbarcò a Torino: "Ale fu veramente importante perché accettò il fatto di non essere sempre titolare, però nei momenti in cui la palla scottava io l'ho fatto giocare ed è stato determinante per quello scudetto. Ad inizio di quella stagione Andrea Agnelli aveva annunciato che sarebbe stato il suo ultimo anno, e se Ale mi avesse chiesto di continuare con me alla Juve, a me sarebbe piaciuto allungargli di un altro anno la carriera alla Juventus".
L'IMPORTANZA DELLA FAMIGLIA E L'EDUCAZIONE
"L'educazione che ricevi dalla famiglia segna te e la tua vita. Soprattutto chi è genitore deve sapere benissimo che abbiamo un compito e nel momento in cui abbiamo dei figli è di educarli, instradarli e fargli capire i valori. L'educazione familiare che ho avuto è stata molto rigida, fin da bambino se volevo qualcosa dovevo comunque dare. Ed è anche l'esempio che porto sul calcio. C'era un patto tra me e i miei genitori: se volevo giocare, dovevo andare bene a scuola. Quindi dovevo dare qualcosa per seguire la mia passione, che poi era anche quella di papà...".
I SACRIFICI PER DIVENTARE CALCIATORE
"Sicuramente, la passione che io ho per il calcio mi porta a superare tutte le difficoltà. Dobbiamo sapere cosa siamo disposti a sacrificare. La prima domanda che farei a un allenatore e a un calciatore è 'cosa sei disposto a perdere? Il mio primo ritiro l'ho fatto a 15 anni, lì fai una scelta perché sacrifichi le vacanze e l'estate ti dura pochissimo. Io sono uno che ha fatto tutte le scuole e quando finiva la scuola non iniziava la vacanza ma il ritiro in montagna. Quindi, sacrificare l'estate, l'adolescenza e il rapporto con gli amici ti impone questo".