COMPLEANNO

I 48 anni di Rivaldo: talento giramondo dal palmarès infinito

Brasile, Barcellona, Milan. Ma anche Grecia, Uzbekistan e Angola: le tappe di uno dei calciatori più entusiasmanti di fine anni ‘90-inizio 2000

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Quella di Rivaldo è una vera e propria storia da raccontare. Gli inizi umili nelle favelas di Recife, l’esplosione nel Palmeiras, il picco tra Deportivo La Coruna e Barcellona, la stagione ‘così così’ ma vincente al Milan, l’esperienza in Grecia, le scommesse Uzbekistan e Angola, la coda di carriera superati abbondantemente i 40 anni. Nel mezzo un’intensa attività con la nazionale brasiliana e un’infinità di trofei di squadra e individuali, per uno dei calciatori più entusiasmanti tra quelli che hanno calcato i campi di calcio a cavallo dei due millenni.

Rivaldo Vitor Borba Ferreira nasce a Recife, in Brasile, il 19 aprile 1972. Come tanti suoi connazionali vive un’infanzia difficile, nelle favelas. Nel 1989 la sua vita cambia: viene ingaggiato dal Paulistano, nonostante i dubbi della società sul fisico troppo gracile e sulle gambe storte. Il talento, però, è cristallino, il ragazzo ci mette poco ad attirare l’attenzione degli osservatori.

Tra il 1991 e il 1993 scala in fretta i vertici del calcio verdeoro: prima il Santa Cruz, poi il Mogi Mirim, poi ancora il Corinthians. Qui ha la sua prima opportunità di confrontarsi con il grande calcio brasiliano, ma i dirigenti del Timao non credono troppo in lui: nel luglio 1994 lo cedono ai rivali cittadini del Palmeiras. Non l’avessero mai fatto: con le sue giocate, Rivaldo trascina la squadra in maglia verde a due vittorie nel campionato Paulista e alla conquista del Brasileirao.

Il suo destino, a quel punto, sembra parlare italiano: il Parma lo ha già praticamente sotto contratto, ma poco dopo i Giochi Olimpici di Atlanta 1996 (dove vincerà la medaglia di bronzo) sorgono problemi burocratici. Rivaldo spicca sì il volo verso l’Europa, ma va in Spagna, al Deportivo La Coruna. Nell’interminabile Liga a 22 squadre Rivaldo gioca 41 partite e segna 21 gol, i galiziani finiscono la stagione al terzo posto dietro le corazzate Real Madrid e Barcellona. Ed è proprio la società blaugrana che decide di investire nel brasiliano, per sostituire Ronaldo appena andato all’Inter e tentare l’assalto alla Liga.

Al Barça Rivaldo gioca 5 stagioni ad altissimo livello, con 235 presenze e 130 gol complessivi (uno dei quali, indimenticabile, in rovesciata contro il Valencia nel giugno 2001) tra campionato (vinto due volte), Coppa del Re (un successo), coppe europee e supercoppe.

Nello stesso periodo si rivela una delle colonne della nazionale brasiliana: nel 1997 vince la Confederation Cup, l’anno successivo sfiora la vittoria a Francia 98, nel '99 porta a casa la Coppa America (nonché, a livello individuale, Pallone d’Oro e Fifa World Player Award) e finalmente, nel 2002, riesce a coronare il sogno mondiale. Dopo aver segnato 5 reti tra fase a gironi ed eliminazione diretta, Rivaldo gioca tutti i 90 minuti contro la Germania in finale ed è protagonista in entrambe le azioni che portano al gol Ronaldo.

L’unica cosa che manca a Rivaldo, ora, è il successo in campo europeo (la Supercoppa del 97 conta relativamente): a regalargli l’opportunità è il Milan, che lo porta in Italia riponendo in lui grandi aspettative. La squadra allenata da Carlo Ancelotti, però, non vedrà mai il vero Rivaldo, fermato da qualche acciacco di troppo e da un adattamento non perfettamente riuscito al calcio italiano. Riuscirà comunque, con 3 presenze e un gol, a iscrivere il suo nome tra i vincitori della Champions League (benché non giochi nemmeno un minuto nella finale di Manchester vinta ai rigori contro la Juventus), e pochi giorni dopo firmerà un gol nella finale di ritorno di Coppa Italia contro la Roma, spezzando definitivamente il tentativo di rimonta giallorosso.

Il contratto prevede altri due anni, ma nell’estate 2003 il Milan ingaggia un altro brasiliano destinato a fare la storia del club rossonero: Kakà. Con il nuovo arrivato e Rui Costa in rosa, Rivaldo sa di non avere spazio e chiede di essere ceduto. La società lo accontenta risolvendo il contratto nell'autunno 2003.

La carriera ad altissimo livello di Rivaldo finisce sostanzialmente qui (anche per quel che riguarda la nazionale verdeoro, la cui ultima presenza è datata 19 novembre 2003), anche se dopo una brevissima parentesi al Cruzeiro il brasiliano vivrà una seconda giovinezza nel campionato greco, prima all’Olympiacos e poi all’Aek, dal 2004 al 2008, con tre campionati e due Coppe di Grecia ad arricchirne la bacheca. Ma se a 36 anni molti giocatori dicono stop, Rivaldo ha ancora voglia di giocare e accetta la ricca offerta del Bunyodkor, club del campionato uzbeko che prova ad attirare così sponsor e attenzione dei media internazionali. Il livello del torneo è modesto e Rivaldo non fa fatica a imporsi, segnando 33 gol in 53 partite.

Nella repubblica ex sovietica il brasiliano vince due campionati e una coppa nazionale e nel frattempo acquista, in Brasile, il Mogi Mirim, uno dei club della sua giovinezza, in difficoltà economiche. Sarà proprio lì che Rivaldo tornerà nel 2011 dopo l’esperienza uzbeka, per rimettersi in ritmo e provare a riproporsi nello stesso anno nella massima serie brasiliana, al San Paolo, senza grossi risultati. Nel 2012 l’ultima ‘pazzia’: Rivaldo accetta l’offerta del Kabuscorp, club del campionato dell’Angola, in Africa. Segna 11 gol in 21 partite di campionato, ma la squadra non va oltre il quarto posto.

La carriera di Rivaldo si avvia così al termine: nel 2013 torna in brasile e veste la maglia del Sao Caetano, nelle due annate successive torna al Mogi Mirim dove segna, nella serie B Brasiliana 2015, il suo ultimo gol da professionista nella stessa partita in cui va in rete suo figlio Rivaldinho. Pochi mesi prima decide di mettere in vendita la squadra con una modalità piuttosto bizzarra, attraverso un post su Instagram. Attualmente il club è inattivo.

Tornando a Rivaldo, il 2020 segna il quinto anno senza calcio giocato. Chissà però se, visti i precedenti, il brasiliano si possa davvero considerare definitivamente ritirato. È difficile, ma non sorprenderebbe di certo rivederlo in campo, ancora una volta, con le scarpe allacciate e un pallone tra i piedi.

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