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L'ANNIVERSARIO

Heysel 1985: quarant'anni da una tragedia da non dimenticare mai

Nella finale della Coppa dei Campioni giocata a Bruxelles si consuma uno dei peggiori disastri della storia del calcio

27 Mag 2025 - 13:11
 © Getty Images

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Bruxelles, 29 maggio 1985, stadio Heysel. Va in scena la finale di Coppa dei campioni tra Juventus e Liverpool. Una partita storica tra una squadra che quel trofeo non lo ha mai alzato contro quella che lo ha conquistato quattro volte negli ultimi otto anni. Per qualcuno è la sfida del secolo. Lo stadio, la Uefa, la polizia belga e l'organizzazione generale non sono però all'altezza di un avvenimento così importante. Ed è un eufemismo. Vengono veduti molti più biglietti di quanti l'impianto possa gestire. Con i posti non numerati succedeva spesso. I tifosi bianconeri vengono messi in una curva, settori M, N, O, quelli del Livepool in quella di fronte, zone X e Y. Peccato che ci fosse una parte di quella gradinata, il famigerato settore Z, che agenzie di viaggi o acquirenti belgi hanno rivenduto ai tifosi italiani. Di fianco agli hooligans inglesi, insomma, separati da una rete metallica, che sarebbe venuta giù con una spallata, e da un gruppetto di una decina di poliziotti, c'erano famiglie, donne, bambini e spettatori neutrali.

Che lo stadio non fosse minimamente in grado di sopportare un avvenimento simile se ne accorge da subito chi arriva all'Heysel anche ore prima del calcio d'inizio, previsto per le 20,15. Per entrare nelle curve ci sono solo due porticine, di circa 80 centimetri di lunghezza, per consentire l'accesso a circa cinquantamila persone. Gli ingorghi per accedere all'impianto sono impressionanti ma, in quel momento c'è solo la noia di una lunga attesa in coda. Ci sono però dei segnali inquietanti: un cantiere di fianco allo stadio da cui gli ultrà inglesi si riforniscono di sassi e altri corpi contundenti, la presenza limitatissima delle forze dell'ordine, i tifosi reds già ubriachi dalla mattina che hanno messo a ferro e fuoco il centro di Bruxelles senza venire fermati e che entrano allo stadio con intere casse di birra, nessun controllo agli ingressi e circa cinquemila persone in più presenti nelle zone a loro assegnate.

Ma soprattutto quella rete da pollaio. Alle 18,45 iniziano i primi lanci di sassi e bottiglie di birra verso il settore Z. La paura comincia a prendere il sopravvento ma ancora non è scoppiato il panico tra gli inerti spettatori di quella zona maledetta. Poi partono i razzi ad altezza d'uomo e, dopo che è stata sfondata con facilità la rete divisoria, gli assalti degli hooligans. Non trovandosi di fronte degli ultrà ma solo gente tranquilla, i reds avanzano con le aste delle bandiere usate come spranghe. Chi non scappa deve affrontarli, chi fugge, ed è la maggioranza, si accalca contro il muretto che dà sul campo. Gli assalti inglesi procedono a ondate e quelli che riescono a prendere un po' di fiato si ritrovano di nuovo schiacciati dopo pochi secondi. Tutto dura qualche minuto ma sembra un eternità. Le persone non riescono a muoversi, sono in balia della folla, non possono respirare, sono in un incubo impensabile schiacciati da altri corpi innocenti e dalla pressione verso una via di fuga che sembra lontana. Il muro crolla sotto quel peso insostenibile, la gente che ci riesce si riversa in campo e, beffa delle beffe, prende anche le manganellate dai pochi poliziotti presenti, a dimostrazione che l'intelligenza non brillava certo nelle menti di chi doveva gestire un evento di quella portata.

Alle 19,32 è tutto finito. C'è un silenzio irreale, mentre i morti e i feriti vengono caricati sulle transenne per essere portati fuori dallo stadio. Alla fine si conteranno 39 morti e circa 400 feriti, di cui almeno la metà in condizioni critiche. Tra chi non c'è più anche un bambino di 10 anni. Una tragedia insensata, incomprensibile, spiegabile solo con la furia ceca di gente senza una coscienza e una disorganizzazione delinquenziale. Gli ultrà della Juventus, dall'altra parte, hanno visto tutto e vogliono farsi giustizia. In molti entrano in campo e i giocatori bianconeri escono dagli spogliatoi, che tra l'altro si stanno riempiendo di feriti, per calmare gli animi dei tifosi che vogliono vendicarsi. Nel frattempo si sta decidendo cosa fare. La dirigenza della Juve non vuole che si giochi. La Uefa e le autorità belghe chiedono che si scenda in campo per evitare che le cose peggiorino e per dare tempo di fare sfollare gli hooligans. Il Presidente del Consiglio italiano di allora, Bettino Craxi, telefona per dire che non si deve giocare. Un ministro del suo Governo, De Michelis, presente all'Heysel, gli spiega la situazione e lo convince.

Alla fine Liverpool e Juventus si presentano sul terreno di gioco un'ora e mezzo dopo l'orario previsto per la finale. L'atmosfera è surreale. Non si sa nemmeno se la partita sia vera o solo un'esibizione per evitare di rendere la tragedia ancora più insostenibile. Di certo i giocatori si impegnano fino in fondo. La Juve vince con un rigore calciato da Platini e procurato da Boniek, che però subisce il fallo chiaramente fuori area. Dopo il fischio finale ai calciatori bianconeri viene chiesto di mostrare la Coppa sotto la curva dei propri tifosi, un gesto di cui Marco Tardelli, ogni volta che ne parlerà, dirà di vergognarsi.

Poi resta solo un lutto inaccettabile per mogli, madri, padri, fratelli, sorelle, nipoti e amici che per una partita di calcio hanno visto morire i propri cari. Di giustizia ne hanno invece vista poca. Ventisei hooligans mandati a processo, alcuni assolti per insufficienza di prove e alcuni condannati per qualche anno, anche se hanno poi scontato solo pochi mesi. Pene ben al di sotto delle loro responsabilità anche per i dirigenti Uefa, politici belgi e funzionari delle forze dell'ordine. Quattro anni dopo i tifosi del Liverpool vivranno una situazione molto simile nella semifinale di FA Cup di Sheffield: la famosa strage di Hillsborough con 96 supporter dei Reds che perdono la vita, finendo schiacciati e soffocati dalla calca in un modo analogo a quanto accaduto all'Heysel. Da queste due tragedie l'organizzazione degli eventi calcistici ha cominciato finalmente a evolversi. Ma niente ridarà la vita a chi voleva solo assistere a una partita. 

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