L'ANALISI

Panchina corta, Sensi-dipendenza e Lukaku poco incisivo: l'Inter si scopre fragile

La gara con la Juve ha raffreddato gli entusiasmi: i campioni sono ancora di un'altra categoria

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Cinque giorni, due sconfitte tra Barcellona e Juventus, e l'Inter si ritrova davanti alla cruda realtà: il divario con le big d'Europa è ancora ampio e la strada per ridurre il gap è ancora lunga. A San Siro è arrivata la prima battuta d'arresto in campionato, un passo falso ancor più doloroso perché inflitto dalla grande nemica, quella Juventus che. per dirla alla Conte, "è di un'altra categoria". I nerazzurri, con cuore e impegno, sono rimasti aggrappati alla partita, ma alla fine il divario tecnico è venuto fuori e ha vinto la squadra più forte sotto tutti i punti di vista. Vediamo nel dettaglio note negative e liete in casa nerazzurra.

PANCHINA CORTA E SENSI-DIPENDENZA
Quando al minuto 33 Stefano Sensi è stato costretto ad alzare bandiera bianca e al suo posto è entrato Mathias Vecino, per stessa ammissione di Conte la squadra "ha perso un po' il filo del gioco". La serata di San Siro ha evidenziato tutti i limiti della panchina nerazzurra. Mentre Sarri ha azzeccato il doppio cambio Higuain-Bentancur, protagonisti del gol-vittoria, Conte non è stato ripagato allo stesso modo: l'uruguaiano non ha dato alcun contributo, né in fase di copertura né tantomeno di spinta, mentre il giovane Bastoni inserito con coraggio al posto di Godin si è fatto infilare dal Pipita nell'azione del 2-1 bianconero. I nerazzurri sono anche un po' in credito con la fortuna, visto che hanno perso probabilmente in questo momento l'unico giocatore davvero insostituibile, Sensi. Il lavoro di raccordo delle due fasi dell'ex Sassuolo è fondamentale per la squadra e con la sua uscita l'impoverimento tecnico è stato davvero evidente, con conseguenze lampanti sul gioco.

LUKAKU OPACO IN ZONA GOL
Il bomber belga stecca la gara più importante da quando è all'Inter, perde il confronto diretto con gli attaccanti bianconeri ma anche quello con il compagno di reparto Lautaro Martinez. La condizione fisica non è ancora ottimale, i suoi muscoli sono ancora in rodaggio, ma ieri sera l'uomo chiamato a far dimenticare Icardi ha mostrato qualche limite tecnico di troppo: passaggi facile sbagliati e quasi sempre la scelta sbagliata negli ultimi 16 metri. Di testa è stato sempre sovrastato da Bonucci e de Ligt e il suo peso in area non si è proprio sentito.

SQUADRA TROPPO SCHIACCIATA
Come contro il Barcellona, quando le energie fisiche cominciano a calare la squadra si fa troppo schiacciare e quando hai di fronte dei campioni (vedi Suarez e Higuain) prima o poi vieni punita. I gol dell'attaccante del Barça e del Pipita sono simili, visto che entrambi sono stati bravi a infilare rispettivamente Godin e Bastoni, che hanno commesso l'identico errore, ovvero staccarsi dalla marcatura e agevolare decisamente il compito di quei due bomber micidiali. Se il baricentro della squadra si è pericolosamente abbassato nel secondo tempo, la colpa è anche degli esterni (Asamoah in primis) che hanno lasciato troppo campo ai rivali.

LAUTARO CRESCE A VISTA D'OCCHIO
Ovviamente dal Derby d'Italia non sono emerse solo note negative. Conte può sorridere pensando alla crescita esponenziale di Lautaro Martinez. Il Toro ha sbagliato qualche gol di troppo in questo avvio di stagione, ma contro Barcellona e Juventus ha timbrato due volte il cartellino e ha costantemente messo in apprensione le difese. Dopo aver fatto ammattire Piqué e Lenglet, l'argentino ha anche stravinto la sfida con de Ligt. Dopo due sconfitte brucianti, questa è la più bella vittoria per Conte.

IMPEGNO E CARATTERE
Con l'arrivo di Conte in panchina, la squadra spesso svogliata e senza gioco delle ultime stagioni - per fortuna dei tifosi interisti - non si vede più. Anche contro la Juve, impegno e carattere non sono mancati, ingredienti fondamentali per continuare il percorso di crescita. Handanovic e compagni hanno lottato fino all'ultimo secondo nel tentativo di riacciuffare i bianconeri, un atteggiamento da cui ripartire dopo la sosta per rimettersi prontamente in carreggiata. Perché persa una battaglia, c'è sempre un posto in Champions League da difendere con i denti e con il sudore.

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