La lettera del tifoso nerazzurro e la sua riflessione "sul piano gestionale e umano" dopo la decisione per la panchina
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La decisione della dirigenza dell'Inter di puntare su Cristian Chivu per sostituire Simone Inzaghi dopo l'impossibilità di arrivare al tecnico del Como Cesc Fabregas, che rappresentava la prima scelta per la panchina, ha lasciato perplessi tanti sostenitori nerazzurri, scatenati sui social. A questo proposito riceviamo e pubblichiamo la lettera di un lettore di Sportmediaset.it, Abbonato settore 159, fila 17, posto 14, che dà le motivazioni per il suo 'no' alla strada scelta dal club.
Cara Inter,
scrivo da tifoso, ma anche da osservatore di dinamiche che vanno oltre il campo. La recente decisione del tuo Presidente di affidare la guida tecnica a Cristian Chivu merita una riflessione seria. Non tanto sul piano tecnico - che rispetto e sul quale Marotta ha certamente competenza maggiore della mia - ma su quello gestionale e umano, dove, al contrario, ritengo di poter dire la mia.
Partiamo dal contesto: l’Inter arriva da un momento tragico, da un passaggio traumatico che ha lasciato il segno su tutti (un evento che tutta l’Italia non nerazzurra continuerà a sbandierare per mesi e anni). In una situazione simile, ogni azienda - e il calcio moderno lo è a tutti gli effetti - avrebbe bisogno di consolidare il proprio brand, rassicurare il mercato, dare un segnale di solidità. Invece si è scelta la strada della scommessa. Questo sì che è tutto il contrario di quello che si studia in via Sarfatti a Milano.
Affidare la panchina a un allenatore alla prima esperienza nel calcio che conta significa, nell’immediato, esporre il progetto a dubbi, critiche, insicurezze con le ovvie ricadute sul valore del brand (tradotto rispettosamente anche per i droghieri: ricavi). Gli sponsor rivedranno il proprio entusiasmo, i tifosi - già provati - potrebbero perdere fiducia, e lo stesso valore dei giocatori potrebbe risentirne. Alcuni di loro, magari i più esperti e ambiziosi, potrebbero non accettare la guida (ma soprattutto il progetto tecnico non supportato da un palmares adeguato) di un tecnico senza curriculum e chiedere la cessione, magari a condizioni meno favorevoli per il club. Tutto questo significa un danno economico reale, misurabile. Dopo aver raggiunto il pareggio economico nella passata tragica stagione, si tornerà con rapidità nel baratro del mercato a 0 e del rimborso del bond.
Sul piano umano, poi, c’è un aspetto ancora più delicato: dopo uno shock collettivo, ogni comunità ha bisogno di certezze, di progetti “sicuri”, di una leadership forte, di riferimenti riconoscibili. Invece arriva una figura che, seppur amata da giocatore e stimata per il lavoro svolto fin qui, non ha ancora dimostrato nulla da allenatore a questo livello. Come potranno i senatori dello spogliatoio, reduci da una stagione dolorosa, credere in un progetto così fragile?
L’unica attenuante che mi sento di concedere a Marotta è se questa decisione sia stata dettata, o meglio ordinata, dagli azionisti di Oaktree. I nostri cugini ne sanno qualcosa, dopo due anni di profitti a conto economico, sono fuori dall’Europa con i tifosi che urlano il loro disappunto. In tal caso, resterebbe una scelta sbagliata, ma almeno comprensibile per un manger di lungo corso quale è il nostro presidente. In ogni caso, a pagare saranno tutti: la squadra, la società, i tifosi — e forse più di tutti, proprio Cristian Chivu, gettato in un contesto più grande di lui, senza paracadute.
Per quanto mi riguarda: a testa molto bassa rinnoverò l’abbonamento ma non dimenticherò mai questi 6 giorni: dalla cima del mondo all’inferno!
Con rispetto, ma con amarezza,
Abbonato settore 159, fila 17, posto 14