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Inter, buio in campo e summit negli spogliatoi: ogni decisione dopo il Benfica

Presidente, management e tecnico a lungo a confronto a San Siro: il Benfica decide il futuro immediato di Inzaghi

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Inter, buio in campo e summit negli spogliatoi: ogni decisione dopo il Benfica - foto 1
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E' notte fonda quando la dirigenza dell'Inter lascia San Siro dopo il ko contro il Monza, il terzo consecutivo in casa, il quarto nelle ultime cinque partite, l'undicesimo in stagione. Marotta, Antonello, Ausilio e Baccin riemergono dagli spogliatoi verso la una, dopo un lungo summit cui hanno partecipato anche il presidente Zhang e Simone inzaghi, l'unico a parlare nel post partita. Si va avanti così, per ora. Per forza di cose. Mercoledì c'è il Benfica, la sola soluzione è provare a serrare i ranghi. Il resto verrà, è storia già scritta. Solo la Champions, questa che si sta giocando, può salvare Inzaghi. Già, come dire, vinco l'oro olimpico sui cento metri e tutto è a posto... Il destino è comunque segnato, se non nell'immediato di certo per il prossimo futuro. Si tratta di rendere il cammino verso il suo compimento meno drammatico - sportivamente parlando - di quanto già non sia. O paradossalmente (ma questo è un altro discorso) lastricarlo d'oro. Ma oggi è veramente difficile pensarlo possibile. Per il club è invece vitale la prossima Champions, quella che sarebbe garantita da un quarto posto che oggi è un miraggio, ben più di quanto non dicano i punti di distacco da chi è davanti. Dentro o fuori, nulla più, con lo spettro di un ridimensionamento ancor più serio di quello operato negli ultimi anni da una proprietà ectoplasmatica.

Se poi l'Inter perde ormai da oltre un mese la stessa partita (passateci la licenza), con una estenuante e sconfortante ripetitività, le responsabilità primarie sono però di chi sul campo ne ha a conti fatti di maggiori. Perché Suning latita, è vero. Perché il management arranca, è vero. Perché Inzaghi è confuso, è vero (in campionato almeno). Ma se la squadra ha segnato 10 gol nelle ultime 12 giornate, con una media di 0.8 reti a match dopo che ne aveva realizzate 38 nelle prime 18 gare giocate nel torneo con una media di 2.1, pare chiaro chi debba finire sul banco degli accusati. Ribadire il numero di conclusioni provate nell'ultimo mese e mezzo senza successo è persino snervante. Siamo oltre le ottanta, basti questo. Ricordare che, rigori a parte realizzati da Lukaku (e questo vale anche per Coppa Italia e Champions) gli attaccanti dell'Inter non segnano più (Lautaro si è fermato all'Udinese, Dzeko e Correa sono ancora a digiuno nel 2023), è doveroso. Perché i portieri avversari saranno pure i migliori in campo - come ha per l'ennesima volta ricordato Inzaghi in questo eterno giorno della marmotta interista - ma certi errori, proprio perché ripetuti, non possono essere archiviati alla voce "sfortuna". Concentrazione, precisione, freddezza, determinazione, persino rabbia. A quest'Inter, in campionato, manca tutto questo, da troppe settimane, mesi. Compresa l'anima. Tanta confusione, equamente suddivisa tra reparti e uomini. Troppa per non creare una situazione drammatica nella quale solo la Champions può essere una via di salvezza. E questo dice se non tutto per lo meno tantissimo. E comunque troppo.

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