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IL LUTTO

Dalla foglia morta ai litigi con Herrera: addio Mariolino, leggenda nerazzurra

Mario Corso è stato il numero 11 più iconico della storia dell'Inter non solo per quello che ha vinto ma per la grandezza del suo calcio ispirato da un sinistro capace di qualsiasi cosa

20 Giu 2020 - 11:08
 Mario Corso - 17 anni 3 mesi e 5 giorni

 Mario Corso - 17 anni 3 mesi e 5 giorni

Per chiunque abbia superato i 60 anni, o ci sia comunque vicino, e conservi i colori nerazzurri in una parte importante del cuore, il numero 11 è sempre stato uno solo: Mario Corso. Luciano Ligabue, grande tifoso dell'Inter, in una partita per beneficenza si è ritrovato a indossare la maglia nerazzurra con quel numero. Prima di scendere in campo ha incrociato Corso, che era il suo idolo da bambino, e gli ha raccontato di quanto fosse felice di poter avere l'11 sulla schiena. Mariolino gli ha risposto solo:" Vedi di onorarla". Basta questo per inquadrare il personaggio, estroso in campo e più che consapevole di cosa rappresentasse per la storia di un club a cui ha legato buona parte della vita. 

Nato a Verona in piena guerra mondiale, nel 1941, l'Inter lo porta a Milano nel 1958 dall'Audace San Michele. Debutta in serie A a 17 anni e assapora tutti i trionfi nerazzurri degli anni '60: 4 scudetti, due Coppe dei Campioni e altrettante Intercontinentali. Trofei vinti sotto la guida di Helenio Herrera che non ha mai avuto un grande rapporto con lui, chiedendo ogni estate ad Angelo Moratti di metterlo sul mercato. Un invito mai raccolto dal Presidente che stravedeva per Corso come tutti i veri interisti.

Difficile che un allenatore rigoroso lo potesse amare particolarmente. Non era inquadrabile tatticamente. Il ruolo se lo sceglieva lui. Partiva da una una zona sul centrosinistra del campo, verso la trequarti avversaria lasciando la fascia agli inserimenti di Facchetti, e da lì si spostava dove lo portava l'istinto e una fantasia immensa che gli permettevano di regalare assist o di partire in dribbling difficilmente gestibili da chi doveva marcarlo. E poi c'era il marchio di fabbrica: la punizione a foglia morta, con la palla che veniva colpita con un effetto tale da riuscire a cadere in modo assolutamente imprevedibile. La più bella e iconica di sempre quella nella semifinale di ritorno con il Liverpool nella Coppa dei Campioni del 1965.

Addio a Mario Corso, la stella più luminosa della Grande Inter

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Nonostante sia stato uno dei giocatori italiani più apprezzati del periodo, la sua esperienza in Nazionale non sarà memorabile. Esordisce nel 1961 ma viene escluso dalla lista dei convocati per i mondiali del 1962. Non va meglio nel '66, visti i rapporti complicati con il C.T. di allora Edmondo Fabbri (ma almeno così si evita la vergogna Corea...). Anche Valcareggi non lo tiene in grande considerazione e l'ultima partita in azzurro sarà nel 1971 in un'amichevole contro la Svezia. 

Finisce la carriera di calciatore al Genoa prima di iniziare quella di allenatore delle giovanili, dove vince uno scudetto Primavera con il Napoli. Il momento più alto in panchina lo vive quando viene chiamato alla guida dell'Inter al posto di Castagner nel 1985. Per il resto, solo una promozione in C1 con il Mantova e poco altro. Dopo aver detto addio alla panchina torna all'amore di sempre, l'Inter, come osservatore.

La sua morte è un colpo al cuore per tutti gli interisti e per chiunque abbia avuto l'onore di vederlo giocare. 

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