"Fino a questo momento stiamo facendo molto bene, ma il nostro obiettivo rimane chiaro: raggiungere la salvezza il prima possibile e poi continuare a lottare". Martin Payero è arrivato alla Cremonese portando con sé carattere, intensità e quella garra argentina che non lo abbandona mai. Dopo l'esperienza all'Udinese si è inserito subito nel cuore del centrocampo grigiorosso, dove sabato sera sarà protagonista a San Siro contro l'Inter. Ma non ha paura: "Se riesci a giocare nella Bombonera, poi è tutto in discesa", dice dello stadio del Boca Juniors: "è qualcosa che non si può spiegare. La prima volta senti paura ed emozione insieme, poi capisci che quello è il tuo posto. Mi porto dentro quella energia».
La scelta di vestire il grigiorosso, racconta, è stata immediata: "È stata una decisione semplice, sono felice di essere qui. Ho trovato una società seria, un gruppo che mi ha accolto bene e una città tranquilla. Mi sento nel posto giusto". In campo si muove con naturalezza in più ruoli: "Mi sento bene un po' ovunque - spiega l'argentino -. Negli anni ho imparato a giocare da regista davanti alla difesa, ma anche più avanzato. Penso che la nostra forza sia proprio la varietà: ognuno ha caratteristiche diverse e dobbiamo saperle unire".
Con Franco Vazquez l'intesa è stata immediata: «Non ci conoscevamo, anche se veniamo dalla stessa provincia. Qui ci siamo trovati subito, passiamo tanto tempo insieme e lui mi ha aiutato a capire tante cose del club". Anche da lontano, però, Payero sente il peso della tradizione argentina a Cremona: "So chi è Dezotti e che storia ha - dice -. Ha fatto tantissimi gol in Serie A ed è rimasto nel cuore della gente. Per me è un onore essere visto come un argentino che può dare qualcosa a questa città".
Il passato lo ha portato anche in Inghilterra ("la Premier è un campionato più veloce e verticale. In Argentina e in Serie A c'è più attenzione alla tattica e all'intensità. Ogni esperienza mi ha reso un giocatore più completo"), ma ora la testa è all'Inter: "Dobbiamo andare a Milano per fare le nostre cose e dare il massimo. I grandi stadi non devono spaventare, ma stimolare". Il calcio argentino resta però la sua radice, con due icone che l'hanno segnato: "Ho vissuto più da vicino l'epoca di Messi, lo sento più vicino, ma so cosa rappresenta Diego per il mondo intero. Abbiamo avuto la fortuna di avere due leggende".