L'INTERVISTA

Nicolai Lilin racconta lo Sheriff: "Laggiù il calcio è tutta facciata, ma l'Inter sarà ben accolta"

L'autore del romanzo 'Educazione siberiana' a SportMediaset: "Club creato per scopi politici, l'obiettivo è attirare l'attenzione sulla Transnistria e sta funzionando"

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L'Inter di Simone Inzaghi si prepara a una delle trasferte più particolari della sua storia. Mercoledì a Tiraspol, in Transnistria (regione autonoma ufficialmente parte della Repubblica di Moldavia), Handanovic e compagni affronteranno lo Sheriff, rivelazione del Gruppo D di Champions League. A raccontare cosa attenderà i nerazzurri nella piccola repubblica non riconosciuta dalla comunità internazionale è Nicolai Lilin, autore del romanzo Educazione siberiana, che vive in Italia, ma che in Transnistria è nato e cresciuto: "La Sheriff è una società nata per la necessità di dotarsi di un sistema economico indipendente, gestita da ex agenti del Kgb - spiega -. Il calcio è solo facciata, nulla più di uno strumento politico. L'obiettivo è attirare l'attenzione su quel piccolo pezzo di terra e sulle sue problematiche e sta funzionando".

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Partiamo dall’inizio, che cos’è la Sheriff e quando è nata?
"La Sheriff è nata insieme alla Transnistria nel 1992, subito dopo il crollo dell’Unione Sovietica. In quegli anni il popolo transnistriano, da sempre fedele all’ideologia sovietica, dichiarava la propria indipendenza dalla Repubblica di Moldavia, che invece nasceva sotto l’influenza occidentale. In Transnistria si parla russo, si scrive in cirillico, abbiamo ancora le statue di Lenin e la simbologia dell’URSS nelle nostre strade. Tra l’altro quello della Transnistria era un territorio chiave dal punto di vista militare per i russi. Da noi c’era, e c’è tutt’ora, un’industria bellica importante: magazzini di armi, fabbriche dove si producono puntatori per missili e carri armati, sistemi per razzi reattivi non guidati… Tutto questo non poteva finire sotto il controllo occidentale. Il problema è che la Transnistria non è mai stata riconosciuta e vive di fatto sotto embargo internazionale. La Sheriff è una società creata per la necessità di avere un sistema economico indipendente. All’apparenza è una holding privata, ma di fatto è gestita dal governo transnistriano non riconosciuto. L’economia reale del Paese dipende dalla Sheriff, per la quale lavorano quasi tutti. Anche gli investimenti occidentali, che non mancano, passano attraverso i meccanismi della Sheriff".

E lo sport come si colloca in questo contesto? Che ruolo ricopre?
"Diciamolo chiaramente, il calcio è solo una paraculata (testuale, ndr). È evidente che questa squadra è stata creata per attirare attenzione sul Paese, ha un interesse e un’utilità soprattutto politica. I vertici di Sheriff vogliono far conoscere all’occidente questo pezzo di terra, portare alla luce le nostre problematiche e farci riconoscere come accaduto per altri Paesi con storie complicate, come l’Albania. Laggiù nessuno segue il calcio, non c’è questa 'malattia mentale' che c’è in occidente. Non è nulla più che uno strumento politico, creato per presentarsi agli occidentali. Comunque hanno battuto il Real Madrid e hanno fatto molto rumore, vuol dire che hanno investito bene. Gli sport qui sono altri. Arti marziali, judo, sambo… Sport per persone che amano la propria patria e che un giorno potrebbero andare a combattere per lei. Uomini e donne pronti a difendere il proprio Paese".

Pensi che questa avventura in Champions League dello Sheriff possa avere dei risvolti positivi per il popolo della Transnistria?
"Io spero che tutto questo possa suscitare un dibattito e un grande interesse. Grazie a questa squadra, a uno sport 'ignorante' come il calcio, è stato fatto un bel servizio, portando molta attenzione sulla storia della Transnistria. Spero che la gente comincerà a usare un po’ di più il cervello, a informarsi e magari anche a visitare il Paese. È un Paese aperto, di gente amichevole. Ed è anche interessante da visitare, perché di fatto è una delle ultime isole sovietiche, noi non abbiamo mai abbattuto il nostro passato".

Che tipo di ambiente potrebbe trovare l’Inter a Tiraspol?
"Sicuramente un ambiente bello, amichevole, certamente molto sovietico. I giocatori saranno sicuramente ben accolti. La città è tenuta bene, è una città piccolissima, con un’impostazione molto militare. Le strade sono fatte per spostare mezzi militari e i giocatori che non sono abituati a certe dinamiche sicuramente lo noteranno. Magari saranno anche sorpresi. Perché il popolo della Transnistria vive nella struttura militare, ma da fuori non si vede, è invisibile. Non vedi blindati, militari in divisa e fucili da guerra come li vedi  in centro a Milano, paradossalmente sono più militarizzate le città occidentali. Poi si mangia molto bene e ci sono bellissime donne. Non mi sorprenderei se qualche calciatore dell’Inter dovesse divorziare o se scoppiasse qualche scandalo (ride, ndr)… Io un po’ li invidio, perché si troveranno di fronte un mondo che una volta esisteva e che ora in gran parte è scomparso".

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