Intervista a La Repubblica: "Da loro mai una parola fuori posto: mica tirano le bottigliette ai giornalisti come fa qualcuno"
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Si definisce un "padre fortunato" ma il merito lo attribuisce tutto alla moglie Marina: "Tutto merito suo se Simone e Filippo sono come sono". A parlare è Giancarlo Inzaghi, i figli ça va sans dire sono i due fratelli che nell'arco di tre giorni hanno portato l'Inter in finale di Champions e il Pisa in Serie A. Gli hanno regalato gioie immense (e ansie assortite) da calciatori - due splendide carriere - e continuano a farlo ora da allenatori. Intervistato da La Repubblica da Maurizio Crosetti, papà Giancarlo racconta oggi di se stesso, delle sue emozioni, dei riti scaramantici, dei calmanti necessari per placare l'ansia e di cosa rende Simone, il Demone di Piacenza, e Filippo, SuperPippo, due vincenti: "Mi fanno divertire da quando avevano 16 anni, e io oggi ne ho 77". Un'età alla quale partite come quella di San Siro tra Inter e Barcellona risultano, diciamo così, parecchio pesanti da affrontare sul divano di casa: "Come faccio poi a dormire? Con una pastiglietta di Xanax da 0,50: l’ho presa dopo Inter-Barça, ma poi ho dovuto aggiungere nove gocce di Minias”.
E non è certo finita, per la finale con il Psg occorrerà una dose maggiore. Ma resta l'immensa soddisfazione e, soprattutto, prevale l'orgoglio: “Come stavo martedì? Fino a una certa ora di martedì sera, mica lo sapevo! Poi i ragazzi hanno dato l’anima per Simone, che se lo merita. Tre volte aveva chiesto a Lautaro: “Toro, te la senti?”. E lui: “Ma certo, mister”. Ha giocato con una gamba sola, e Frattesi si era allenato solo la mattina. Formidabili, e non sono neanche giovanissimi. Al completo non hanno paura di nessuno, ma se ne mancano un paio possono perdere contro chiunque".
Per Simone è stata "la rivincita dell'esperienza", risultato di una caratteristica che lo rende speciale: "E' empatico, e i suoi giocatori lo adorano anche quando gli grida dietro". In tre anni due finali di Champions. Dal City al Psg: “C’è chi mi dice: eh, quest’anno si può anche non vincere niente. E io rispondo: ma Simone ha già vinto tutto! Gli altri lo guardano in tivù, mi sembra. E l’Inter ha appena guadagnato 140 milioni di euro con il mio ragazzo in panchina, 15 solo con l’incasso del Barcellona. Una partita del genere non ci sarà mai più”. Ma a Monaco papà Giancarlo non ci sarà, la ritualità scaramantica prevale: “Mai! Non posso abbandonare il mio divano portafortuna a San Nicolò, provincia di Piacenza: tapparelle abbassate, whiskino, una sigaretta, poter dire dei nomi a tutti perché tanto non mi sente nessuno. Le partite le vedo da solo".
Un padre felice, insomma, ci mancherebbe altro. Un padre smisuratamente orgoglioso dei suoi figli: "Pippo? Lui allena il Pisa, senza offesa, mica l’Inter: dal 13° posto alla promozione in un anno. Che orgoglio smisurato per i miei bravi ragazzi, mai una polemica, mai una grana, mai una parola fuori posto. Così erano da calciatori, così sono da mister. Mica tirano le bottigliette addosso a voi giornalisti, loro, come fa qualcuno. Ma la Dea, la Dea qui, la Dea là…”.