Torneo in 10 giorni nel gelo della capitale Nuuk, la scelta dell'omonimo dell'ex Porto, Chelsea e Real: "Alla fine età biologica di 60 anni"
di Federico CasottiSi chiama Ricardo Carvalho, ma è solo omonimo dell’ex campione di Porto, Chelsea, Real Madrid e nazionale portoghese. Brasiliano dello stato di Rondonia, una carriera eufemisticamente ai piani bassi del calcio che conta, una di quelle carriere dove, una volta compresi i propri limiti e il proprio livello, la differenza viene dal sapersi armare di fantasia, curiosità e voglia di scoprire il mondo.
In un libro di ormai vent’anni fa, dal titolo “Futebol - lo stile di vita brasiliano”, il giornalista Alex Bellos raccontava l’importanza del calcio per i brasiliani partendo da un presupposto: dovunque tu vada nel mondo, troverai un brasiliano, a qualsiasi livello, che si guadagna da vivere il calcio. Per dimostrare il teorema, Bellos si spostò fino alle isole Far Oer: ma vent’anni dopo, Carvalho ha alzato l’asticella, ammesso fosse possibile, scegliendo un paio di settimane fa di andare a giocare in Groenlandia.
Se cercate sul sito della FIFA o sui vari siti di livescore informazioni sul campionato groenlandese, semplicemente non ne troverete, perché si tratta di uno degli ultimi tornei nazionali ancora non riconosciuto ufficialmente a livello internazionale. Ha tenuto banco ancora nei mesi scorsi il fallito tentativo groenlandese di farsi ammettere alla CONCACAF, dopo aver ricevuto picche dalla UEFA: sta di fatto che ancora oggi si tratta di un campionato in una non letterale terra di nessuno. Ma questo ha anche i suoi vantaggi, a cominciare dal poterselo organizzare in maniera totalmente autonoma e con una formula bizzarra ma dettata dalle necessità.
Il campionato dura infatti solo una decina di giorni: tanto permette il rigidissimo clima locale per poter giocare le partite all’aperto, nel suggestivo stadio di Nuuk, la capitale. Si tratta di un campo da gioco in erba sintetica, a ridosso di una collina di roccia che permette agli spettatori di godersi lo spettacolo. Immaginatevi le rocce dello stadio di Braga, immaginatele traslate sul lato lungo del campo, immaginate ora che fungano da tribuna centrale. Magari non esattamente cinque stelle UEFA, ma l’impatto scenico è sicuramente di livello.
Le squadre sono ovviamente formate da dilettanti, e convergono a Nuuk per la settimana della fase finale del campionato dopo aver giocato nel loro villaggio delle brevi qualificazioni su base ultra locale: in pratica ogni villaggio qualifica una squadra, che si sposta poi nella capitale ottimizzando costi di viaggio e alloggio. Si gioca come detto in una settimana, tutti i giorni: due gironi all’italiana da cinque squadre l’uno, le vincenti giocano la finale, il tutto trasmesso in diretta dalla KNR TV, la tv nazionale, che mettendo lo streaming visibile su Youtube ha fatto rapidamente diventare il torneo di culto in tutto il mondo, non fosse altro che per le grafiche ricalcate pari pari da quelle della Champions League.
E Carvalho? Il brasiliano ha giocato cinque partite da difensore centrale con la maglia del Timersoqatigiiffik G-44 Qeqertarsuaq, chiudendo al terzo posto, segnando anche una rete e diventando quindi anche il primo brasiliano a segnare nel torneo. Ah, ovviamente il nome della squadra non è un errore, non solo perché ammettiamo il copia-incolla dalla pagina social ufficiale, ma anche perché i nomi sono tutti in lingua inuit, e quindi non c’è da stupirsi se l’Inuit Timersoqatigiiffiat-79 sia arrivato in finale. È anche vero che ha poi perso 2-1 contro la squadra campione, il Boldklubben-67, forse non casualmente l’unica squadra del campionato con un nome che ricorda le più attrezzate squadre danesi.
Per Carvalho, l’avventura in Groenlandia è durata solo una settimana, pur ammettendo nel suo profilo Instagram di aver “finito il torneo con un’età biologica di 60 anni”, ma anche di aver apprezzato l’ospitalità dei compagni ed essersi in definitiva goduto un’esperienza unica al mondo. Con un vantaggio in più: in quanto campionato non riconosciuto dalla FIFA, Carvalho, è libero di accasarsi immediatamente da una parte, magari nella serie B islandese dove aveva giocato fino a poche settimane fa, o in un qualsiasi altro, improbabile posto nel mondo. Perché a qualunque livello, in qualunque luogo, il fascino del giocatore brasiliano non tramonta mai.