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LE PAROLE

Ancelotti: "Grande responsabilità allenare il Brasile, mi chiamano già Carlinho"

Il nuovo Ct della Seleção ha raccontato le prime sensazioni in vista dell'esordio ufficiale  

03 Giu 2025 - 13:15

E all'improvviso Re Carlo è diventato Carlinho. "Mi hanno soprannominato così e mi piace", confessa Carlo Ancelotti a pochi giorni dall'esordio sulla panchina della Nazionale brasiliana. In una lunga intervista rilasciata a Vivo Azzurro Tv, l'unico allenatore ad aver vinto il titolo nei cinque principali campionati europei (Italia, Inghilterra, Francia, Germania e Spagna) e il solo ad aver alzato per cinque volte la Champions League, racconta la sua esaltante carriera, a cominciare dall'ultimo viaggio che da Madrid lo ha portato a Rio de Janeiro: "Adesso inizia un'altra avventura, è una responsabilità grande, ma anche una grande felicità avere l'opportunità di allenare la nazionale brasiliana. Sono stato accolto con molto affetto, spero di preparare bene la squadra e fare in modo che sia competitiva al prossimo Mondiale". Imparare una nuova lingua non sarà un problema: "Dovrò studiare il portoghese come ho dovuto studiare il francese, l'inglese, lo spagnolo: mi aiuterà il fatto che il portoghese ha la stessa grammatica".

Ancelotti racconta anche di essere stato calciatore/allievo di Arrigo Sacchi al Milan, poi suo vice in Nazionale nel Mondiale americano: "È stato un innovatore, ha portato qualcosa di nuovo nel calcio a livello tattico e di metodologia. Ho lavorato tanti anni con lui da giocatore e allenatore, è stato per me un maestro molto importante". Ma la gestione del gruppo non si impara dentro un'aula, un 'leader calmo' non nasce in provetta: "Non l'ho studiato, sono fatto così e cerco di trasmettere la mia identità e il mio carattere nella relazione con gli altri. Il carattere si forma con i maestri che hai avuto nell'infanzia: tuo papà, gli insegnanti a scuola e gli allenatori. La convivenza tra i grandi campioni dipende dall'intelligenza individuale di ciascuno di loro. Solitamente il grande campione è serio, professionale e lavora bene. La gestione non è così complicata". Ma non bisogna dimenticarsi che il campione è spesso anche un ragazzo molto giovane, che spesso suo malgrado si ritrova a diventare una sorta di piccolo polo industriale: "Il rapporto con i giovani oggi è più complicato rispetto al passato. Per i calciatori è cambiato lo status: oggi un giovane ha molte più responsabilità addosso rispetto a quella che avevo io quando ero calciatore. Ora dietro ha tanta gente: c'è il procuratore, ci sono i genitori, i fratelli e le sorelle. La responsabilità è veramente molto alta".

Ancelotti poi fa una riflessione sul calcio moderno: si gioca tanto, per Ancelotti troppo. "Credo che le federazioni, la UEFA e la FIFA debbano trovare una soluzione per il bene del calcio, per preservare la qualità del gioco, ma soprattutto la salute dei calciatori". E anche la sacralità dello spogliatoio è stata in parte violata. In un'epoca social, in un mondo sempre più interconnesso, si chatta di più e si parla di meno: "I giocatori si isolano molto con le cuffie, con la propria musica. Addirittura ai miei tempi non si poteva ascoltare la musica negli spogliatoi perché deconcentrava. Oggi non c'è molta comunicazione tra i calciatori perché tutti i giovani sono concentrati sul proprio telefono".

Suo figlio Davide è ormai da anni uno dei suoi più stretti collaboratori: "Ha fatto tutta la trafila, è un assistente affidabile e ancora più affidabile perché c'è un grado di parentela molto vicino. Ha quindi più confidenza rispetto ad altri assistenti e può dirmi cose che a volte gli altri fanno più fatica a dirmi".

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