Intervista esclusiva al Direttore Tecnico della nazionale italiana reduce dalla storica spedizione dei mondiali di Tokyo
di Ferdinando Savarese© Grana/Fidal
Antonio La Torre è dal settembre 2018 il Direttore Tecnico e Scientifico della nazionale italiana di atletica, che ha entusiasmato nel corso dei recenti mondiali di Tokyo grazie al record di podi nella storia azzurra della manifestazione con 7 medaglie, ma anche con 15 finalisti e 62 punti nella classifica a punti che ha visto l'Italia al sesto posto di questa speciale graduatoria, a testimonianza della solidità del movimento con ottime ulteriori prospettive per il futuro.
Insieme a lui analizzeremo i momenti principali di questi campionati iridati appena conclusi, con le tantissime note positive, ma anche con quelle negative su cui lavorare in funzione dei prossimi impegni nelle future stagioni che porteranno alle Olimpiadi di Los Angeles 2028.
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Antonio, anche i palati più fini non possono eccepire nulla su questa spedizione azzurra ai mondiali di Tokyo. Il risultato finale è forse andato oltre le aspettative. Sei d'accordo?
"Direi di no, anche perché pochi giorni prima delle convocazioni abbiamo appreso della rinuncia di una grande punta quale Stano, poi durante il ritiro in Giappone le condizioni fisiche di Diaz sono peggiorate e c'è anche stata, purtroppo, la controprestazione di Iapichino. In realtà ci aspettavamo quanto accaduto e l'aspetto ulteriormente positivo deriva dal fatto che la nostra ricchezza di punte, per usare un termine calcistico, ha generato un clima particolarmente positivo e un cambio di mentalità a livello collettivo che ha compensato ogni problema, e non posso non citare su tutte le due imprese di Dallavalle e Aouani".
Consistenza, profondità e futuro. Queste le tue tre parole con cui hai sintetizzato quanto mostrato dalla squadra italiana nei 9 giorni di gare in Giappone. Vorresti spiegarle meglio?
"La consistenza deriva certamente dall'avere superato il numero di medaglie massimo mai raggiunto in passato, anche nei tempi d'oro dell'atletica italiano degli anni 80' e 90', ma anche dall'aver chiuso in sesta posizione assoluta nel placing table, superati a livello europeo solo nell'ultimo giorno da Germania e Gran Bretagna. La profondità si riferisce nel dettaglio al numero dei finalisti che siamo riusciti ad aumentare rispetto alla precedente edizione di Budapest 2023, mentre il futuro sta nel fatto che nella squadra azzurra si stanno sempre più affiancando, agli atleti di grande esperienza, giovani e giovanissimi in grado di fare la differenza in un contesto mondiale dai contenuti straordinari, quali su tutti la 25enne Battocletti e il 20enne Furlani".
Hai citato Furlani e Battocletti come nuove icone di questa atletica italiana che continua a crescere. Impossibile non essere d'accordo e, mettendo sullo stesso piano le imprese di entrambi, chi dei due a tuo avviso possiede le qualità per puntare ancora più in alto?
"Due atleti straordinari che hanno già segnato la nostra storia con un grande presente, ma hanno ovviamente davanti un grande futuro i cui limiti non si possono esattamente delineare. Voglio sottolineare in merito a Nadia come abbia ottenuto vittorie o quantomeno medaglie in ogni competizione internazionale disputata nel 2024 e 2025, su qualsiasi terreno dalla pista alla strada e al fango delle campestri, ma soprattutto come abbia ribaltato il paradigma che le gare di mezzofondo lungo femminile fossero solo una questione tra atlete africane, che invece adesso l'hanno scoperta e la temono in gara. Mattia a sua volta ha ottenuto podi ovunque negli ultimi due anni, addirittura due titoli mondiali nel 2025, e l'autorevolezza con cui ha vinto a Tokyo al termine di una prova anche sofferta, dopo una qualificazione non brillantissima, è una dimostrazione ulteriore di come stia costruendo un muro quasi invalicabile per i prossimi anni".
Tamberi, l'atleta azzurro in attività più vittorioso a livello di palmares, non ha certamente lasciato un grande segno in questi mondiali, ma alla fine è sembrato come se questa esperienza lo avesse in qualche modo ulteriormente stimolato ad andare avanti. Quale è il tuo pensiero?
"Sono assolutamente d'accordo con questa valutazione. Si sapeva che capitan Gimbo non fosse nella condizione ideale per tanti problemi fisici avuti nell'anno, si sperava in una specie di miracolo per le sue grandi doti di agonista, ma alla fine credo certamente che questa esperienza sia stata per lui quasi un passaggio obbligato per sboccarlo ulteriormente, facendolo ripartire con ulteriore e rinnovato entusiasmo verso Los Angeles 2028".
Il destino agonistico di Jacobs sembra invece più appeso a un filo e, tu stesso che hai parlato con lui a lungo, hai definito i suoi propositi di ritiro frutto di riflessioni profonde e non di un momento di sconforto. Pensi che tornare ad allenarsi in Italia potrebbe dargli nuovi stimoli?
"Non credo assolutamente che il problema sia dove Marcell si allenerà in futuro, ma proprio se avrà voglia di continuare a farlo in virtù delle sue riflessioni molto profende. Dobbiamo solo aspettare e rispettare ogni sua decisione finale, anche se mi auguro fortemente che propenda per il prosieguo della sua carriera, perché un velocista come lui in Italia non è proprio dietro l'angolo, e sono anche convinto che abbia ancora molto da esprimere. Chiaro è che nel momento in cui dovesse fare la scelta di continuare, saremmo disponibili a valutare insieme a lui quale la strada migliore da percorrere a livello di allenamento".
Hai definito 'annus horribilis' quello della velocità maschile, ed è quasi incredibile perché sino alla fine del 2024 sembrava ci fosse solo l'imbarazzo della scelta per comporre una 4x100 competitiva. Pensi veramente sia solo questione di sfortuna?
"Usare la parola 'sfortuna' viene spesso associato a un tentativo di trovare delle scuse per qualcosa che non ha funzionato. Credo di essere una persona molto oggettiva nelle sue valutazioni in tale senso, e allora dico che la nostra storia recente insegna come l'anno post olimpico, quello dopo Tokyo 2021, sia stato per quanto riguarda la velocità maschile complicato, specie nelle staffette sia ai mondiali che agli europei, salvo poi la vittoria continentale di Jacobs nei 100. Il 2023 e il 2024 invece è stata tutta un'altra storia per cui credo non si debba colpevolizzare nessuno per quanto accaduto quest'anno, e mi sento di dire che c'è stata veramente una concomitanza di eventi negativi che hanno colpito i nostri miglior velocisti, senza dimenticare come l'unico a non aver avuto alcun problema in stagione, Desalu, non sia riuscito a esprimersi secondo le sue stesse aspettative e che, in ogni caso, la 4x100 senza il fortuito contatto di Jacobs sarebbe certamente andata in finale e poi chissà. Credo che nel 2026 vedremo tutt'altro e certamente ci sono anche dei giovani, alcuni già presenti in Giappone come Bernardi e altri solo nel giro dei raduni quali Nappi e Tardioli, di più che buone prospettive future".
Parlando dei due podi meno attesi, quelli di Aouani e Dallavalle, cosa pensi ci debbano insegnare?
"Aouani ha riportato su un podio mondiale della maratona l'Italia grazie a una gara tatticamente perfetta, riuscendo a gestire ogni momento critico e facendo tesoro di precedenti esperienze internazionali negative, per cui un esempio di come le difficoltà agonistiche passate servano per crescere e diventare ancora più forti. Dallavalle, a sua volta, dopo le lacrime di rabbia a Parigi 2024 per non essere riuscito a esprimersi come avrebbe voluto per tanti problemi fisici, ha vissuto una stagione da protagonista prima con il bronzo agli Euroindoor e poi facendo un piccolo miracolo, in quanto nonostante l'ennesimo successivo fermo agonistico a causa di una altro problema fisico, si è presentato a Tokyo in condizione splendida e ha potuto fare vedere al mondo il proprio immenso talento che noi ben conoscevamo. Lui è un atleta del 1999, solo un anno in meno di altri due grandi talenti quali Alessandro Sibilio e Filippo Tortu, anche loro limitati da problemi fisici, e credo che l'esempio di Andrea debba essere importante per far capire come anche di fronte a situazioni critiche si può emergere magari uscendo dalla propria comfort zone".
Il 2025 ha regalato all'atletica italiana soddisfazioni di ogni genere, sia a livello assoluto che giovanile. Un anno perfetto o c'è qualcosa che un occhio attento e iper critico come il tuo avrebbe voluto andasse in maniera diversa?
"Un anno perfetto direi proprio di no in quanto, oltre alle difficoltà della velocità maschile, ci sono certamente altri settori in cui siamo mancati in una pur storica edizione dei mondiali, o totalmente quali i 5.000 e 10.000 maschili e la grande parte del comparto dei lanci, o una grande parte come nelle siepi, senza dimenticare l'assenza della 4x400 maschile pur nell'anno della definitiva esplosione di Scotti, unico azzurro in grado di migliorare nella sua gara individuale dei 400 un primato nazionale durante la manifestazione iridata. A tal proposito vorrei anche evidenziare le ottime prestazioni delle staffette 4x400 mista e donne, che hanno visto atleti e atlete sacrificarsi pure a discapito poi della propria gara singola. L'obiettivo per il prossimo triennio in vista di Los Angeles 2028 sarà anche quello di colmare le lacune appena citate".
Nel prossimo anno ci saranno nuove sfide da affrontare, ancora i mondiali indoor ma anche gli europei all'aperto due anni dopo lo straordinario risultato di Roma. L'atletica italiana continua a crescere, ma anche l'attesa relativa per ogni nuovo evento. Sei preoccupato per questo aspetto?
"Non mi preoccupano le nuove sfide, e anche nel 2026 ce ne saranno di importantissime quali su tutte quelle della terza edizione consecutiva dei mondiali indoor a Torun, la coppa del mondo di marcia in Brasile, le world relays in Botswana ma soprattutto gli europei di Birmingham dove ci presenteremo memori delle 24 medaglie di Roma 2024. Credo che potremo fare ancora molto bene, anche se ovviamente gli inglesi non ci stenderanno i tappeti rossi, ma l'importante sarà presentarsi con la massima umiltà e concentrazione, senza montarci assolutamente la testa per quanto ottenuto negli ultimi anni".
Il futuro sembra roseo per i tanti giovani e giovanissimi che stanno emergendo, una su tutti ovviamente Kelly Doualla. Dopo la rinuncia ai mondiali di Tokyo pensi che possa essere invece pronta per i mondiali al coperto di Torun a marzo 2026?
"Il futuro sarà roseo se sapremo gestire al meglio i nostri giovanissimi talenti, che sono tanti anche se ovviamente si parla in particolare di Kelly perché a soli 15 anni è riuscita a dominare un campionato europeo under 20 sui 100metri contro atlete ben più grandi di lei. Sulla possibilità di una sua partecipazione a Torun già ai mondiali di marzo, ne parleremo con estrema serenità con il suo tecnico Walter Monti, che stimo moltissimo e che saprà certamente dare una sua valutazione nell'interesse della sua atleta, insieme ovviamente alla famiglia".
Un'ultima domanda sulla marcia che tanto ti sta a cuore. Dal prossimo anno cambiano le distanze, con l'introduzione delle due nuove gare sulla 21,097 e 42,195 km, vale a dire quelle della mezza e della maratona. Cosa ne pensi?
"Penso che si stia un po' mancando di rispetto a questa disciplina con tali frequenti cambiamenti, ma che il problema maggiore sia come alcuni membri del comitato olimpico mondiale vorrebbero proprio togliere la marcia stessa dal programma a cinque cerchi, e questo sarebbe veramente molto triste perché trovo sia una specialità in grado di creare sempre interesse anche per i capovolgimenti che accadono in gara, basti pensare al crollo dell'atleta giapponese favorito nella 35 km dei mondiali. In ogni caso sulle nuove distanze di mezza e maratona sono certo che i nostri campioni consolidati sapranno affrontarle con lo stesso impegno di sempre, così come anche i tanti nostri giovani che si stanno affermando, e vorrei a tal proposito evidenziare la straordinaria prestazione di una della capitane della nazionale, Antonella Palmisano, argento sulla 35 km che ha iniziato a preparare quest'anno, unica atleta della squadra italiana capace di ripetersi sul podio dopo le olimpiadi di Tokyo, la quale a mio avviso saprà esprimersi particolarmente bene proprio sulla nuova disciplina della 42,195 km".
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