DUE E QUATTRO RUOTE

Le Mans tenta Valentino Rossi? Tutti i campioni della storia a due e quattro ruote

Alonso chiama il 'Dottore', che potrebbe ripercorrere le strade di Hailwood e Surtees. Ma anche della leggenda Nuvolari

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Valentino Rossi potrebbe trasferirsi dalla MotoGP alle 24 Ore di Le Mans, magari mietendo successi anche in auto dopo aver scritto la storia delle moto? Secondo l'amico Fernando Alonso dovrebbe quantomeno provarci. Chi prima di lui ci è riuscito, nella storia, non manca: dal grande Mike Hailwood a Graham Hill e il figlio Damon. Senza dimenticare John Surtees, unico campione del mondo a due e quattro ruote. Ma il primo fu nientemeno che Tazio Nuvolari.

Valentino Rossi al fianco di Fernando Alonso, magari a bordo della Toyota TS050 Hybrid con cui l'asturiano ha vinto la 24 Ore di Le Mans sia nel 2018 che nel 2019. A invitarlo è stato lo stesso ex ferrarista in una diretta Instagram: "Direi a Valentino di farlo, perché è un'esperienza per la vita. Serve estrema professionalità, non solo resistenza. Non hai un momento di relax". Per il 'Dottore' non sarebbe certo la prima volta sulle quattro ruote, ultimo esponente di chi ha fatto il grande salto dal motociclismo all'automobilismo o viceversa. Valentino ha provato diverse volte la Ferrari di Formula 1 a Fiorano e al Mugello. Ebbe anche uno scontro diretto con lo stesso Alonso, a Barcellona nel 2006. Non vanno dimenticate le sue diverse incursioni nel mondo del rally, a partire dalle sette edizioni del Monza Rally Show che il fuoriclasse di Tavullia fu in grado di conquistare.

Ma in passato c'è anche chi riuscì a fare di meglio. Si tratta di John Surtees, unico pilota della storia a laurearsi campione del mondo sia in moto che in automobile. Inglese del Surrey, Surtees aveva nel proprio destino i motori: il padre vendeva motociclette e aveva vinto gare in sidecar. John ebbe quindi modo di iniziare a correre giovanissimo nel grasstrack, primo capitolo di una carriera che lo portò a debuttare a 18 anni nel Motomondiale. Vi rimase per un totale di nove stagioni, vincendo la bellezza di sette titoli mondiali. Già nel corso del 1960, anno in cui si sarebbe confermato per la terza volta di fila campione in Classe 500, accettò di debuttare in Formula 1 correndo per la Lotus a Monte-Carlo e Silverstone. Ebbene, al secondo tentativo salì già sul podio. Chiaro che anche nel massimo campionato a quattro ruote avrebbe fatto faville, e infatti nel 1964 fu lui a condurre la Ferrari al titolo mondiale, battendo di un solo punto il grande Graham Hill. Un titolo, peraltro, che sarebbe rimasto l'ultimo della Rossa fino a quello di Niki Lauda undici anni più tardi.

Vedi anche Motori, Alonso chiama Valentino: "Corri a Le Mans con me" Altri motori Motori, Alonso chiama Valentino: "Corri a Le Mans con me" Parlando di Graham Hill, anche lui si laureò campione del mondo in Formula 1 negli anni '60 (per l'esattezza nel 1962 e nel 1968), ma la leggenda tramanda che fosse nato motociclista. Non solo: fino a 24 anni nemmeno riuscì a prendere la patente. Poi un fatidico giorno del 1954 si ritrovò al circuito di Brands Hatch e vide una pubblicità che permetteva di girare in pista per cinque scellini. Da quel giorno iniziò una folgorante carriera, con il debutto in Formula 1 alla non verdissima età di 29 anni ma l'addio alle corse arrivato da 46enne. E curiosamente un tragitto simile caratterizzò anche la carriera del figlio: Damon Hill era infatti motociclista, e in quella stessa Brands Hatch che aveva cambiato la vita di papà Graham vinse pure una gara nella classe 350 del Campionato Clubman. L'esplosione nell'automobilismo fu però più lenta, fino a che in Williams non si resero conto delle sue eccezionali doti di collaudatore. E probabilmente tale sarebbe rimasto senza l'improvviso ritiro di Nigel Mansell nel 1992. Così, dopo una deludente stagione all'ormai decaduta Brabham, Damon ebbe modo di correre al fianco di Prost prima e Senna poi. Quindi, da prima guida, arrivò fino al mondiale del 1996.

Chi non ci arrivò mai fu invece Mike Hailwood. Figlio di un commerciante di moto esattamente come Surtees, "Mike the Bike" fece anche l'operaio in una fabbrica di moto prima di mostrare al mondo le sue innate capacità. E così a 21 anni interruppe il dominio tutto italiano e targato Moto Guzzi e MV Agusta prendendosi l'iride in Classe 250 in sella a una moto giapponese sconosciuta ai più: una certa Honda. Ben presto divenne però l'alfiere della dominante MV Agusta, riuscendo dal 1958 al 1968 a laurearsi ben nove volte campione del mondo. Era giunto il momento per farsi largo anche in Formula 1, ma il passaggio in Lotus non fu fortunato come quello di Surtees. Che però nel frattempo era diventato costruttore, e proprio a bordo di una Surtees arrivò la più grande gioia a quattro ruote di Hailwood: l'incredibile secondo posto di Monza 1972 alle spalle di Emerson Fittipaldi.

E che dire di Giacomo Agostini? Anche colui che resta il pilota più decorato della storia del Motomondiale fu a un passo dalla Formula 1. E non per una scuderia qualunque: fu Enzo Ferrari in persona a proporgli nel 1967 il volante di una Rossa, quando Ago batté all'aerautodromo di Modena due professionisti come Andrea De Adamich e Ignazio Giunti. La condizione era però quella di dire addio per sempre alla moto, e Agostini declinò. A fine carriera si tolse però lo sfizio di correre in Formula 2, nel 1978. Non fece in tempo a debuttare in Formula 1, ma solo per raggiunti limiti d'età, Tazio Nuvolari. Il "Mantovano volante" fu però una delle prime stelle internazionali dell'automobilismo sportivo italiano, ma per lui guidare una Bugatti, un'Alfa Romeo o mettersi in sella a una fiammante Bianchi "Freccia Celeste" non faceva nessuna differenza. Perché Nuvolari sapeva solo vincere. E le sue vittorie scrissero la leggenda di auto e moto, se è vero che a distanza di 90 anni non hanno ancora ammantato la gloria del suo nome.

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