TENNIS

Cartoline dall'Australia

L’aria di Melbourne ha trasformato Nadal, godiamoci Sinner e Berrettini

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Rafael Nadal e dintorni. Il mondo del tennis è bello perché è vario. Ma alla fine della fiera per Nadal suona sempre la ripresa (agonistica). A Melbourne ha replicato uno dei suoi prodigiosi ritorni nel circuito del tennis come gli è accaduto altre volte nella sua onorata carriera da 21 grandi slam. Dopo quattro mesi lontano dai match a dicembre nel torneo esibizione di Mubadala - passata un’ora e 50 minuti di gioco - aveva perso in due set con quel che rimane di Andy Murray finendo in riserva di fiato. Poi ha dovuto pagare dazio alla variante omicron a conclusione di una annata tribolata. Unico gioiello la vittoria a Roma contro Djokovic. Ma l’aria di Melbourne invece, improvvisamente, lo ha trasformato.

In preparazione dell’Australian Open, prima ha vinto al Melbourne Summer set, torneo con un montepremi da 521mila dollari, il suo 89simo titolo Atp della carriera, battendo l’esuberante statunitense Max Cressy, numero 112 della classifica mondiale, ultimo rappresentante dello schema desaparecido “servizio – volèe” e sinora più famoso per dichiarazioni avventate che per risultati sul campo.  Poi Nadal si è presentato alla prova del Grande Slam con i suoi 35 anni e mezzo e il numero 5 della classifica mondiale. Ma anche con un braccione sinistro che sembrava essere tornato, per dimensioni e velocità, quello dei tempi d’oro di quando è stato numero uno.

Un po’ alla volta si è specializzato nel rintuzzare gli attacchi della nouvelle vague delle giovani racchette. Il canadese Shapovalov ridimensionato al quinto dopo aver vinto i primi due set. Poi con il nostro Matteo nazionale. Ed anche in questo caso è sembrato che non tenesse conto del quadrante del tempo. Sia in campo sia per l'anagrafe. In finale cinque ore e mezzo di match e dieci anni di differenza con il diversamente simpatico Daniil Medvedev, specializzato nello scaldare la platea contro sè stesso, non sono stati sufficienti a spezzare le reni al maiorchino. Il russo ha avuto più aiuto dal servizio, 23 aces contro 3. Ha fatto gli stessi doppi falli ed ha vinto 189 punti su 182. Ma quando il gioco si fa duro c’è sempre un Nadal che non vuole uscire dal ballo. Epico. E con 21 titoli grande slam Rafael ha lanciato un altro messaggio al pianeta terra. Il pilastro della storia della racchetta è ancora lui. Ed un team completo in tutti i sensi in grado di rimetterlo in piedi.

Ma dalla terra dei canguri c’è un altro evento spartiacque in grado cambiare la storia anche del tennis italiano intendiamoci. Prima o poi Nadal si stancherà di veder invecchiare i suoi eredi. E a ridosso c’è un Matteo Berrettini che si sente sempre più a suo agio fra i migliori al mondo. C’è ancora molto divario fra il diritto alla nitroglicerina ed un rovescio non ancora all’altezza del suo gioco. Non è del tutto un male perché gli avversari non avrebbero tutto il campo ma solo la metà. Al quarto set però un paio di volte è stato proprio il diritto ad avere le polveri bagnate. Ma si tratta solo di esperienza da accumulare. Il suo torneo è stato esemplare così come quello di Sinner. A proposito, molti non si ricordano che Jannik “Winner” ha solo vent’anni e la sconfitta con uno Tsitsipas in stato di grazia – 80 punti vinti su 64 – non può essere considerata una delusione. Sinner, invece del rovescio come nel caso di Berrettini, deve ancora forgiare un servizio all’altezza del suo gioco. Ma al di là che vi sia o meno Mcnroe a svelargli qualche segreto il giovane italiano è già anche lui completamente a suo agio fra i top ten. Ed è destinato a restarci a lungo come Matteo. Godiamoci quei bravi ragazzi.

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